Nessuna cosa vale più dell’amicizia con Dio

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Il regno dei cieli è simile a un tesoro, a un mercante di perle, a una rete gettata nel mare” (cfr Mt 13, 44-52). Sono queste le parole del Maestro, semplici e profonde insieme, che attraverso suggestive immagini tratte dalla vita ordinaria, ci introducono alla comprensione dei misteri del Regno di Dio. È già da tre domeniche che Gesù si rivolge a noi attraverso la narrazione di parabole, tutte mirate queste, a descrivere una realtà molto importante: il Regno di Dio, tematica che soggiace a quasi tutta la predicazione di Gesù. Infatti, l’annunzio di questo Regno “che deve venire” o che è “presente in mezzo a noi” accompagna i momenti salienti della vita pubblica di Gesù. “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4,17), esorta all’inizio del suo ministero; oppure quando gli apostoli gli chiedono delucidazioni su “come” pregare, Gesù, rivolgendosi al Padre, esclama: “Venga il tuo regno” (Mt 6,10). Quella di “Regno di Dio” o “Regno dei cieli” come scrive l’evangelista Matteo, è un’immagine essenziale se vogliamo comprendere appieno il significato della predicazione di Gesù. Purtroppo, tanti sono gli equivoci che ruotano attorno al significato di questo termine, le cui accezioni, varie e disparate, qui di seguito, tenteremo di spiegare. Anche nel Regno annunziato da Gesù troviamo un sovrano a cui obbedire ed una legge da rispettare; ma il Regno di Dio non è per nulla paragonabile alle monarchie di questo mondo; il Regno dei cieli non è uno stato come tanti altri: non ha territorio né confini, non possiede ministri, non dispone di soldati, non ha bisogno di scuole, né di fabbriche, né di attività economiche. Il Regno annunziato da Gesù si compie definitivamente in cielo, anche se qui in terra, esso si pianifica, si prepara e si espande nella misura in cui i credenti, unitamente agli uomini di buona volontà, sanno riconoscere sempre più l’unico Sovrano (Dio) e la sua Legge (l’Amore). In altri termini, tutti sono cittadini di uno stato e tutti, nel frattempo, possono godere di una doppia cittadinanza, quella residenziale e quella domiciliare; l’appartenenza al Regno di Dio, invece, non risulta su nessun registro anagrafico perchè avviene attraverso la libera adesione a Dio e tale appartenenza si esprime fattivamente attraverso i “i semi buoni” che i cristiani sono chiamati a gettare nel campo del mondo. Parlando di questa realtà, non facciamo riferimento alla Chiesa terrestre; la pienezza del Regno di Dio non si identifica con la Chiesa e questa, stando al Concilio Vaticano II, è “il germe e l’inizio” del Regno di Dio. Per comprendere ancora meglio, la chiesa può essere uno strumento validissimo per promuoverlo e farlo conoscere, ma anche l’ambito privilegiato nel quale i credenti trovano il coraggio di farlo crescere dentro se stessi. Di questa realtà, tutta spirituale, le sette parabole proclamate dal Maestro in queste tre domeniche, ci aiutano a comprenderne il valore e le dinamiche. Il seminatore semina su terreni diversi; il seme caduto sul sentiero arido si perde, quello che va a finire tra i sassi e i rovi non ha la possibilità di far crescere le sue radici, ma dal seme caduto sul terreno fertile nascono successivamente frutti abbondanti. Cosa ricaviamo da queste immagini? Dio parla a tutti gli uomini e si fa ascoltare: sta a noi accogliere la sua parola oppure rifiutarla. Ma poniamo un altro esempio: il grano buono convive con l’erbaccia; i pescatori, al termine del loro faticosissimo lavoro, trovano nella rete pesci buoni e cattivi; allo stesso modo, in mezzo a noi ci sono persone buone (perchè hanno Dio nel cuore), e persone cattive (perché scelgono di non stare dalla parte di Dio); bene e male, addirittura, convivono anche dentro di noi; ma solo il Padre ha il potere di conoscere ciò che è bene e ciò che è male e, nello stesso tempo, Egli ha l’autorità di “accogliere” i suoi figli e di lasciare liberi coloro che per loro stessa volontà scelgono di allontanarsene. E ancora: un pizzico di lievito fa fermentare tutta la pasta; da un seme minuscolo come quello di senape, può nascere un grande albero. Questa è la logica del Regno, sono le sue dinamiche, tutte avvolte di affascinante mistero, per noi, tuttavia, già riconoscibili. Ci piace ricordare l’inizio della vita pubblica di Gesù presso il lago di Tiberiade, sfiorare lo sguardo di Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni. Un gruppo di poveri pescatori, all’inizio in pochi, appena dodici, ma “buon lievito” che ha fatto crescere tutta la pasta della cristianità. Pensiamo, infatti, all’incalcolabile numero di cristiani che lungo i secoli, tentando di conformarsi sempre più al Maestro, ha sparso semi buoni nel campo della creazione. È doveroso menzionare i Santi, il cui ricordo accompagna costantemente le nostre giornate, ma soprattutto coloro che hanno seminato in silenzio e nel nascondimento, il cui ricordo è custodito solo da Dio come perla preziosissima, la stessa perla a cui fa riferimento il Vangelo di questa domenica. Il Regno di Dio è inestimabile come una perla rarissima e per appropriarcene è necessario rinunciare a tutto: nessuna cosa, infatti, vale più dell’amicizia con Dio. Vivere il cristianesimo autenticamente e secondo questa prospettiva teologale ci rende uomini sapienti la cui saggezza è simile a quella di Salomone. “Poiché non mi hai domandato una lunga vita, o le ricchezze, o la vittoria sui nemici ma la saggezza, te la concederò”, dice il Signore nella prima lettura (1Re 3,5-12). Invochiamo Maria, venerata come la dimora della Sapienza per antonomasia. Con il suo aiuto vogliamo essere anche noi i pesci buoni intrappolati “per amore” nella rete di Dio. Il suo esempio ci esorti ad essere sempre più conformi al Figlio suo, per mezzo del quale anche noi siamo predestinati, chiamati, giustificati e glorificati (cf Rm 8, 28-30). 

di Fra’ Frisina

Foto: facebook.com/pages/San-Giuseppe-da-Copertino

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