Magie d’Oriente sulla tavola di Natale

Magie

È assai probabile che se mi limitassi a scrivere questo elenco d’ingredienti: frutta secca, uvetta, frutta candita ed essiccata, miele, spezie e chiedessi a quale dolce natalizio mi sto riferendo, ognuno risponderebbe in modo diverso e la cosa straordinaria è che avrebbero tutti ragione.

Lo Zelten trentino, il Certosino bolognese, il Panforte toscano, il Pan Ducale abruzzese, il Panpepato umbro e laziale, il Pangiallo romano, i Roccocò napoletani, le Nepitelle calabresi, per finire con il Buccellato siciliano, solo per citare i più famosi, sono tutti dolci della tradizione italiana che contengono, in tutto o in parte, quegl’ingredienti.

Difficile, se non impossibile, che ognuno abbia fatto per conto suo, che all’origine non vi sia stato una specie di Big Bang dolciario.

In principio era latte e miele

Nel racconto biblico la Terra Promessa indicata a Mosè da Yahweh è «un paese dove scorre latte e miele».

E il latte, di pecora o di capra, fresco o trasformato in formaggio, è, assieme al miele, alla base dei dolci italici più antichi arrivati a noi tramite le Seadas sarde.

Furono i Fenici, invece, ad introdurre nella penisola italiana il fico i cui frutti, essiccati al sole, sono stati, assieme all’uva anch’essa disidratata, i primi complementi dei dolci italici arcaici e che hanno poi finito con l’integrarsi in un impasto morbido di cereali.

Il Pane Piceno, citato da Plinio il Vecchio nella «Naturalis Historia», prevedeva un impasto di fior di farina ed acqua fatto maturare nove giorni e infarcito di uva appassita, latte e miele e dal Pane Piceno sono nati, arricchiti dalle uova di gallina e dal burro della tradizione transalpina, i vari impasti soffici a pasta acida lontani antenati degli odierni grandi lievitati natalizi.

Dalla Persia de «Le Mille e una notte» alla nostra tavola

Immaginate di dover fare un lungo viaggio, senza poter disporre di frigoriferi, in una terra arida ed inospitale, in cui potrete rifocillarvi solo saltuariamente in qualche Oasi.

Quale alimento portereste con voi? Io farei scorta di frutta secca, uvetta, frutta candita ed essiccata, miele e spezie, queste ultime, oltre che per arricchire il gusto, per le loro proprietà antimicrobiche, antifungine e antiparassitarie.

Pensatevi ora in un contesto diametralmente opposto, al chiuso delle vostre case per proteggervi dai rigori dell’inverno, in ambienti arieggiati raramente e immaginate di dover offrire, con poca spesa, dei dolci che possano essere preparati con largo anticipo per non interferire con la preparazione delle altre pietanze e possano allietare il maggior numero possibile di persone. Quali ingredienti scegliereste? Io mescolerei frutta secca, uvetta, frutta candita ed essiccata, miele e spezie.

Dall’incontro di queste opposte esigenze sono nati quei dolci tradizionali natalizi che ho citato in precedenza e visto che noi italiani siamo maestri di combinazioni tra differenti tradizioni culinarie il Bustrengo (o Frustingo) marchigiano e il Pandolce genovese, che hanno innestato la tradizione persiana su quella del Pane Piceno, ne rappresentano una sorta di spin off dolciario.

Il cioccolato è arrivato secoli dopo, grazie agli Spagnoli, ma visto che un dolce non è mai troppo goloso, si è integrato alla perfezione con quegli stessi ingredienti come nel Panpepato e nel Buccellato.

Il Torrone alfiere della pasticceria persiana in Italia

Se dai luoghi un tempo sotto dominio arabo come la Sicilia e la Calabria è lecito attendersi dei dolci di origine persiana, meno scontata è la loro diffusione nel Trentino e addirittura nei luoghi tradizionalmente sotto dominio pontificio come il Lazio, l’Umbria, l’Emilia Romagna o dalla forte impronta localistica come la Toscana.

Tutti posti in cui gli Arabi e i Saraceni, portatori della tradizione culinaria persiana, li hanno conosciuti come pirati, predatori, nemici e dai nemici non s’apprende certamente a cucinare.

A fare da apripista è stato con ogni probabilità il Torrone che, secondo l’attenta ricostruzione fatta da Michele Scolari, ha trovato spazio inizialmente a Cremona portatovi dalla Corte di Federico II.

Secondo Scolari, infatti, il Torrone, che poi si svilupperà in varie specialità regionali come quelle di Cremona, appunto, di Alba e di Benevento, avrebbe origine nelle ricette contenute nelle «Tavole della salute» di Ibn Buṭlān e nel «Cammino dell’esposizione di ciò che l’uomo utilizza» di Ibn Jazla, entrambi di Baghdad: la città de «Le Mille e una notte» appunto.

Gli stessi testi che in Sicilia avevano prodotto la Cubbaita (dall’arabo Qubbaita) e che inizialmente prevedevano, al posto della chiara d’uovo (che verrà introdotta dagli arabi spagnoli) lo zucchero caramellato, altra invenzione orientale introdotta in Europa dagli Arabi.

È del tutto logico pensare che coloro che per primi abbiano assaggiato il torrone abbiano pensato: non è che per caso oltre al torrone queste persone fanno anche altri dolci meravigliosi? E così, per golosa contaminazione, la tradizione persiana è giunta sulle nostre tavole natalizie, quelle delle Feste per eccellenza.

Magie d’Oriente

Quando, comodamente seduti alla vostra tavola natalizia, metterete in bocca un pezzetto di uno di quei dolci di così antica origine, un pezzetto solo perché siete già pieni, annusate il profumo delle spezie e gustate l’equilibrio della miscela degl’ingredienti.

Poi socchiudete gli occhi: non siete più nella vostra casa vociante, siete su di un tappeto volante accanto a Shahrazād e sorvolate una città indefinita dell’Oriente.

Magie d’Oriente, potere del cibo che attraversa il Tempo e la Storia.

Foto di Jenő Szabó da Pixabay

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