La crisi istituzionale e il rilancio del PD

bersani-renzi4-770x577E’ una triste storia, quella che ci riguarda. Nessuno – o quasi – poteva immaginare che lo scenario che si sarebbe presentato dopo le elezioni politiche potesse essere foriero di tanta incertezza. Gli italiani sono caduti nella trappola del sistema elettorale (e partitico): tante, troppe liste in competizione (in Inghilterra sono tre; negli Usa due) hanno fatto sì che il nostro voto fosse estremamente parcellizzato, frammentario e confuso.

Il risultato echeggia malizioso alle spalle del nostro futuro: nessun capo dell’esecutivo in grado di tirarci fuori dalle sabbie mobili – chi ci finisce, se può, al massimo lancia un grido di disperazione, accolto con indifferenza dagli altri, che pure sono occupati a garantirsi una sorte diversa; oppure, ed è il caso più diffuso, strozzano in gola i lamenti, senza sottrarsi ad una lenta agonia –, nessun Presidente d’assemblea – per la loro nomina sono previste delle maggioranze qualificate, impossibili da conseguire se non attraverso compromessi che spargerebbero come una folata di vento le ultime briciole di credibilità istituzionale –, un Presidente della Repubblica uscente e non rinnovabile. Perfino il Papa ha deciso di tirarsene fuori.

La direzione nazionale del Partito Democratico ha vidimato, ieri, la relazione in otto punti del segretario Pierluigi Bersani. La prima intenzione è quella di cambiare il rapporto tra l’austerità irrogata a spruzzo dall’alta Europa e l’Italia. Si va poi elencando la riforma del lavoro (con l’introduzione del reddito di cittadinanza); la recisione dei costi della politica; la gestione ambientale (con attenzione al ciclo dei rifiuti); il sostegno alla ricerca, all’innovazione e all’istruzione. Il leader del Pd esclude ogni possibile collaborazione con Berlusconi, mentre apre a Grillo con la convinzione che si possano sposare alcuni principi comuni nell’interesse del Paese.

di Andrea Capati

Foto: giornalettismo.com 

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