Cleopatra, si sa, era una grande “amatrice” e non le mancavano di certo uomini disposti ad amarla.
Ciononostante, si narra che fosse talmente insaziabile, da aver addirittura escogitato un sistema per non sentire mai la mancanza dell’altro sesso.
Come? Inventando il primo vibratore della storia.
Siamo nel lontano 54 a.c quando la bellissima regina scopre che riempiendo un tubo di zucca con delle api, gli insetti, ritrovandosi in uno spazio stretto, diventano frenetici, causando la “vibrazione” del tubo.
Per un tempo lunghissimo tuttavia la singolare scoperta resta nell’ombra e si ritrovano tracce di vibratori più moderni solo alla fine dell’800 quando l’isteria femminile veniva curata con dei “messaggi pelvici”.
Ad effettuarli erano dei medici che usavano il “Pulsocon”, singolare attrezzo dotato di manovella, inventato dal dottor Macaura Pulsocon.
Sempre al periodo vittoriano (1891) risale il “Manipulator”, un vibratore a vapore, rumoroso ed automatizzato, inventato dal dottor George Taylor.
Nel 1954 nasce “Niagara” il primo vibratore, facile da usare, che controlla la forza con un potenziamento rotativo.
Il modello successivo prende il nome di “Modulo 2009”: vibratore che utilizza due motori invece di uno. Oltre ad essere più potente, grazie all’interferenza di risonanza” causata dalle vibrazioni, anche esteticamente era più rassicurante. rispetto alle mostruosità passate.
Nel 1968 John Tavel brevetta il primo vibratore senza fili, lungo 19 cm e spesso 4.
Nonostante il suo design non lasciasse spazio a fraintendimenti di sorta, venne pubblicizzato in tutte le salse, come “vibro massaggiatore da usare per ridare tono alla pelle”.
Un noto chirurgo ne realizza addirittura uno in oro 24k.
Nel 1970 va di moda, “Hitachi” una specie d “bacchetta magica” usatissima nei film porno.
Altri trasformavano 110 volt di corrente alternata in una rotazione massiccia e vibrante.
Grande successo avrà infine “Ascary” utilizzato per la stimolazione clitoridea.
Oggi ne esistono di tutti i tipi, taluni addirittura controllati via bluetooth.
Chissà dove arriveremo?
di Simona Mazza
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