Serena Maffia (foto sotto) è autrice, drammaturga, regista e conduttrice televisiva. Ha lavorato come autrice per Medusa Film Grup- po RTI Mediaset e per la Rai. Ha diretto numerosi spettacoli teatrali, eventi e serie video e adesso esce in libreria il suo “ La sua ragazza”, un romanzo leggero e spensierato, pieno di calore, stravaganza ed una piacevolissima dose di ironia, incentrato sull’amore omosessuale.
D. Lei è passata con disinvoltura dalla drammaturgia alla scrittura di un romanzo delizioso e scorrevole, che ha ottenuto il parere positivo della critica. Pensa di cimentarsi ancora in questa nuova esperienza?
R. Sono felice che il mio romanzo stia avendo dei riscontri positivi, in tanti mi scrivono che lo hanno apprezzato e che vorrebbero leggere qualcos’altro di mio. Non posso negare che mi faccia piacere e che mi dia la spinta per scrivere ancora. Mi piace emozionare e soprattutto far sorridere le persone. Da piccola ricordo che mi piaceva guardare le persone intorno a me che sorridevano, le vedevo attorniate da una specie di alone magico. E poi sono dell’idea che si possa emozionare e comunicare qualcosa di grande anche attraverso l’ironia e la comicità. Anzi si ottiene una commozione maggiore se prima si ride, come insegna Shakespeare. “La sua ragazza” è una semplice storia d’amore e di amicizia che però non dimentica di raccontare la parte egoistica dell’amore che ci trascina nel buio. E poi c’è il colore: è un romanzo in blu e rosso. E ci sono il mito e l’arte, con Narciso e Caravaggio, e l’amore percepito attraverso le pennellate dei grandi artisti di tutti i tempi.
D. All’inizio degli anni ’50, quando il mondo letterario iniziò a riconoscere l’esistenza delle donne gay, le eroine lesbiche avevano due destini: andare dritto o affrontare il loro destino. La narrativa lesbica è diventata popolare perché c’era un intero gruppo di persone le cui storie non venivano mai raccontate. Avevano fame di conferme, anche se si trattava di un finale infelice ed era assai difficile vendere libri gay. Oggi si affrontano sfide molto diverse rispetto a quelle degli anni ’50 e come nel suo caso, la narrazione assume dei connotati meno drammatici dal punto di vista esistenziale. “Ti sei mai innamorata di una donna così tanto da non poterti rialzare? Frana capisce perfettamente cosa vuol dire essere così innamorata che non puoi parlare di nient’altro”– scrive in un passo del libro. E lei?
R. Non mi sono mai innamorata di una donna, ma credo che tutti i rapporti d’amore siano uguali e necessitino di rispetto e di sentimento. Gianna Nannini però l’ho sempre trovata una donna di cui potersi innamorare: forte e fiera oltre che graffiante ed emozionante. Credo che l’amore si manifesti sotto due aspetti: quello fisico e quello mentale, e ciò avviene per qualunque sesso.
D. Secondo lei, oggi è più facile accettare di essere gay e di conseguenza scrivere sulla questione?
R. Sicuramente oggi è più facile, non esce un film o una serie tv che non abbia un personaggio omosessuale, e non si ha paura come una volta di esternare i propri gusti sessuali.
D. Come è nata l’idea di questo libro e chi l’ha ispirata dal punto di vista letterario?
R. “Le idee sono nell’aria“: ascolto il mondo. Nella mia mente nascono dei personaggi e delle situazioni, e mi capita, a volte, che non escano più dalla mia testa. Si insediano nel mio cervello continuando a vivere. Non sono io che li faccio vivere scrivendo, sono loro che vogliono vivere, e io vi racconto ciò che combinano. Amo molto leggere, credo che la scrittura sia un ottimo mezzo per comunicare, e le “storie” siano il tramite più efficace. Ci sono dei personaggi e dei romanzi che non mi hanno mai abbandonata e che continuano a vivere con me stessa oltre il tempo e i loro autori: Moravia, Verga, Pirandello, Deledda, Wilde, Shakespeare, Dostoevskij, Tolstoj, García Márquez, Mc Ewan, Marías.
D. I personaggi descritti si basano su persone della sua vita o su amalgama di persone che lei conosce?
R. I personaggi sono miei “amici inesistenti” in realtà per me esistono, soltanto voi non li potete vedere.
D. Con quale personaggio si identifica maggiormente?
R. Con “l’idiota” di Dostoevskij. Se invece intendeva sapere quale dei personaggi creati da me mi somiglia di più, beh, io sono in tutti i miei personaggi.
D. Quando ha iniziato a scrivere questo delizioso romanzo aveva già pianificato la storia o ha lasciato ai personaggi la facoltà di dettare in corso d’opera il finale (che è davvero una sorpresa)?
R. Una volta nati, i miei personaggi fanno quello che vogliono, non conta il fatto che io mi crei uno schema e miri ad arrivare ad una conclusione prestabilita, alla fine escono sempre dagli schemi e fanno ciò che vogliono.
D. Quanto conosce la realtà omosessuale e quale tributo o messaggio ha voluto offrire attraverso il suo romanzo?
R. Sicuramente vorrei che tutti si sentissero liberi di vivere la loro sessualità nel modo che preferiscono ma la protagonista del mio romanzo è omosessuale per caso: è nata così.
D. Ha affrontato la tematica dell’omosessualità in chiave ironica. Crede che l’ironia sia la chiave di lettura per sdrammatizzare su una tematica che purtroppo ad oggi non è ancora pienamente accettata in buona parte del mondo?
R. Credo che l’ironia sia la chiave per affrontare un po’ tutto. Anche se si potrebbe facilmente cadere in quella che in psicologia viene chiamata “la risata del boia”.
D. La cultura può essere un’arma, o almeno ci aiuta a trasformare le nostre esperienze e relazioni vissute in un’arma per combattere il pregiudizio. Un libro può avere il potere di scardinare qualche preconcetto?
R. Sicuramente. Il libro resta una fonte preziosa di informazioni e messaggi che possono essere veicolati attraverso la narrazione di una storia. La cultura intesa come conoscenza è l’arma più grande che abbiamo per combattere i pregiudizi che altro non sono che paure provenienti dalla non conoscenza. Anzi è forse “la paura della paura” a spaventarci di più, la paura degli altri. Le storie e la conoscenza arricchiscono le nostre capacità di problem-solving per affrontare le situazioni svariate che la nostra esistenza ci presenta.
D. Quanto è stato difficile scrivere un libro come questo per chi, come lei, non è omosessuale?
R. Non credo che gli omosessuali nel corso della storia abbiano trovato difficoltà a scrivere storie di eterosessuali, lo hanno anzi fatto in maniera magistrale, questo perché la scrittura non è mai personale ma universale. Personalmente non avendo alcun pregiudizio, per nessuno o niente, non ho trovato alcuna difficoltà nel raccontare di sentimenti umani. Credo che gli scrittori riescano a dare voce a qualunque personaggio a prescindere dal proprio sesso, anzi, gli scrittori scrivono proprio per questo, per essere qualunque cosa, un po’ come gli attori. Per questo motivo non concordo su ciò che si dice sugli autori-donna, ossia che siano identificabili attraverso uno stile tutto al femminile. Gli autori sono autori! E le loro caratteristiche dipendono dal loro stile. Si dice anche che “gli uomini preferiscano leggere gli uomini”, e anche questa la trovo una stupidaggine: chi ama leggere, ama leggere buoni libri. Ma se trovate in giro un uomo cocciuto, cambiate la sovraccoperta del suo libro con quella di un autore uomo: ha sempre funzionato lo pseudonimo al maschile nella storia delle donne.
D. “Potrei essere lesbica perché con gli uomini non ho mai avuto un buon tempismo”– si legge in un passo. Crede che l’omosessualità sia una scelta o semplicemente una questione di nascita?
R. Credo che l’omosessualità sia naturale come l’eterosessualità. Il sesso dipende sempre e comunque da una questione biologica di ormoni, testosterone, odori. E se qualcuno insiste a dire che Dio ci ha creati uomini e donne, forse dimentica che egli stesso è uomo e donna insieme.
D. La complicità fra persone dello stesso sesso emerge costantemente nelle sue pagine. Crede sia un fattore di unione o alla lunga può generare qualche frattura?
R. Che se ne dica intorno all’amicizia tra uomo e donna, che esista o non sia possibile, personalmente ho la fortuna di avere molti amici uomini che stimo per ciò che sanno fare e per il tipo di persone che sono. La stessa cosa penso delle amicizie tra persone dello stesso sesso. Le amicizie in generale sono qualcosa di raro e di prezioso, e in quanto rapporti speciali necessitano di cure. Le incomprensioni possono capitare ma l’importante è il confronto con l’altro e l’ascolto; i momenti di crisi avvengono purtroppo anche in famiglia.
D. Maternità. Ad un certo punto della narrazione accade l’imprevisto: la maternità. Frana, l’eroina del suo romanzo, aiuta una gestante a partorire. L’accadimento innesca una forte presa di coscienza che ne influenzerà le scelte future. Cosa pensa della volontà di maternità/paternità all’interno delle coppie omosessuali?
R. Credo che la voglia di sentirsi “immortali” e partecipi della forza generatrice universale sia un sentimento naturale che prima o dopo proviamo tutti. Sarebbe bellissimo se tutti potessimo partecipare a questo momento creativo che cela il senso dell’esistenza come ciclo vitale. Si tratta di un’emozione unica e potente che tanti esseri umani di sesso maschile vorrebbero provare. Purtroppo la biologia non permette a tutti gli esseri umani di procreare ma permette fortunatamente a tutti di prendersi cura della propria specie diventando genitori per scelta. Sarebbe meraviglioso se persone in grado di dare una famiglia a chi non c’è l’ha, potessero diventare genitori adottando, senza troppe difficoltà. La famiglia è quel gruppo di persone che si prendono cura di te, e se due uomini o due donne desiderano ingrandire la loro famiglia con una adozione, dovrebbero poterlo fare sempre e ovunque.
D. Nel libro lei parla spesso del mito di Narciso, sottolineando che “noi tutti esseri viventi siamo proiettato verso ciò che conosciamo, che troviamo familiare, che ci somiglia”, cosa che in qualche modo conferisce una sorta di giustificazione all’omosessualità . Nel finale ribalta questo pensiero. Senza voler togliere la sorpresa al lettore, cosa l’ha spinta a cambiare, per così dire, le carte in tavola?
R. Credo che così come il razzismo e l’antipatia siano stati scientificamente spiegati attraverso i neuroni specchio, che funzionano meglio tra persone che hanno la stessa fisiologia, l’entrare in sintonia con l’altro e innamorarsi dell’altro in qualche modo sia legato a una ricerca di similarità e comunanza. Siamo però comunque in grado di provare ammirazione per chi ci è antipatici, proprio perchè ci affascina e in qualche modo ci attrae la diversità. Quanti di noi infatti sono affascinati dai cattivi delle storie perché nella vita sono dei buoni, e viceversa? Questo perché comunque il nostro opposto, ci completa.
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Foto di copertina di Kevin Ramirez da Pixabay
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