L’arte erotica dello Shunga

sesso shunga

La sessualità in Giappone ha una connotazione molto particolare, assai diversa da quella dell’Asia continentale. Seppure ne abbia subito qualche influenza, sopratutto dalla cultura cinese, il Giappone:

1) non ha mai adottato la visione confuciana del matrimonio, che ha come suo fulcro la castità;

2) la monogamia nel matrimonio non è un valore particolarmente importante, tanto che gli uomini sposati spesso cercano piacere dalle cortigiane;

3) la prostituzione ha una lunga tradizione socio-culturale ed è diventata particolarmente popolare durante il miracolo economico giapponese, poiché gli intrattenimenti serali erano deducibili dalle tasse!

L’arte erotica dello Shunga: le “immagini primaverili”

Durante la dinastia cinese Han (206 aC-220) e la dinastia Tang (618-907), le immagini erotiche erano assai frequenti. Si ritiene che lo shunga, influenzato dai libri di medicina cinese, sia originato da esse. Tuttavia, i giapponesi portarono l’arte al livello successivo, sviluppando il proprio stile e il proprio significato culturale.

Le prime rappresentazioni shunga giapponesi risalgono al periodo Heian (794-1192), ma all’epoca questa forma d’arte era principalmente apprezzata dalle classi superiori. Ciò si deve al fatto che era difficile copiare le immagini, dunque lo shunga non era facilmente accessibile alla maggior parte delle persone comuni. 

Durante il periodo Edo (1603-1868), con lo sviluppo della xilografia, iniziò la prima produzione in serie. Le immagini erotiche, artefatti di un’era in cui gli atteggiamenti nei confronti del sesso erano liberi, venivano appunto realizzate su delle bellissime xilografie di seta o carta, rotoli dipinti a mano e libri stampati, tutti realizzati dagli artisti della scuola popolare ukiyo-e.

La parola Ukiyo (“mondo fluttuante”), descrive bene lo stile di vita edonistico di un periodo in cui molti si abbandonavano ai diversivi disponibili nei distretti dei bordelli e nei teatri Kabuki. Gli artisti erano talmente quotati, che ogni opera shunga, (contrazione della parola cinese shunkyū-higi-ga,un insieme di 12 rotoli”) in fogli singoli o sotto forma di libro con 12 immagini, garantiva al pittore di poter vivere di rendita per i successivi sei mesi. Questi rotoli rappresentano le posizioni che il principe cinese doveva svolgere per esprimere l’armonia sessuale yin yang. Oltre alle scene esplicite di sesso, esistevano anche  delle simpatiche rappresentazioni umoristiche, chiamate warai-e immagine che ride”.

L’origine del termine Shunga

Shunga significa letteralmente “immagini primaverili”, un eufemismo comune per il sesso. La primavera simboleggia infatti la fertilità, così come la vacuità della bellezza femminile.

Quello della primavera è pertanto un tema ricorrente nelle immagini, che spesso ritraggono fiori di ciliegio sullo sfondo.

Inoltre, la funzione dell’accoppiamento era simile alla pioggia che porta fertilità ai suoli. Pertanto, lo shunga recava anche il significato simbolico della pioggia che aiuta a prevenire o spegnere il fuoco.

Il sesso: un’arte naturale 

Come accennato, questa forma d’arte celebrava i piaceri del fare l’amore, attraverso delle immagini esplicite, spudorate, che presentavano l’attrazione reciproca e il desiderio sessuale in ogni sua forma. Insomma un’attività naturale della quale non bisognava vergognarsi, tanto che le stampe includevano scene sia di eterosessualità sia di omosessualità.

Il ruolo dello shunga in Cina e in Giappone  

Mentre queste immagini avevano un ruolo didattico in Cina, in Giappone il loro valore era principalmente edonistico. Come per il kamasutra, esse venivano visualizzate o condivise, non solo con amici intimi o partner sessuali, ma anche utilizzate per fornire educazione sessuale alle giovani coppie. 

A quel tempo, era infatti una tradizione regalare shunga alle giovani coppie di sposini, in particolare per i figli e le figlie di famiglie benestanti, come guida sessuale su come esibirsi a letto.

I Samurai contribuiscono alla diffusione dello shunga

Un ruolo importante nella diffusione dello shunga si deve ai Samurai, che in Giappone erano visti come i “custodi della moralità”. Poiché gli shunga erano sia commissionati sia accettati dai membri della casta militare, come portafortuna e simbolo di una piacevole ricerca culturale, l’intera società giapponese poteva accedere ai suoi contenuti.

Credenze e superstizioni

Come accennato, i samurai usavano gli shunga come portafortuna. A tal fine, li custodivano all’interno della loro armatura per allontanare la morte. 

I mercanti invece erano convinti che i rotoli di shunga proteggessero le case e i magazzini dal fuoco.

Qualche esempio di raffigurazione

Gli stili shunga variavano a seconda della regione da cui provenivano e dal committente: quelli ordinati da clienti ricchi presentavano immagini colorate con dettagli intricati, se a richiederli erano clienti meno facoltosi, i disegni erano semplificati e con pochi colori.

Ma cosa raffigurano esattamente gli shunga? 

Dai dipinti pulsano enormi genitali, in alcuni casi grandi quanto le teste dei personaggi, rosa, marroni e pelosi, disegnati con dettagli incredibili. Le persone sono in posizioni innaturali e dai loro volti si percepisce il piacere erotico dell’atto. Ci sono scene di amori eterosessuali, omosessuali e persino orge. In una scena, una donna anziana insegna il sesso una ragazza vergine. 

E ancora, un coraggioso guerriero samurai ha rapporti con un giovane gigolò, o con un monaco buddista; un soldato giapponese si accoppia con una donna russa mentre un soldato russo guarda dietro la porta, un adolescente si masturba mentre una geisha dorme, due donne si divertono con degli attrezzi del piacere, con cetrioli, frutta o con degli animali: un asino, un polpo, un gatto, cani, una volpe, persino un serpente.

La lunga storia dell’erotismo nipponico 

In realtà, ben prima dell’esplosione di questa forma d’arte, il Giappone aveva basato la sua cultura su di  una consolidata storia di arte erotica e di espressione sessuale. Le società preistoriche avevano infatti sviluppato il culto fallico, connesso scaramanticamente all’agricoltura e i miti della creazione del Giappone erano basati sulla procreazione sessuale simile all’uomo. Ne sono prova i numerosi oggetti fallici spesso raffigurati nelle incisioni all’interno dei santuari, portati in vessillo durante le feste e lungo le strade, tradizionalmente e superstiziosamente legati alla buona fortuna, alla salute e alla longevità.

L’importanza della religione 

A differenza dell’Occidente, permeato dalla rigida ideologia giudaico-cristiana, o dall’India e dalla Cina, dove il sesso assumeva un senso “mitico”, in Giappone l’eros non veniva stigmatizzato e non c’era alcun senso di vergogna intorno alla produzione di immagini che lo rappresentavano in ogni sua forma.

Come detto, anche il suo lato umoristico era divenuto parte integrate della cultura, per cui allusioni, eufemismi, storie e poesie legate alla sessualità erano considerati socialmente accettabili.

Dall’apertura sessuale alla repressione

Gli shunga venivano spesso regalati alle classi sociali superiore e come souvenir di Edo. Creato per la classe chōnin, nel corso del tempo tutti volevano avere un dipinto shunga, anche quando venne proibito. A reprimere questa forma d’arte fu lo shogunato autocratico, che lo proibì, non perché fosse pudico, quanto perché derideva dei personaggi illustri con la sua ironia e satira. Le immagini mostravano spesso sovrani e monaci in scandali sessuali e questa cosa non piacque alla dittatura, che vide questa arte tradizionale come sovversione politica.

Nel 1722, dopo che lo shogunato Tokugawa attuò le riforme del Kyōhō, i libri e le stampe shunga divennero pertanto “sotterranei”, e in seguito all’editto di censura, fu vietava la produzione di tutte le nuove pubblicazioni non autorizzate. Il declino totale avvenne all’inizio dell’era Meiji (1868-1912), quando furono introdotte in Giappone la cultura e le tecnologie occidentali. Lo shunga infatti non poteva più competere con la fotografia erotica.

Una mostra a tema

Oggi possiamo ammirare la storia, l’umorismo e le realizzazioni di shunga al British Museum di Shunga: sesso e piacere nell’arte giapponese. Qui si trovano esposte dei veri e propri capolavori realizzati tra il 1600 e il 1900. Le opere, oltre ad aver ispirato artisti come Picasso, Toulouse-Lautrec e Rodin, continuano ancora oggi ad influenzare i manga, gli anime e l’arte del tatuaggio giapponese.

Chissà magari ritorneranno in voga?

Foto di Stefan Keller da Pixabay

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