DNA, le ricerche non sono idonee per la soluzione del ‘mistero’ degli Etruschi

DNA etruschi

DNA degli etruschi. Negli ultimi anni archeologi e genetisti hanno provveduto a compararlo con quello dei moderni toscani. Dopo di che, pressoché unanimemente, sono giunti alla conclusione delle origini autoctone di quell’antico popolo. Le radici genetiche degli antichi Etruschi avrebbero origine, secondo tali studiosi, nella precedente cultura Villanoviana.

In realtà, a parere di chi scrive, le ricerche sul DNA non appaiono idonee a ricostruire le origini esatte di una civiltà antica. Soprattutto per quanto riguarda l’identificazione delle classi politiche dominanti e la lingua ufficiale da loro imposta. Il problema della diversità della lingua degli etruschi, per ammissione degli stessi genetisti, infatti, non è stato risolto nemmeno dalle loro ricerche. Ma il metodo è sbagliato anche per quanto riguarda il loro complesso. Vediamo perché.

In Etruria come in Sardegna i ‘colonizzatori’ non hanno lasciato tracce genetiche

Spesso una cultura si diffonde e prende possesso del territorio grazie all’azione di élite dominanti e meglio organizzate. Il DNA dei loro diffusori sfugge ancora alle analisi, soprattutto per quanto riguarda i fenomeni preistorici e protostorici. Questo perché il DNA delle élite provenienti dall’esterno di un territorio si confonde nel mare magnum del genoma degli autoctoni[1].

Tale fenomeno si è chiaramente verificato nella vicina Sardegna dopo la conquista romana. Non sono emersi nelle analisi del DNA dei sardi attuali apporti genetici dei conquistatori romani. Eppure i Romani vi hanno introdotto la loro civiltà dal 238 a.C. sino alla conquista dei Vandali (anch’essi indo-europei). Nel frattempo gli autoctoni ne hanno interamente adottato la lingua. Il sardo, infatti, è tutt’oggi la lingua romanza più vicina al latino. Lo stesso fenomeno, con tutta probabilità – ma sempre a parere di chi scrive – dovrebbe essersi verificato in Etruria. Veniamo allora alle più recenti ricerche effettuate dai genetisti.

DNA degli etruschi, cosa rileva secondo Guido Barbujani

Uno degli studiosi che più si è speso, dal punto di vista della genetica, sul problema delle origini degli Etruschi, è stato il prof. Guido Barbujani. Lo abbiamo ascoltato in un convegno a Pistoia il 30 maggio 2010. Il convegno, tra l’altro, aveva come oggetto “Perché gli Etruschi non sono gli antenati dei Toscani”. Ma il professore si è diffuso anche sul problema delle origini genetiche dell’antico popolo, indipendentemente da quelle degli attuali Toscani.

Prioritariamente ad ogni discorso, si ritiene doveroso riconoscere l’onestà scientifica del prof. Barbujani. Ha infatti precisato che le ricerche effettuate si sono basate solo sul DNA mitocondriale degli antichi Etruschi. Cioè in linea materna. Una metodologia che, in altri casi, si è dimostrata più restia a rivelare gli apporti paleogenetici esterni di una popolazione. Il DNA paterno, invece, sarebbe stato più idoneo per tale tipo di ricerca. Ma più difficile da estrarre.

Detto ciò, Barbujani ha esordito affermando: «Oggi nessun archeologo ritiene che una popolazione emigri in massa da un punto A a un punto B». E nemmeno chi scrive. Il quale, come detto, ritiene che la civiltà etrusca sia stata diffusa da poche élite più civili e meglio organizzate della popolazione locale. L’inidoneità delle ricerche paleogenetiche a dimostrare ciò è evidente nelle successive analisi effettuate. Non solo, ma tali analisi hanno dimostrato anche alcuni errori dei sostenitori dell’autoctonia della civiltà etrusca.

Il DNA degli etruschi esaminato da tre prestigiose università

Nel 2021 è stato pubblicato uno studio delle Università di Firenze, Jena e Tubinga. Oltre alle riserve riconosciute dallo stesso Barbujani relative all’approccio “mitocondriale”, il campione ci appare insufficiente da altri punti di vista. I tre atenei hanno proceduto all’analisi del DNA mitocondriale di 82 individui vissuti in 12 località dell’Italia centrale e meridionale. Datazione del genoma estratto: tra l’800 a.C. e il 1000 d.C.

Il numero totale di 82 individui ci sembra un po’ “risicato”. Inoltre, più della metà del periodo preso in considerazione non è riferibile alla civiltà etrusca. La maggior parte è compreso tra l’Impero romano e il Medioevo. Solo 4, delle dodici località esaminate, hanno fatto parte della “dodecapoli” etrusca (Volterra, Vetulonia, Chiusi e Tarquinia). Le altre sono ubicate in campagna o all’interno, dove la presenza di élite ultramarine è, chiaramente, più rada.

Insomma, a parere di chi scrive, l’approccio è assolutamente inidoneo. Resta sempre in piedi l’ipotesi che nell’Etruria antica ci deve essere stata una penetrazione di élite. Un ceto imprenditoriale e una classe di sacerdoti e sacerdotesse proveniente dall’oriente. Un’élite maggiormente organizzata e più civilizzata che non ha avuto bisogno di imporsi anche dal punto di vista etnico.

Il DNA dei ‘Villanoviani’ aveva origini indo-europee

Il ridotto campione delle Università di Firenze, Jena e Tubinga avrebbe invece dato indicazioni sull’origine delle popolazioni pre-etrusche. Il loro patrimonio genetico, secondo gli studi, sarebbe derivato dai ‘cavalieri delle steppe eurasiatiche’: gli Yamnai. Tale popolo “indo-europeo” avrebbe cominciato a popolare la maggior parte del continente a partire dal 3000 a.C. In Italia sarebbe, giunto intorno al 1200 a.C. Sono costoro quelli che hanno accolto le élite orientali a partire dal 725 a.C. E ad esse si sottomisero, assorbendone la civiltà.

Paradossalmente, i recenti studi genetici hanno dimostrato che uno dei maggior sostenitori dell’autoctonia degli etruschi, Renato Peroni, abbia preso un abbaglio. Peroni, infatti, sosteneva che i “villanoviani” (cioè la popolazione pre-etrusca) non fossero indoeuropei. Per rispetto allo scomparso prof. Peroni, nessuno lo ha fatto notare. Lo fa oggi il cronista, per quanto può valere il suo modesto parere.


[1] Federico Bardanzellu, Gli antenati che vennero dal mare. Migrazioni e culture nella preistoria d’Italia, Trento, 2020, p. 12 e succ.ve

Foto di Angelika da Pixabay

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