USA in fiamme ma Trump non fa il pompiere

Chissà se il regista di Joker aveva immaginato che le scene finali del suo film, con la città in rivolta,  fiamme e distruzione sarebbero diventate realtà.

E quello che sta succedendo negli Stati Uniti.

 Dopo la morte di George Floyd, un uomo di colore disarmato,  in “custodia” di alcuni agenti della  polizia di  Minneapolis sono esplose le manifestazioni di protesta, con gravi disordini in decine di città americane da Los Angeles a New York da Chicago a Boston.

Anche a Washington, da giorni la Casa Bianca è circondata da manifestanti.

Accanto a manifestazioni di semplice protesta, altre  si sono risolte in adunate caotiche, ma soprattutto in saccheggi e distruzioni.

Tutto corredato come giusto che sia da Selfie e riprese con i telefonini.

Non più solo rivolte in alcune aree depresse, come successe a Los Angeles nel 1993, che videro scontri anche tra le diverse minoranze, ma in questi ultimi giorni per la prima volta sono stati attaccati e devastati anche i centri delle città.   

Quindi non solo una protesta degli afro-americani, che da sempre si considerano vittime di soprusi della polizia e di un sistema discriminatorio,  ma una partecipazione di molti altri cittadini, per lo più giovani che si sono scatenati in violenze e saccheggi.

Il dilemma della violenza della Polizia

Un’analisi del Washington Post ha evidenziato come dall’inizio del 2015, 4.728 persone in tutto il paese sono morte nelle sparatorie con polizia e circa la metà – 2.385 – erano bianche. 1.252 erano neri, 877 erano ispanici e 214 appartenevano ad altri gruppi razziali.

Sembrerebbe quindi che sia la popolazione bianca maggiormente vittima della polizia. Se invece si considera che la percentuale degli afroamericani è del 13%  sulla polpolazione complessiva, questo dimostrerebbe come la popolazione di colore rimanga vittima del doppio rispetto agli americani bianchi.

Ovviamente questi dati non tengono conto del contesto criminale,  in cui avvengono questi scontri con la polizia.

Ma è anche chiaro che la massiccia presenza di armi legalmente o illegalmente detenute,  gli scontri armati tra gang, le stragi commesse nelle scuole confermano,  come la società americana sia intrisa di violenza.

Crisi economico-sociale e lockdown

Gli USA si trovano in un momento particolarmente esplosivo, nel bel mezzo di una pandemia che ha già ucciso più di 100.000 persone, un dato complessivo simile a quello europeo, un aumento della disoccupazione dovuta anche al lockdown,  e a pochi mesi dal più importante evento elettorale. L’elezione del Presidente degli Stati Uniti.

Non aiutano a calmare la situazione  le esternazioni del Presidente Trump. Prima ha definito la morte di Floyd una “grave tragedia” che “non sarebbe mai dovuta accadere”. Ma subito dopo tramite Twitter ha  minacciato che se le rivolte non fossero cessate avrebbe potuto invocare il l’“Insurrection act” ovvero la possibilità di far intervenire l’esercito in supporto della Polizia. In alcuni casi è già stata schierata.

Ha chiamato i manifestanti “THUGS”  (teppisti) e ha avvertito che “quando inizia il saccheggio, inizia caccia“, anche se in seguito ha detto di non aver usato quella frase come una minaccia. Sono molti, anche all’interno del Partito Repubblicano,  che criticano il presidente accusandolo “di aumentare la temperatura”, che è “l’opposto” di ciò che un leader dovrebbe fare in questo momento.

Trump tramite twitter ha accusato con il termine “antifa”(antifascist) quei gruppi molto simili ai “black bloc” europei che pare siano i promotori delle proteste più dure ma soprattutto pronti ad atti di vandalismo.

Secondo molti commentatori la strategia “dura” di Trump punta a guadagnare consensi in quei settori dell’elettorato che si sente minacciato dalla violenta protesta di questi giorni.

E anche vero che in questo momento Trump è sceso fino a dieci punti di distacco rispetto a Biden,  un divario che se venisse confermato nel tempo non darebbe nessuna speranza a Trump di essere rieletto.

D’altro canto Joe Biden il candidato democratico non sembra in grado al momento di contrastare almeno a livello mediatico le prese di posizione di Trump. 

Obiettivamente tra la violenza verbale di Trump, ed il poco appeal di Biden gli USA sembrano mancare di una vera leadership politica che possa essere ascoltata.

A proposito di Biden. Pur essendo considerato il candidato ufficiale del Partito Democratico non  non ha ancora acquisito i 1991 delegati necessari  per metterlo ufficialmente in testa alla nomination.  Tutto dovrebbe concludersi nelle prossime tornate elettorali.

Rivolte di piazza e pandemia Covid permettendo.

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