Non lasciarmi, di Kazuo Ishiguro. Nati per morire

Kazuo IshiguroDelicatezza spiazzante in grado di far crollare al lettore qualsiasi tipo di sicurezza concreta. Questa è la definizione che meglio racchiude gli effetti provocati dalla lettura di “Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro. E questa è l’immagine che si profila davanti gli occhi di chi ha interiorizzato il senso di questo romanzo, e scruta la copertina che si rigira tra le mani, forse tremanti, forse stabili, serrate, intente a carpire il suo significato intrinseco.

Kathy, voce narrante, prova a riordinare i suoi confusi ricordi per conferire al lettore un quadro della propria vita. I meandri della sua mente vagano dall’infanzia, all’adolescenza, fino al presente, ma sembra che ogni tentativo di pianificazione la riporti ad Hailsham, un collegio della campagna inglese, il suo collegio. I bambini che lo abitano non sono orfani di genitori, piuttosto li definirei “orfani d’identità”: perché Hailsham può essere definito un microcosmo dittatoriale, una dei tanti anelli che compongono una catena destinata ad essere legata attorno al collo puerile di chi viene sacrificato.

Gli studenti vengono educati dai cosiddetti ‘tutori’ ed è categoricamente escluso qualsiasi tipo di rapporto con il mondo esterno fino al compimento dei loro sedici anni. Kathy si definisce ‘assistente’, e questa non è l’unica parola ad apparire poco chiara a colui che legge: i suoi occhi rilevano etichette quali ‘donatore’, ‘tutore’, ma i passi della storia continuano a tracciarsi senza che si comprenda appieno la via da percorrere.

I chiarimenti giungono dopo aver analizzato più della metà del libro; tra digressioni e flashback il lettore prende coscienza di quanto il romanzo possa definirsi distopico. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la scienza dilaga in modo sorprendente tanto da definire ‘progresso’ la clonazione umana. Kathy stessa è un clone, assieme a Tommy , Ruth –con i quali stringerà rapporti umani solidissimi- e gli altri numerosissimi studenti educati dal prestigioso college, allevati come bestie da macello per poi stroncar loro qualsiasi ambizione, speranza, illusione, togliendo loro la vita per adempiere al loro compito supremo, quello per il quale sono stati così maniacalmente programmati: la donazione di organi.

NON LASCIARMI
L’orrore che trapela man mano che si procede con la narrazione è notare quanto i ‘’donatori’’ siano istruiti e preparati per il loro malsano compito giorno dopo giorno, a poco a poco: come quando un bambino interiorizza ciò che è giusto e ciò che è sbagliato pendendo dalle labbra del proprio genitore, pilastro incrollabile e, loro pensano, depositario di quella che si crede sia la verità assoluta, incontrovertibile.

Nei romanzi distopici (come, ad esempio, 1984 di Orwell) sono sempre state tracciate figure insofferenti, generatori di piani eversivi volti a decapitare il sistema. In “Non lasciarmi” tutto questo non esiste. Prevenire, e quindi plasmare all’occorrenza menti inesperte, si rivela molto più vantaggioso della cruenta repressione. Non vi sono dissidenti, ma solo automi che si muovono goffamente in un impianto che mai capiranno a fondo. La loro più grande disfatta è l’annullamento della possibilità o, chiamatela come più vi aggrada, libertà di scelta.

Mai assisteranno alla loro disfatta fisica, mai scandiranno il tempo osservando la pelle farsi più opaca, solcata da rughe, piuttosto si fermeranno a scrutare la sentenza dei loro compagni. Quello si trasformerà nel loro orologio biologico, e con sguardo vitreo, assente, si porranno la stessa, medesima domanda: “Ora tocca a me.”

di Beatrice Michelazzi

1 risposta

  1. Chiara

    Una delle recensioni più belle che abbia mai letto. Mi hai fatto venire voglia di leggere il libro!
    Davvero complimenti.

    Rispondi

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