Allattare… fino a quando?

Il latte materno mantiene tutte le sue qualità finché l’allattamento prosegue; gli studi mostrano che il suo valore energetico e alcuni fattori protettivi aumentano dopo il primo anno. Per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di proseguire con l’allattamento materno, insieme ai cibi solidi, almeno fino alla fine del primo anno di vita. Inoltre, se il bambino si dimostra interessato e la madre lo desidera si può allattare fino ai due anni di vita e oltre. Il bisogno di succhiare è innato in ogni bambino. Tutti prima o poi abbandonano tale abitudine e quelli allattati al seno non differiscono da coloro che soddisfano questo bisogno con il ciuccio e il biberon. Tendiamo a pensare che sia l’adulto a dover imporre lo svezzamento, ma in realtà arriva un momento in cui è il bambino a perdere interesse a poppare: alcuni smettono verso l’anno di età, la maggioranza fra il secondo e il terzo anno di vita, altri ancora alla soglia della scuola materna. Le madri che scelgono di lasciare che sia il bambino ad abbandonare gradualmente il seno piuttosto che guidare lo svezzamento, hanno notato che nell’ultimo periodo di allattamento il bambino chiede di poppare soltanto saltuariamente, per pochi momenti, finché arriva il giorno in cui la cosa non lo interessa più. Non vi è alcuna evidenza scientifica che i bambini allattati oltre i primi mesi, una volta raggiunta l’età della scuola materna, differiscano psicologicamente da quelli che sono stati  alimentati e accuditi con il biberon, o manifestino maggiore dipendenza dagli adulti. Secondo numerosi esperti di psicologia infantile, aver fornito ai bambini in tenera età una solida base affettiva, soddisfacendo i bisogni di protezione e tenerezza, rafforza la loro sicurezza interiore e li rende in seguito più capaci di iniziativa e di autonomia.  

Ostetrica Angela Ricci  

Foto: blogmamma.it

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