I libri non sono solo libri: gli umanisti e la lettura

I libri non sono dei semplici oggetti di arredamento, e questo l’avevano capito bene gli umanisti. Essi sono i primi a comprendere come la lettura sia un dialogo che travalica il tempo, che unisce antichi e moderni. Vi è, nei libri, qualcosa di vivo di cui l’uomo è in affamata ricerca.

I libri e Petrarca

I libri sono spesso definiti da Petrarca come degli “amici segreti”. Si accontentano di un angolo della casa, non rifiutano nessuna domanda, “non mi danno fastidio, se ne vanno a un cenno, e richiamati ritornano”. Cicerone e Omero, vengono rappresentati dal Petrarca come suoi ospiti, con i quali è solito passare amabili pomeriggi.

Leggere è per lui una funzione vitale, come bere o mangiare. “Non mi sazio mai di libri” afferma infatti in una lettera scritta in vecchiaia, nella quale riconosce di essersi liberato di molte passioni, tranne di quella della lettura. Le altre ricchezze del mondo danno un piacere solo superficiale, mentre i libri dilettano nel profondo dell’animo, “parlano con noi, ci consigliano e si uniscono a noi con viva familiarità”.

Altri umanisti

Anche altri umanisti riprendono questa abitudine del Petrarca di personificare le proprie letture. Pensiamo a Giovanni Morelli, autore de “I Ricordi” in cui consiglia la lettura degli autori antichi almeno per un’ora al giorno. Questo esercizio arricchisce il nostro animo, e, secondo il Morelli, ci permette di conoscere “la ragione delle cose”.

Io mai men solo sono, che quando me truovo in solitudine” afferma invece Leon Battista Alberti, per cui la lettura è così importante da portare al discernimento del bene e del male, del vero e del falso. Essa è strumento per capire sé stessi.

Come non citare poi Machiavelli, per cui la lettura è il cibo “che solum è mio, e che io nacqui per lui”. Durante la lettura si dimenticano gli affanni, non si teme la povertà, “non mi sbigottisce la morte”. Ma perché gli Umanisti parlano in questo modo dei libri?

Libri come memoria dell’umanità

Con gli studi umanistici, cambia completamente la concezione dell’oggetto libro, che così tante volte viene trasfigurato sotto le sembianze di una creatura viva. È un’età di profonda trasformazione: muta la produzione, la diffusione e la conservazione libraria. Si sviluppa l’editoria, e nascono le grandi biblioteche umanistiche.

La biblioteca diventa il luogo sacro di un incontro fra antichi e moderni, dove si celebra il rito della lettura. Moderni santuari, in cui il sapere viene conservato e trasmesso al mondo, in cui la luce delle vite degli uomini del passato permane. I libri ricordano ciò che noi non possiamo ricordare, e non parlano solo alla nostra intelligenza – dice il Decembrio – ma al nostro cuore.

Strumento di fratellanza

Gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra possono incontrarsi e dialogare, nei libri. Questi sono quindi uno strumento di fratellanza: permettono l’unione universale fra gli uomini. I libri conservano la coscienza dei popoli, le radici dell’essere umano.

L’uomo insegue la libertà, per questo legge. La diffusione della cultura serve alla liberazione umana, perché soltanto attraverso di essa l’uomo può davvero conoscere il mondo e sé stesso. Per questo motivo, obiettivo degli umanisti, a partire da Petrarca, sarà costruire una biblioteca pubblica, in cui tutti gli uomini possano saziare la propria fame di sapere, e di libertà.

I libri per Bessarione

Il cardinale Bessarione, importante umanista del ‘400, donò la sua immensa raccolta libraria a Venezia, per l’edificazione di una biblioteca pubblica. Nella lettera di donazione, il Bessarione specifica di aver cercato libri per tutta la vita, in particolare libri greci. Dopo la caduta di Bisanzio nelle mani dei Turchi, infatti, l’unico modo per salvare la cultura bizantina era salvarne i libri.

Afferma di aver avuto un “timore gravissimo che in breve tempo andassero distrutti tanti libri insigni, tante fatiche e tante veglie di uomini sommi, tanta luce di questo mondo”. Bessarione aveva compreso che lo spirito dell’umanità dimora nei libri. Da essi promana una luce che andava messa in salvo.

Uomini, non libri

I libri, quindi, non sono solo libri. Dietro di essi ci sono persone, e ci sono le loro vite. Gli umanisti sono stati i primi a capirlo, a capire che in essi era racchiusa l’humanitas, ciò che rende l’uomo tale. Attraverso la frequentazione e il colloquio con i libri – quindi con tante vite diverse – possiamo imparare qualcosa in più sull’essere umani. Conoscere noi stessi, riscoprirci fratelli, trovare la libertà.

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