La purezza dell’uomo dinanzi a Dio

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Il Vangelo di questa Domenica ci presenta un tema importante della religiosità: la purezza dell’uomo dinanzi a Dio. Quando l’uomo si mette di fronte a Dio si scopre quasi sempre come un essere “inquinato”. Nasce, quindi, l’interrogativo che lo spinge a chiedersi come diventare puro e come liberarsi da ciò che lo separa da Dio. È da questa domanda esistenziale che sono nati in tutte le religioni del mondo i riti di purificazione. Il Vangelo di oggi accenna a questi riti; essi si svolgevano pure nell’Antico Testamento.

 

All’epoca di Gesù però, non venivano più intesi come un cammino di purificazione ma erano formali e scrupolosi adempimenti della legge. Alcuni studiosi affermano che in questo brano del Vangelo Gesù avrebbe sostituito il culto con la morale. Se ciò è vero, significa che nella sua essenza il cristianesimo sarebbe pura moralità: noi stessi cioè, ci renderemmo puri e buoni attraverso l’agire morale. Non è così, è troppo riduttivo! Perciò, se vogliamo comprendere pienamente il messaggio di Gesù dobbiamo avere una chiara visione di insieme e saper leggere interamente sia i Vangeli che l’Antico e il Nuovo Testamento.

 

Nella prima lettura di oggi (Dt4, 1-8) ci viene offerto un particolare molto importante: Israele è invitato da Dio a gioire per il fatto di conoscere la volontà di Dio e di essere perciò, “un popolo saggio ed intelligente”. Il Deuteronomio, inoltre, ci rivela che la Sapienza si identifica con la Parola stessa di Dio e, quindi, ci rivela ciò che è essenziale per la nostra vita, per quale fine e come l’uomo deve vivere. In questi termini, la legge di Dio non è una forma di schiavitù ma “è causa di grande gioia” (Sal 119). Perciò, noi non siamo come pecore senza pastore perchè è Dio che ci indica la strada; conoscendo la sua volontà, non possiamo non essere consapevoli di ciò che conta davvero nella nostra vita. è Dio, dunque, ad indicarci la via e ci ascolta, ci è vicino, ci risponde, ci guida e con la sua Parola ci purifica. Come Israele, anche noi dobbiamo gioire per il fatto di conoscere la volontà di Dio e di aver ricevuto la sapienza che sì ci guarisce ma che certamente non possiamo trovare da soli. Non è la nostra intelligenza o abilità, infatti, ad indicarci la volontà di Dio. Essa rimane un dono immeritato che ci rende umili e lieti. E per questo dovremmo imparare a gioire un pò di più, perchè Dio, in Cristo Gesù, ci ha mostrato il suo volto, la sua volontà, se stesso. Se riusciremo ad esternare questa gioia, essa solleticherà anche il cuore di chi non crede. Senza la gioia del Signore non saremo mai credibili. Là dove la gioia è percepibile, anche senza volerlo essa dona la certezza di stare sempre sulle tracce di Dio.

 

 Per saperne di più, leggiamo attentamente la seconda lettura di oggi (Gc 1, 17-27): ne viene fuori un’idea sulla religiosità praticata al tempo di Gesù. Quindi, anche i familiari di Gesù erano certamente osservanti, testimoniavano cioè, la gioia deuteronomica avvertendo la vicinanza di Dio nella sua Parola e nei suoi comandamenti. È un’osservanza diversa da quella praticata dai farisei del Vangelo, che invece l’avevano ridotta ad un sistema schiavizzante. In Giacomo, l’osservanza non guarda a se stessa ma si volge gioiosamente verso Dio che attraverso la sua Parola ci fa capire la sua vicinanza e la via giusta da seguire. Tutto ciò è la Legge perfetta della libertà, una comprensione nuova ed approfondita della Legge del Signore. Per Giacomo, infatti, la Legge non è un fardello pesante da sopportare. Egli pensa secondo la prospettiva di quella nuova amicizia inaugurata da Gesù: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 15). Dio in Cristo Gesù, ci ha detto tutto, si è manifestato completamente; grazie a Gesù non siamo più servi, ma amici di Dio. Di conseguenza, la Legge non è più una prescrizione per schiavi ma è l’espressione vera dell’amore di Dio, attraverso il quale siamo liberi e perfetti.

 

“Il Signore ci ha generati per mezzo della sua Parola, che Egli ha piantato nel nostro intimo come forza di vita”, afferma Giacomo. Qui si parla anche della “religione pura”, cioè dell’amore verso i poveri. Una logica questa, che va contro le mode di questo mondo. La Legge, quindi, intesa come espressione dell’amore di Dio per l’uomo non va contro la libertà ma è un’occasione privilegiata per rinnovare continuamente la nostra amicizia con Dio. Infine, non siamo noi a creare ciò che è buono – questo sarebbe un semplice moralismo – ma è Dio stesso che con la nostra collaborazione ci aiuta a diventare buoni; e ciò vale anche per la nostra purezza: essa inizia col fatto che è Lui a venirci incontro e ci prende per mano. Ecco perchè l’uomo diventa puro ed ama nella misura in cui si lascia toccare e amare da Lui. Aveva ragione Agostino: “Concedi quello che comandi e poi comanda ciò che vuoi”. Sì, Signore, purificaci nella verità. Fa’ che l’amicizia con Te ci renda sempre liberi per attingere forza dall’Eucarestia e per diffondere la luce della tua purezza e bontà, sostenuti dalla tua grazia e da Maria, tua e nostra Madre. Amen.

Fra’ Frisina

Foto: facebook.com

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