È nella Pasqua che si rivela in pienezza la forza di Dio

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Signore, tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Il Salmo responsoriale di questa III Domenica di Quaresima (Sal 18) ci introduce pienamente alla comprensione del messaggio della liturgia odierna. La forza e la potenza della voce di Dio si manifestarono per la prima volta al momento della creazione del mondo, quando Dio pronunciò il principio di vita su ogni creatura: “Sia!” (cfr Gn 1, 3), disse il Signore, e chiamò all’esistenza ogni cosa.

Ma le letture bibliche di questa terza tappa del cammino quaresimale mettono in risalto un altro aspetto della Parola di Dio, quello che riguarda l’ordine morale, custodito questo, nelle Dieci Parole che Jahvè consegna agli israeliti per mano di Mosè sul Monte Sinai. Dei comandamenti dati ad Israele, la prima lettura di questa Domenica (Es 20,1-1) espone in modo particolare i primi tre, quelli della cosiddetta ‘prima tavola’: “Io sono il Signore, tuo Dio; non avrai altri dei di fronte a me. Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo”(Es 20, 2.7-8). Basilare, carissimi fratelli e sorelle, è il primo comandamento nel quale è sancita solennemente l’unicità di Dio: non ci sono altre divinità accanto all’unico Signore. Il “Dio invisibile”, colui che in nessuna immagine si sarebbe mai potuto rappresentare, si rivela e si fa conoscere nella Legge consegnata a Mosè. Attraverso la venuta di Gesù, lo stesso Dio si fa uomo, rendendosi visibile perché gli uomini potessero contemplare nella gioia la sua gloria.

Il dibattito storico e religioso circa la raffigurazione artistica delle immagini di Dio fu affrontato ampiamente nel corso del secondo Concilio di Nicea (787 d.C.). Questa storica assise chiarì definitivamente che per i cristiani la riproduzione artistica dell’immagine di Dio era considerata legittima, dal momento che il Dio invisibile si è fatto uomo attraverso l’Incarnazione di Cristo. Ma ritorniamo al Decalogo. Legato in maniera inscindibile al primo è il secondo comandamento che non indica solo l’abuso del nome di Dio ma anche il “mettersi in guardia” dal praticare il culto verso altri dei.

Pure per il terzo comandamento “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo” (Es 20, 8) la normativa è considerata particolare; essa trae origine direttamente dal riposo che Dio ha voluto concedersi al termine della creazione. Il seguito dei versetti, invece, ci descrive in maniera pressocchè sintetica gli altri comandamenti, quelli contenuti cioè, nella cosiddetta seconda tavola. “Signore, tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68), così abbiamo pregato nel Salmo e tutte le parole pronunciate da Dio nell’Antica Alleanza trovano pieno compimento in Gesù Cristo, Parola di Dio che si è fatta carne.

Nell’Antico Testamento la potenza creatrice di Dio in ambito morale si è rivelata perfettamente nella formulazione del Decalogo; nel Nuovo Testamento, invece, è la persona di Cristo stesso l’attuazione piena della legge morale: i cristiani, dunque, e assieme a loro tutti gli uomini di buona volontà, non osservano una legge scritta, piuttosto depongono la loro vita in quella di Gesù, osservando la legge del cuore, quella dell’amore. Accenno ad una verità che S. Paolo esprime con particolare efficacia quando scrive le sue lettere per la chiesa dei Galati e quella dei Romani: alla salvezza che si otterrebbe mediante l’osservanza della legge, l’Apostolo delle genti contrappone quella che si ottiene attraverso la fede in Cristo Gesù.

Oggi, invece, nella seconda lettura (1 Cor 1, 22-25) Paolo mette in risalto la potenza e la sapienza di Dio. Tali ‘facoltà teologali’, che Dio ha reso efficienti ed efficaci nel creare il mondo e l’uomo, questi fatto “a sua immagine e somiglianza” (Gn 1, 26), sono espresse pienamente nell’ordine morale. Esso, quindi, non sarebbe tale se non si ponesse a servizio del bene dell’uomo e della società e tale compito, gravoso e nello stesso tempo singolare, ci viene confermato nel Nuovo Testamento, nelle cui pagine è determinato con somma chiarezza il ruolo della morale al servizio della salvezza dell’uomo. L’acclamazione al Vangelo, infatti, ci dà un’ulteriore conferma: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 16), sono le parole che Gesù proferisce nel colloquio notturno con Nicodemo. Non solo i comandamenti, ma soprattutto Cristo è la fonte della vita eterna.

A questo punto volgiamo brevemente la nostra attenzione al Vangelo, nel quale è narrato l’episodio della cacciata dei venditori dal Tempio. La descrizione offerta da S. Giovanni è molto eloquente: da una parte c’è Gesù, che “scacciò tutti fuori del tempio” (Gv 2, 14-15) affermando di distruggerlo e di ricostruirlo in tre giorni, e dall’altra ci sono i Giudei e i Farisei. Il contrasto tra le parti è molto forte. Non avevano compreso – osserva S. Giovanni – che Gesù si riferiva al tempio del suo corpo, che sarebbe stato distrutto nella morte in croce ma che sarebbe risorto il terzo giorno. Infatti, “Quando poi fu risuscitato dai morti, – scrive l’Evangelista – i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla parola detta da Gesù” (Gv 2, 22).

Carissimi, è l’evento della Pasqua che dona pieno significato alle letture di oggi. È nella Pasqua, infatti, che si rivela in pienezza la forza di Dio, il cui Figlio Unigenito si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza. “Signore, tu hai parole di vita eterna”. Assieme a Maria tua Madre, noi crediamo che Tu sei veramente il Figlio di Dio e ti ringraziamo per averci dato la tua stessa vita divina. Amen.

Fra’ Frisina

Nell’immagine, dal sito cosedilino.blogspot.com, l’opera di Giotto, Resurrezione, 1303 – 1305; Padova, Cappella degli Scrovegni

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