Lo iettatore e la novella delle eccezioni

iettatore

La patente di Pirandello è la novella delle eccezioni. Pubblicata per la prima volta nel 1911 sul Corriere della Sera e inclusa nel 1922 nella raccolta Novelle per un anno, parla del caso eccezionale di un uomo (Rosario Chiarchiaro) a cui viene attribuito un potere fuori dal comune e di un giudice (D’Andrea) dallo «strambo modo di vivere», che per la prima volta nella sua vita lascia «dormire» per più di una settimana un incartamento sulla sua scrivania. 

I protagonisti 

Bianco ma con capelli crespi da africano, storto e rugoso anche se quarantenne; nessuno capisce da quali intrecci di razze possa essere uscito un «prodotto umano» come il giudice D’Andrea. Eppure a queste origini oscure, si oppone una rettitudine senza ombre («Così sbilenco, con una spalla più alta dell’altra, andava per via di traverso, come i cani. Nessuno però, moralmente, sapeva rigar più diritto di lui»). «Lo dicevano tutti», afferma Pirandello ponendo la frase tra due punti fermi.  L’isolamento non è casuale. Con questi «tutti» l’autore introduce la terza protagonista del racconto: la società. Quella di cui fanno parte «piccoli poveri uomini feroci» a cui il giudice D’Andrea cerca quotidianamente di assicurare la giustizia e lui stesso; quella che si preoccupa di assegnare ruoli che poi diventano gabbie esistenziali. 

Come la collettività vede nel giudice D’Andrea un uomo retto, così riconosce in Rosario Chiarchiaro uno iettatore. È un’opinione comune, che ferisce l’anima ma non il corpo. Una sorta di epidemia che si diffonde a macchia d’olio e rende tutti colpevoli, e dunque tutti innocenti.  È per questo che quando Chiarchiaro decide di sporgere denuncia per diffamazione il giudice D’Andrea non sa che fare con la sua pratica: «Era veramente iniquo quel processo là: iniquo perché includeva una spietata ingiustizia contro alla quale un pover uomo tentava disperatamente di ribellarsi senza alcuna probabilità di scampo. C’era in quel processo una vittima che non poteva prendersela con nessuno».

La maschera e l’occasione

Ma sembra che solo D’Andrea riconosca questa ingiustizia. I suoi stessi colleghi credono che Chiarchiaro sia davvero uno iettatore («questi, appena egli faceva il nome del Chiàrchiaro […] si alteravano in viso e si ficcavano subito una mano in tasca a stringervi una chiave, o sotto sotto allungavano l’indice e il mignolo a far le corna». Tuttavia quando Chiarchiaro si presenta nell’ufficio del giudice sembra tutt’altro che grato per la sua comprensione.  Lo definisce «un nemico» perché la sua capacità di guardare oltre le apparenze entra in conflitto con il vero intento di Chiarchiaro, ovvero sfruttare la mentalità ottusa della società a suo vantaggio. 

«Il Chiàrchiaro s’era combinata una faccia da jettatore, ch’era una meraviglia a vedere. S’era lasciata crescere su le cave gote gialle una barbaccia ispida e cespugliata, si era insellato sul naso un paio di grossi occhiali cerchiati d’osso, che gli davano l’aspetto d’un barbagianni, aveva poi indossato un abito lustro, sorcigno, che gli sgonfiava da tutte le parti». Non potendo scrollarsi di dosso la cattiva fama da portatore di sfortuna Chiarchiaro la mette in evidenza il più possibile, conciandosi come un vero uccello del malaugurio e imbastendo un processo che finirà inevitabilmente per confermare il suo potere di iettatore.   

La patente

Allora tanto vale farlo di mestiere e guadagnarci sopra. Come fare altrimenti a mantenere la moglie paralitica e le figlie nubili destinate a non maritarsi mai per la nomea del padre? Ma si sa, ogni mestiere ha bisogno del suo riconoscimento e il vero intento del Chiarchiaro è proprio questo:  ufficializzare il proprio ruolo di iettatore con una patente. Un’intuizione che consente a un emarginato povero di diventare ricco a spese di tutti i responsabili della sua emarginazione.

«Ci son tante case da giuoco in questo paese!» esclama il Chiarchiaro, «Basterà che io mi presenti; non ci sarà bisogno di dir nulla. Mi pagheranno per farmi andar via! Mi metterò a ronzare attorno a tutte le fabbriche; mi pianterò innanzi a tutte le botteghe; e tutti mi pagheranno la tassa, lei dice dell’ignoranza? Io dico della salute!» E così, al di là dell’assurdo e della tragicommedia, ciò che insegna questa novella è che la società distribuisce maschere che poi è difficile togliere, ma lo spazio d’azione è più ampio di quello che sembra e è l’intelligenza individuale a avere l’ultima parola sul destino di ognuno. Si prenda d’esempio lo iettatore Chiarchiaro, che con un colpo di genio ha trasformato una disgrazia in un’ occasione di vendetta e di riscatto. 

Foto di omer yousief da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.