Sospensione genitoriale. Dov’è mia figlia?

Quella che riportiamo è una storia come mille altre in Italia, di cui spesso si conoscono dettagli e verità solo alla fine dei giochi. Abbiamo deciso di raccontare quanto ad oggi emerso, in punta di piedi, con la promessa di seguire la vicenda e di aggiornare contestualmente il lettore.

Siamo a Civitanova Marche (MC), addì 10 agosto 2020. Una bambina di 7 anni viene sottratta alla propria mamma da forze dell’ordine e assistenti sociali, senza la notifica di alcun provvedimento che possa, stando ai fatti, spiegarne i motivi.

Hanno portato via mia figlia

Silvia è un’imprenditrice agricola, proprietaria e socia dell’azienda di famiglia. La sua fattoria didattica è ben nota in paese; molte famiglie vi portano i propri figli allo scopo di farli crescere a contatto con la natura e gli animali. 

Non sappiamo se il modo di vivere di Silvia e di crescere sua figlia Sofia (nome di fantasia) possa essere la ragione dell’allontanamento. Sappiamo che la bambina è stata prelevata con la forza dalle braccia della mamma, con consequenziale collocamento della minore in una struttura educativa rimasta sconosciuta tutt’oggi anche agli avvocati della donna, Avv. Luciano Randazzo del foro di Roma e Avv. Maria Rosaria Cesarano del foro di Milano.

“Sofia viveva con la mamma e i nonni materni, cresceva in un ambiente verde e pieno di amore, frequentava regolarmente la scuola. Nel 2017 il padre di Sofia – ex compagno di Silvia – presentò un ricorso al Tribunale per i minorenni sostenendo che la figlia non vivesse bene con la madre e che la realtà in cui stava crescendo non fosse a lei idonea. Da allora tutto tace. Fino al 10 agosto, quando si presentano fuori dall’abitazione della minore gli assistenti sociali insieme a polizia e carabinieri anche armati nelle prime ore pomeridiane, minacciando di entrare con l’ausilio di un fabbro”, riporta uno dei due avvocati.

Preminente è l’interesse del minore

Si apprende dagli atti che l’allontanamento è stato effettuato in modo violento ed irruento senza che venisse tutelato l’interesse superiore della minore, preminente in ogni situazione (Convenzione di New York); alla mamma non veniva neppure chiesto se la bambina necessitasse di particolari cure sanitarie in considerazione che la stessa è ipovedente monoculare, oltre a richiedere se la stessa avesse altre patologie o prendesse medicinali. Tale provvedimento non è stato notificato alla madre e neppure ai difensori immediatamente dopo l’avvenuta esecuzione.

Gli avvocati ritengono altresì che si tratti di un provvedimento illegittimo, tardivo, inattuale nonché chiaramente lesivo dei diritti della minore che sin dal 2017 vive stabilmente e serenamente con la propria madre, pertanto contrario alle convenzioni vigenti in maniera di protezione del minore, a cui anche la Carta di Civitanova Marche – Indirizzi giuridici per l’applicazione delle decisioni giudiziarie in tema di tutela dei diritti relazionali del/della minore – si ispira.  

Errori giudiziari?

L’allontanamento di minore dalla famiglia d’origine è una misura disposta dall’Autorità Giudiziaria in situazioni di estrema gravità ed elevato rischio psicofisico per i minori. Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione (art. 403 del codice civile).

L’obiettivo prioritario degli enti locali e dei servizi territoriali deve essere quello di prevenire simili misure, perché il nucleo familiare è il luogo prediletto all’interno del quale un bimbo dovrebbe crescere. L’allontanamento dovrebbe pertanto reppresentare l’extrema ratio; purtroppo non è sempre così.

É possibile affermare, senza ombra di dubbio, che si tratti sempre di allontanamento fondato, giustificato e in assenza di valide alternative? La risposta più giusta da fornire è probabilmente ‘non sempre’. Il più delle volte, dichiarano gli avvocati, casi simili vengono accantonati, come fossero semplici errori giudiziari. Si parla di più di 160 mila casi in 20 anni, la cui metà sono casi archiviati oppure i  presunti responsabili scagionati.

Non stiamo dicendo che quello di Sofia sia l’ennesimo errore giudiziario, sebbene vogliamo ben sperare che la bambina possa far presto ritorno a casa. Siamo tuttavia consapevoli del fatto che l’auspicata archiviazione del caso non porrebbe rimedio al danno subito, di per sé scolvogente e lesivo della serenità della bambina e dell’intera famiglia.

Cultura minorile

Lo scorso mese è stata votata alla Camera la legge che permette l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sugli allontanamenti di minori dalle famiglie e sugli affidamenti a comunità, un sistema che sembra essere sempre più vacillante.

Ci auguriamo che la nuova commissione possa ben presto attivare la propria macchina lavorativa e fare luce sui tanti casi di errore giudiziario registrati nel nostro paese, a tutela di una cultura minorile nazionale che chiede e necesseita di essere garantita.

La bambina della foto NON è quella in oggetto. Fonte foto: corriere.it

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