Mata Hari, il mito della spia che danzava come una dea

Esattamente centoquattro anni fa, veniva giustiziata la quarantunenne Mata Hari (il cui vero nome era Margaretha Geertruida Zelle), condannata alla pena capitale per aver svolto attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale

Olandese di nascita, era donna di bellezza e sensualità straordinarie. Oltre ad essere stata – per l’appunto – agente segreto per la sua nazione, fu una danzatrice orientale d’eccellenza: era alta quasi un metro e ottanta, aveva un incarnato olivastro e profondi occhi scuri, così avendo un’aria vagamente esotica assai rara in un paese ove quasi tutti gli abitanti erano, come sono tuttora, biondi con gli occhi celesti.

Protagonista assoluta nello scenario della Belle Époque, ebbe a quel tempo una fama straordinaria attraversando poi, con non pochi tormenti, gli anni del conflitto mondiale che decretarono la sua terribile fine; una vita breve ma moto intensa.

Dopo un’infanzia travagliata a causa di problemi economici familiari, sposò, giovanissima, un militare che aveva vent’anni più di lei con il quale, dopo la nascita del figlio, si trasferì a Giava – che era colonia olandese – ove nacque la seconda figlia. Margaretha rimase profondamente attratta dalla cultura e dalle danze asiatiche, ma a seguito di gravissime vicissitudini familiari che comportarono la perdita del figlio e l’affidamento della figlia al padre, ormai priva di mezzi, tentò la fortuna artistica a Parigi.

All’inizio, per mantenersi, lavorò come modella per vari pittori e come amazzone per la scuola d’equitazione di un impresario a casa del quale, una sera, si esibì in una danza orientale ispirandosi a quelle a cui aveva assistito in Indonesia, così lanciando in Europa lo stile misterioso e affascinante delle movenze tipiche di questo meraviglioso modo di danzare che ancora oggi viene insegnato e praticato in tutto il mondo.

Esaltata dalla stampa, venne sempre più richiesta nelle case degli artisti e nei musei per esibirsi. Sono gli anni dell’orientalismo e della fascinazione europea per le culture asiatiche, Margaretha conquistò il pubblico parigino e  assunse lo pseudonimo di Mata Hari, che vuol dire “occhio dell’alba”, o “sole” in malese, così consacrando il suo stile esotico e misterioso offerto da questa danza sacra, mediante la quale, grazie a feline movenze maliziose ed erotiche, generava raffinatissime performances.

In questo straordinario quanto raro connubio di grazia e di semplicità, la danzatrice chiudeva l’esibizione disfacendosi di un velo dopo l’altro con gesti provocanti e allusivi che, ovviamente, mandavano il pubblico in autentico visibilio quando restava completamente nuda.

Il Times scriverà di lei rappresentandola di “Un’avvenenza che sconfina nell’incredibile, con una figura dal fascino strano e dalle movenze di una belva divina che si conduca in una foresta incantata”.

Era certamente dotata di una grande intelligenza, era molto colta, conosceva le lingue ed era connotata da una inusuale intraprendenza, essendo stata un’avventuriera prima di diventare fatalissima cortigiana che ancora incanta nel vedere le sue fotografie.

Ma la guerra cambiò tutto.

Immersa nel suo mondo di successi, venne improvvisamente costretta a rientrare nella neutrale Olanda, dove restò per un breve periodo perché, giunta all’età di quarant’anni, comprese che la sua carriera artistica era giunta al termine; ma nel frattempo – grazie alle sue amicizie di militari – scoprì un’altra, interessante carriera: l’agente segreto.

All’Aja, infatti, ricevette la visita del console tedesco in Olanda che aveva conosciuto tempo prima, e, in cambio di un lauto compenso, divenne una spia al servizio della Germania.

Sarà l’agente segreto H21

Cominciò col fornire informazioni di vario genere e quando tornò a Parigi, senza immaginare di essere sorvegliata dal controspionaggio francese e inglese, frequentando varie compagnie maschili con ufficiali di ogni nazionalità, cadde nella trappola e divenne spia francese con un compenso eccezionalmente elevato: un milione di franchi da spendere per ottenere informazioni dagli alti comandi tedeschi.

Questo pericoloso doppio gioco, però, venne scoperto e Mata Hari fu arrestata per alto tradimento.

Lei si proclamò innocente, senza però negare di aver frequentato molti ufficiali di nazionalità diverse; fu, però, costretta a confessare di aver avuto conoscenza dei messaggi intercettati dalla postazione di antispionaggio che era collocata sulla Tour Eiffel, ove l’agente H21 (proprio lei) era stata incastrata dai tedeschi che la volevano punire.

La sentenza di condanna a morte fu inevitabile: il 15 Ottobre del 1917, vestita di un elegante abito grigio perla, con un corsetto di pizzo, il tricorno ed un cappotto blu, venne fucilata da un plotone di esecuzione presso il castello parigino di Vincennes.

Con grande coraggio e dignità, non si fece bendare prima della fucilazione.

Il suo mito è ancora presente nell’immaginario collettivo per essere stata, Mata Hari, una donna spregiudicata, ambiziosa seduttiva e amante del potere, più che dei suoi illustri amanti.

Ma soprattutto per essere stata un’artista unica nel suo genere, ovvero un’interprete straordinaria, se pur europea, della sensualissima danza orientale.

Foto di Here and now, unfortunately, ends my journey on Pixabay da Pixabay

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