Bojo e l’arte della diplomazia

La politica, si sa, è l’arte della diplomazia e dei compromessi; occorre sapersi esprimere con garbo ma anche con fermezza, essere equilibrati e scaltri, qualche volta accondiscendere contro voglia, altre impuntarsi. Insomma, occorre persuadere utilizzando le armi della ragione e delle parole.

La diplomazia serve per trovare un compromesso tra le persone, tra partiti o tra paesi, a tavolino e senza usare la forza, senza ricorrere alla guerra. È, quindi, un meraviglioso strumento, un’arte a servizio della pace e, come tutte le arti, richiede esperienza e capacità. 

Non ci si può improvvisare diplomatici, lo sanno bene i politici che la diplomazia devono studiare: la diplomazia è il loro strumento di lavoro. 

È, pertanto, ragionevole ritenere che a Boris Johnson sia sfuggito qualcosa e che nella sua testa alberghi una certa confusione sul suo ruolo e sul lavoro che è stato chiamato a svolgere.

Essere il Primo Ministro britannico non è un incarico che passi proprio inosservato nel mondo. Ancor di più in questo periodo, con le trattative di Brexit in corso da anni e, ormai, giunte alla fine.

Il 1 gennaio la Gran Bretagna sarà fuori dall’Europa, accordo o non accordo. E la seconda opzione determinerebbe un caos immenso, soprattutto per i britannici. Per questo la gran parte del paese e della politica vuole stringere un’intesa. E Boris ci sta lavorando da più di un anno con una metodologia tutta sua.

Cosa di preciso Bojo ed Ursula si dicano a Bruxelles non è dato sapere. Sappiamo solo che, ultimamente, all’esito degli incontri, l’Europa annuncia “Stiamo facendo grandi progressi” e Bojo informa il paese che “il no-deal è molto, molto probabile”.

Saranno, di certo, i trucchi della diplomazia, scaramucce a distanza per piegare l’Europa. Diplomazia.

Poi, però, sarà che la diplomazia richiede tempo, sarà che il tempo sta scadendo, sarà che Bojo è Bojo, eccolo lì che se ne esce con una mossa a sorpresa.

Il ministero della Difesa ha confermato che quattro navi da guerra di 80 metri sono state messe in allerta: se non sarà siglato un accordo, le navi saranno posizionate al confine delle acque territoriali britanniche per proteggerle dai pescherecci europei. Ordine di Bojo.

Che bel segnale distensivo da dare all’Europa, vero? Quale modo migliore di incardinare da subito ottimi rapporti di buon vicinato? 

La politica britannica si è espressa con toni molto severi nei confronti del Primo Ministro: Tobias Ellwood, collega di partito di Boris, ha definito “irresponsabile” la minaccia di schierare le navi da guerra; l’ex commissario dell’UE Chris Patten ha  direttamente accusato il primo ministro di comportarsi come un nazionalista inglese.

L’esternazione di Bojo ha risvegliato anche la Norvegia, paese che non è parte dell’Unione Europea ma che ha accordi di pesca con l’Europa: poiché l’uscita della Gran Bretagna avrà un impatto sugli accordi di pesca europei, impatterà anche sulla Norvegia. Per questo ha risposto che se non ci sarà un accordo e Boris schiererà le navi da guerra, troverà anche le navi norvegesi a proteggere la loro frontiera marina.

Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: il pesce.

Il mare britannico sembra essere pescosissimo ma i britannici non hanno industrie ittiche e la lavorazione del pesce avviene in Europa; i pescatori vogliono riappropriarsi del commercio ittico ed ignorano che vi siano quote di pesca vendute a paesi europei sin dagli anni 70.

In tutto questo, l’industria del pesce incide sull’economia britannica per poco più di uno zero per cento.

Secondo i dati dell’Office for National Statistics, omologo dell’Istat, nel 2018 la pesca valeva 784 milioni di sterline; il settore finanziario 132 miliardi.

Ma non c’è niente da fare: abbiamo scoperto che quando si tratta di pesce Boris non sente ragioni. 

Quei pesci, per alcuni britannici e per molti sostenitori del Primo Ministro, rappresentano l’indipendenza del Paese e la sua supremazia sui mari nazionali. Poverini: chi glielo dice che i tempi di Nelson sono finiti? Come gli si può far capire che, nel 2020, da soli, del loro mare e dei loro pesci non ci farebbero un bel niente? 

Sono ore cruciali per le trattative che rischiano di fallire per un pungo di pesci.

Bisogna essere diplomatici. 

Per fortuna c’è Bojo con la sua straordinaria capacità diplomatica.

Ci penserà lui a chiarire la situazione, prima o poi.

E se non vorranno capirlo, chissà, magari mobiliterà i carri armati. Diplomaticamente, of course!

Foto di Comfreak da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.