L’imprevedibile nell’anno dei misteri

«Gli abitanti del palazzo non si erano accorti di nulla, lo avrebbero scoperto nei giorni seguenti dai giornali, avrebbero sgranato gli occhi, si sarebbero chiesti chi stava cantando mentre la ragazza veniva uccisa». È il 6 gennaio 1969 e tutta Firenze è riunita davanti al televisore per la finale di Canzonissima. Sarebbe solo una serata all’insegna della musica se non fosse per il cadavere di una giovane donna rinvenuto in un appartamento di piazza Sant’Ambrogio. Un delitto atroce di cui non si è accorto nessuno, consumato nel bel mezzo di un’ Italia nuova, sognante e spensierata, che ascolta con entusiasmo le canzoni di Don Backy e aspetta di vedere il primo uomo che mette piede sulla luna. Tra dolci portati dalla Befana e brani canticchiati sottovoce sembra impossibile che l’orrore possa trovare spazio. Invece la morte non si ferma nemmeno nei giorni di festa e colpisce alle spalle come il peggiore degli imprevisti.

I delitti e l’attesa

«Era stato tutto molto veloce. La telefonata, il cadavere, la Scientifica, l’ambulanza, le due chiacchiere con il nonno della ragazza». Il commissario Bordelli guida verso casa con la testa piena di pensieri. Siamo tra le pagine di L’anno dei misteri — l’ottavo romanzo firmato Marco Vichi che vede il commissario come protagonista — e la morte bussa ancora una volta alla sua porta. Tutti i suoi piani vengono sconvolti: niente Canzonissima e forse niente visita della sua amata Eleonora. 

Eleonora… La prospettiva di rivederla è l’unico pensiero che rischiara il suo orizzonte macchiato di sangue. A turbarlo non è solo il delitto di piazza Sant’Ambrogio. C’è anche il serial killer (quando quella definizione ancora non esisteva) che ha già lasciato una lunga scia di sangue dietro di sé e che presumibilmente ucciderà la prossima prostituta il 13 febbraio. La paura di non poterlo fermare ossessiona il commissario. Ormai manca solo un anno alla pensione e l’idea di lasciare la Pubblica Sicurezza con un cadavere sulla coscienza e un pazzo a piede libero lo sconvolge.

Tuttavia, stavolta non si trova di fronte a un assassino qualunque. Sembra più un’anima nera uscita direttamente dal buco dell’inferno. Non basta scavare nella vita delle vittime per svelarne l’identità. Il killer agisce secondo un disegno sconosciuto che ha molto più a che fare con il suo passato che con quello delle ragazze uccise. Si sa quando colpirà ma non dove, e questo fa di lui un’arma distruttiva imprevedibile.

Un romanzo di vita

Le indagini percorrono tutto il romanzo, ma tra uno sviluppo e l’altro ci sono lunghe pause durante le quali troviamo il commissario alle prese con la sua esistenza. Come in tutti gli altri libri del ciclo Bordelli, la realtà è perennemente filtrata attraverso lo sguardo del protagonista. La sua personalità, gli amori, gli incubi di guerra, i pensieri che riempiono la casa dell’Impruneta e l’abitacolo del Maggiolino permeano tutto il libro, ne fanno un romanzo di vita.

E come dimenticare tutti gli amici che costellano il suo universo? C’è Rosa che faceva la prostituta ma ha mantenuto l’anima candida di una bambina. Il Botta che dopo una vita di piccoli furti riesce a fare il colpo grosso e a sistemarsi. Il medico legale Diotivede con la sua sottile ironia e un’insolita passione per i cadaveri. Il giovane Piras venuto dalla Sardegna, che nei lunghi silenzi nasconde grandi aspirazioni. L’eccentrico Dante che ha l’aspetto di uno scienziato pazzo e l’animo di un filosofo. E poi c’è Bruno Arcieri, colonnello in pensione e ex agente dei servizi segreti, nato dalla penna di Leonardo Gori e preso in prestito da Marco Vichi perché stringesse con il suo commissario un profondo rapporto di fiducia e di aiuto reciproco. 

Sono tutti personaggi fortemente caratterizzati, ma mai caricaturali. Ognuno di loro colora un pezzo della vita di Bordelli con la propria storia e con il proprio modo di essere. Si potrebbe dire che sostituiscano la famiglia che il commissario non ha più (a eccezione del cugino Rodrigo) perché la loro porta è sempre aperta e quando si tratta di dargli una mano non si tirano mai indietro. 

La morte e la trasformazione

Spesso lo aiutano anche nei casi da risolvere, omicidi cruenti che contribuiscono alla trasformazione del personaggio. Delitto dopo delitto, Bordelli capisce sempre di più quanto può essere cattivo e allo stesso tempo fragile l’animo umano. Questo incide sulla sua vita e sulle sue scelte personali. Nel corso degli anni porta alla luce verità che lo feriscono in modo particolare (come in Morte a Firenze), trasgredisce le regole imposte dalla divisa della Pubblica Sicurezza per farsi giustizia da solo (in La forza del destino), fa i conti con le sue scelte (in Fantasmi del passato), e solo in Nel più bel sogno ritrova la leggerezza perduta. Nessun meccanismo psicologico astruso, nessuna trama complessa e programmata. Solo storie piene di umanità che viaggiano sull’onda di una scrittura leggera ma potente, capace di disegnare con contorni netti una figura che va oltre quella del comune commissario. 

Un’epoca nuova

Si può dire che Bordelli sia uno dei rari poliziotti letterari che potrebbero sopravvivere sulla carta anche senza un caso da risolvere. E che dire della visione che ha della sua epoca? Si vede passare sotto gli occhi un mondo che corre veloce verso il futuro, pieno di giovani vitali e ribelli. Li guarda con ammirazione, ma lui, uomo della vecchia generazione, non riesce a comprenderli del tutto e finisce per sentirsi sempre un passo indietro.

Anche Eleonora fa parte di questa nuova gioventù e il commissario non può che essere disorientato dal rapporto indefinito che lo lega a lei. Niente regole, niente promesse, nessun vero fidanzamento, nessuna prospettiva di matrimonio. Solo incontri non programmati all’insegna dell’amore e del piacere. Eppure in fondo quell’imprevedibilità accende Bordelli, lo fa sentire più vivo che mai, tinge il suo mondo di rosa anche quando sul lavoro trova solo vicoli ciechi. Questo è perché ci troviamo davanti a un sognatore, un uomo che vive di storie (quelle che si nascondono dietro gli omicidi, quelle truci raccontate dal cuoco Totò, quelle degli amici riuniti in occasione delle cene a casa Bordelli, quelle dei romanzi consigliati dall’amico libraio…). E le storie si sa, per essere belle devono riservare continue sorprese.

«Quando arrivò a casa si sentiva un po’ stordito da quei pensieri che la sua visione abituale della vita avrebbe giudicato assurdi… Eppure al cospetto della Dea Eleonora quelle stranezze erano del tutto legittime, anzi normali, anzi giuste. Aveva quasi sessant’anni, tra poco più di un anno sarebbe andato in pensione, ma forse era riuscito a assorbire la voglia di cambiamento dei giovani che protestavano nelle piazze. E quale cambiamento più grande poteva esistere, se non il modo di stare insieme? Non era stato certo lui a dirigere il gioco, ma dopo qualche bella testata al muro, aveva capito che il nuovo corso proposto da Eleonora rendeva ogni cosa più vera e più bella»

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