Le illusioni del poeta-superuomo: la musica e la metamorfosi panica

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La natura parla un linguaggio segreto, le sue parole sono musica e colui che riesce a partecipare alla sinfonia della natura non può che essere un individuo eccezionale. È questo ciò che D’Annunzio ci comunica con una delle sue poesie più famose, La pioggia nel pineto. Il componimento è incentrato sulla metamorfosi panica che progressivamente trasforma il poeta-superuomo e la sua compagna Ermione in creature arboree. Si tratta di un’esperienza sensoriale unica e totale, estatica e transitoria. È la «favola bella» che, illusoria, quando svanisce lascia uno strascico di malinconia. Proprio come le illusioni d’amore o quelle create per effetto dell’arte. 

La sinfonia della pioggia

Ma come si fa a partecipare a questa favola? Innanzi tutto bisogna tacere («Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane») e ascoltare con attenzione («Ascolta. Piove su le nuvole sparse»). Inoltre, bisogna avere quella sensibilità di cui solo gli individui eccezionali sono dotati. La pioggia nel pineto è ambientata nel mese di luglio ed è inserita nella seconda sezione della raccolta poetica Alcyone (1903), che ha come tema centrale il trionfo dell’estate. Parla di un temporale che ha colto di sorpresa il poeta e la sua Ermione durante una passeggiata estiva in una pineta della Versilia.

La pioggia colpisce i diversi elementi della natura facendoli risuonare in modo diverso l’uno dall’altro. E quindi «Piove su le tamerici/ salmastre ed arse,/ piove su i pini/ scagliosi ed irti,/piove sui mirti/divini,/su le ginestre fulgenti di fiori accolti,/su i ginepri folti/di coccole aulenti». Ma anche «piove su i nostri volti/ silvani,/piove su le nostre mani/ignude,/su i nostri vestimenti/leggieri/su i freschi pensieri/che l’anima schiude/novella». È una pioggia che investe interamente l’io. Lo purifica dalle scorie della vita ordinaria e lo trascina in un altrove indefinito e sconfinato, fuori dal tempo e dallo spazio, in cui tutta la natura si accorda in un’unica lingua segreta. 

La musicalità e la metamorfosi

La sinfonia creata dalla pioggia, ulteriormente arricchita dal canto delle rane e delle cicale, non resta confinata al contenuto della poesia. Dilaga nella forma rendendola cantabile. I versi brevi e legati dai frequenti enjambement, le anafore e le iterazioni lessicali, le rime e le assonanze liberamente distribuite, le allitterazioni, le frasi che si ripetono come piccoli ritornelli e tutti i vari effetti fonici che percorrono le quattro strofe concorrono a creare una musicalità suggestiva e allusiva che accarezza le orecchie del lettore. 

Al centro di questo scenario sospeso e risonante di suoni armonici la bella Ermione (nome mitologico dietro cui si nasconde la grande attrice Eleonora Duse) diventa una ninfa dei boschi dal volto «virente» che pare scorza d’albero. Le sue palpebre sembrano sorgenti d’acqua, i «denti negl’alveoli» sembrano mandorle acerbe, il «cuor nel petto» è come una pesca intatta. Una volta completata la trasformazione, la donna e il poeta vanno «di fratta in fratta,/or congiunti or disciolti» mentre «il verde vigor rude/[…] allaccia i malleoli/[…]intrica i ginocchi […] chi sa dove, chi sa dove!». Questo finché un nuovo imprevisto non troncherà le illusioni e essi saranno riassorbiti dalla realtà. 

Foto di Stefan Keller da Pixabay

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