La curiosità di Psiche

«C’era una volta un re e una regina che avevano tre figlie bellissime» così comincia La favola di Amore e Psiche di Apuleio. Un’apertura tipicamente fiabesca, completa di reame e di fanciulle bellissime che sono tre. Tre come le tre sorelle di Le mille e una notte, tre come i protagonisti di I tre figli della fortuna dei fratelli Grimm, tre come le figlie del mercante della versione beaumontiana di La bella e la bestia. Come nella storia di Beaumont, anche in quella di Apuleio le due sorelle maggiori sono dure di cuore mentre la minore è la più bella e virtuosa. Ma Psiche è qualcosa di più di una ragazza bellissima e buonissima: è l’incarnazione dell’anima umana.

Il passaggio

Come tutti sappiamo, la parola psiche è sinonimo di mente e costituisce la radice del termine psicologia. Ma l’assimilazione del vocabolo al concetti di mente e coscienza si ha solo a partire dall’età moderna. All’epoca di Apuleio (II secolo d.C.) il termine significava fiato, respiro, soffio vitale, e quindi spirito, anima. Quella rappresentata da Psiche è un’anima giovane al varco tra l’adolescenza e la maturità. Un passaggio difficoltoso che, come spesso accade, è scandito da una serie di prove da superare.

Alla base della storia ci sono l’ingenuità di Psiche, l’invidia di Venere e l’errore di Amore. Psiche è talmente bella che viene adorata come se fosse una dea e la sua «bellezza illecita» scatena l’ira di Venere. La dea ordina al figlio Amore (detto anche Cupido) di «far innamorare perdutamente questa fanciulla di un uomo che sia il più vile di tutta la terra, un uomo che il destino abbia condannato alla povertà, al disprezzo di tutti, alla galera, e che sia tanto abietto da non potersi trovare in tutto il mondo uno miserabile come lui». Le parole suonano come un’ingiusta condanna all’infelicità, ma la provvidenza si mette di traverso e con la complicità della natura cambia il destino della ragazza. 

Il destino e le scelte

Il percorso di crescita di Psiche è tutt’altro che lineare. Nella prima parte della storia è come un’onda che la trascina al di là della sua volontà. Il vento la porta in un luogo che ha tutte le caratteristiche del locus amoenus. Qui la ragazza trova uno sposo invisibile che la raggiunge nell’oscurità della notte. Nella seconda parte della favola sono le scelte e le trasgressioni di Psiche che determinano l’andamento della storia. È lei che sceglie di incontrare le sorelle contro il consiglio del marito Amore, lei che si fa convincere da loro a mettere in atto uno stratagemma per scoprirne le sembianze pur sapendo che se l’avesse visto una volta non l’avrebbe visto mai più. 

L’ingenuità e la curiosità tipica degli adolescenti portano Psiche all’infrazione alla regola. Lo sbaglio genera effetti indesiderati, guai terribili, ma serve anche per imparare e crescere. Dopo la fuga di Amore, Psiche si lancia in una ricerca disperata che la porta direttamente al cospetto della sua grande antagonista: Venere. La dea la mette davanti a prove impossibili che la ragazza affronta con sfiducia e che fallirebbe se la natura — più sensibile degli dei alla bontà della sua indole — non accorresse in suo aiuto. Così le formiche dividono al suo posto i semi di un confuso ammasso di grani, la canna la consiglia su come raccogliere la lana delle pecore dal vello d’oro, l’aquila la aiuta a raccogliere l’acqua che irriga la palude Stigia, la torre magica le illustra come scendere nell’Ade senza morire e come tornare in superficie. 

La curiosità e la capacità di ascoltare

Psiche non supera le prove grazie al suo coraggio, ma mettendo in pratica una capacità che ha molto a che fare con la maturità: quella di ascoltare. Finché Psiche si lascia guidare riesce a superare ogni difficoltà con il minimo sforzo. Rischia di soccombere solo alla fine, quando ormai il pericolo sembra scampato. Proprio come Orfeo quando si volta verso Euridice, Psiche non resiste alla curiosità e guarda dentro il vasetto di Proserpina anche se la torre le aveva detto di non farlo. Appena lo apre cade in un sonno profondo che sa di morte. A risvegliarla ci penserà Amore e la favola avrà un meraviglioso lieto fine. Ma la domanda è: Psiche avrà imparato fino in fondo la lezione oppure lascerà di nuovo che la curiosità abbia la meglio sul buonsenso?

La sua assunzione tra le divinità risolve il quesito senza affrontarlo. Ma si sa, la curiosità fa parte della natura umana e non scompare con l’adolescenza. Cresciamo, invecchiamo e la nostra voglia di scoprire il mondo si trasforma, magari si assopisce, ma non scompare. Ogni scoperta è un imprevisto. Possiamo trovare l’America come Cristoforo Colombo oppure tutti i mali del mondo come Pandora quando decide di aprire il vaso. Nel caso di Psiche il premio vale il rischio. Lei — che come la mente umana non può fare a meno di far luce sulle cose — ha perso una vita perfetta al fianco di un fantasma per diventare dea accanto a un dio in carne e ossa. E allora viene da chiedersi se ci sia davvero una lezione da imparare oppure se i divieti debbano essere infranti quando lo scopo è progredire nella conoscenza per raggiungere una felicità più grande. 

Foto: lamenteemeravigliosa.it

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