Il Cristo Risorto unisce ogni popolo e razza, lega etnie e culture, fa nascere altri credenti

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L’odierna domenica porta a compimento il cammino pasquale, il lungo itinerario di cinquanta giorni vissuti in compagnia del Cristo Risorto. Oggi, Cristo asceso al cielo, così come aveva già promesso, invia ai suoi amici il Consolatore, lo Spirito Santo Paraclito, che nel tempo e nella storia continua la missione già iniziata da Gesù, quella cioè, di ricondurre al Padre l’umanità immersa nel peccato. Nella prima lettura (At 2, 1-11) è S. Luca a narrare il racconto della discesa dello Spirito Santo che l’evangelista colloca nel giorno in cui il popolo dell’Antica Alleanza era riunito a Gerusalemme per celebrare la festa giudaica della Pentecoste, momento solenne in cui gli Ebrei facevano memoria del patto stipulato tra Dio e Mosè sul Monte Sinai. Dunque, per Israele, quella della Pentecoste era una festa importantissima, un’occasione singolare per riconoscersi ancora una volta, tutti insieme, “popolo eletto” ed immagine vivente della santità di Dio. “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1). Il luogo dove i discepoli si trovavano è chiaramente il Cenacolo del Giovedì Santo, un ambiente al piano superiore (At 1, 13) che dal giorno della Resurrezione ospitava la preghiera degli Undici Apostoli riuniti con alcune donne e con Maria la Madre di Gesù; primitiva immagine questa, dell’attuale Chiesa cristiana, i cui membri, anche all’epoca, non erano legati da vincoli di sangue ma solo dalla fede in Cristo Risorto. La Pentecoste cristiana e quella giudaica hanno caratteristiche molto simili. Sia sul Monte Sinai che nel Cenacolo, infatti, riscontriamo il vento e il fuoco, elementi naturali che però in queste circostanze non incutono timore. Lingue di fuoco si posarono sugli Apostoli che “pieni di Spirito Santo cominciarono a parlare in altre lingue” (At 2,4). Avviene un vero e proprio “battesimo di fuoco”, una “nuova creazione” che fa di quella primitiva comunità la Chiesa “Unica” ed “Universale”, cioè “Cattolica”. È da sottolineare subito che la Chiesa nascente non viene costituita da forze umane ma dallo Spirito stesso di Dio che, ancora oggi, la custodisce da una grande tentazione, quella del potere che tutto vuole sopraffare e distruggere. A tal proposito mi sembra doveroso citare un’espressione di S. Ireneo, grande Padre della Chiesa: “Dov’è la Chiesa là c’è lo Spirito di Dio e dov’è lo Spirito di Dio là c’è la Chiesa ed ogni grazia (Adv. Haer. III, 24, 1). È proprio l’azione dello Spirito Santo che fa fiorire ogni forma di grazia e di carisma, proprio come è attestato nella seconda lettura di questa domenica (1Cor 12, 3-7; 12-13): “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito” (1Cor 12, 4), che li suscita solo per il bene della comunità. I carismi che non operano il bene della Chiesa certamente non vengono dallo Spirito Santo. Ma ritorniamo alla prima lettura che chiarisce ulteriormente questa “dimensione carismatica”, sottolineando un aspetto molto importante per la nostra identità di cristiani “cattolici”. Rileggendo la narrazione della Pentecoste, tratta dal libro degli Atti, emerge subito il fatto che gli Apostoli, pieni di Spirito Santo, parlano in diverse lingue; infatti, gli stranieri che in quel giorno erano presenti a Gerusalemme attestano che “ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua” (At 2, 6). Perché S. Luca cita questa caratteristica? Proviamo a rispondere evidenziando, nello stesso tempo, alcune verità della fede: il Cristo Risorto unisce ogni popolo e razza, lega etnie e culture, fa nascere altri credenti; sin dalla nascita, la Chiesa è e rimane “cattolica”, cioè “universale”: lo spiega il fatto che sin dalle origini essa parla tutte le lingue e presta fede al mandato che Gesù Risorto consegna agli Undici, quello cioè, di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le genti (Mt 28,19). La Chiesa che nasce il giorno di Pentecoste non è settaria o particolare, non è una federazione o un’unione di chiese ma, al contrario, è “Chiesa universale”, “cattolica”, che ancora oggi, proprio in virtù di questo fatto, fa sentire forte la sua voce ad ogni popolo e nazione. Nel giorno di Pentecoste – scrive ancora S. Luca – tra i popoli presenti a Gerusalemme sono menzionati anche gli “stranieri di Roma” (At 2,10), considerati pagani e, quindi, non ancora pronti a ricevere l’annunzio del Vangelo. Solo qualche anno più tardi, con l’arrivo di S. Paolo nella “città eterna”, la Parola di Dio, per un disegno provvidenziale, approderà anche nella bellicosa Roma, “Caput Mundi”, luogo in cui la Chiesa della Pentecoste raggiungerà la sua piena identità di “Chiesa Cattolica”. E così la pace di Cristo toccò anche il cuore turbolento dei romani ma essa bussa pure al nostro cuore inquieto e gli dice: “Shalom”, “Pace!” (Gv 20, 19.21). “Shalom” non è solo un saluto: è la pace che Gesù ci dona a prezzo del suo sangue; è il premio del suo combattimento contro lo spirito del male. È una pace, quindi, diversa da “come la dà il mondo”. Oggi è la festa di ogni cristiano: prendiamo coscienza che la Chiesa è “strumento di pace”, presente nel mondo attraverso la predicazione del Vangelo e i segni dell’amore. Celebriamo oggi la nascita della Chiesa Universale i cui membri sono il “proseguimento” del popolo ebraico: continuiamo ad incarnare in maniera più autentica la sua millenaria storia e la sua difficile missione. Illuminati dallo Spirito, la nostra preghiera diventi ancora più intensa, in comunione con la Vergine Maria, piena di Spirito Santo e Madre della Chiesa che certamente otterrà da Dio per tutti noi una abbondante effusione dello Spirito Santo. Amen.

Fra’ Frisina

Foto: perugiagiovani.net

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