Sanremo 2020: meno male che Achille Lauro c’è!

Ragazzi, che serata ieri! 

Ho visto cose che in settant’anni di Festival non avevo nemmeno sognato, anche perchè non ho nemmeno 70 anni ma è un dettaglio.

Voi eretici che “quando c’è il Festival cambio canale” restate qui un attimo perchè in poche righe vi spiegherò tutto.

Sanremo, si sà, è canzoni ma è anche spettacolo e Amadeus è riuscito a dare il giusto spazio ad entrambi. Ed ha avuto una spalla eccezionale.

No, non si tratta di Fiorello: con il solito stile da animatore di villaggi turistici, il mattatore siciliano ha aperto la serata in abito talare ed è apparso in qualche intermezzo. Allegro, simpatico ma non lascia il segno.

Dopo tante polemiche sulla dichiarazioni pre Festival di Amadeus, che per colpa di una espressione infelice si è tirato addosso le critiche delle donne, sono apparse due delle quattro accompagnatrici… no, così non si può dire che si crea confusione, vallette no, è riduttivo… sono apparse due delle dieci bonazze parlanti che nel corso delle serate affiancheranno il presentatore ed allieteranno gli spettatori: la bionda e la mora. 

Sono due bellezze molto diverse: una indossa l’abito del cartone animato La bella e la bestia, l’altra sfoggia abiti da fiaba; una, con la sua vocetta acuta, si lancia in un monologo che non interessa nemmeno sua nonna (letteralmente, perchè nonna siede in prima fila e nel suo sguardo si legge “ma che stai a dì?”), l’altra racconta la vita disperata della madre e di donne sfortunate, ha una voce stentorea ed una forte presenza scenica. Alla fine ci si domanda la stessa cosa: perchè stanno qui queste due? Una è decisamente inutile, l’altra, Rula Jebreal, non è adatta a presentare canzoni. 

E non sono state loro la spalla forte di Amadeus.

Tiziano Ferro, sempre elegante e composto, sbaglia le ultime battute di “Almeno tu nell’universo” e piange disperato. Non è di gran supporto per Amadeus, che lo deve consolare. Resta l’omaggio a Mia Martini che, se avesse ricevuto in vita una sola frazione del plauso che sta ricevendo da morta, forse sarebbe ancora tra noi.

La violenza sulle donne è il cuore di questa serata, chiusa da Jessica Notaro, sfregiata con l’acido dal codardo che aveva per fidanzato ma indomita nell’animo.

E poi ci sono le canzoni in gara.

Quest’anno i big sono 24 e ieri sera hanno cantato i primi 12. Ed è tra questi dodici che si annida la vera ed unica spalla di Amadeus.

Come ogni Sanremo che si rispetti, la classifica parziale non rispetta nemmeno in parte le mie previsioni.

Diodato è arrivato al terzo posto. Io quando ho sentito la sua canzone ho pensato che stesse cantando quella dell’anno scorso.

Elodie si è piazzata al secondo posto. Io, mentre cantava, cercavo Mahmood e, di nuovo, mi sembrava il Festival del 2019.

Al primo posto Le Vibrazioni. Io, mentre cantavano, annotavo: canzone senza senso. Ci prendo, eh?

Comunque sia, qui la giuria demoscopica la faccio io ed ecco i miei vincitori della prima serata del Festival.

Al terzo posto Rita Pavone: ha 74 anni, si muove con una scioltezza che io ho solo nei miei momenti migliori, veste disinvolta come uno zingaro di Suburra e canta con un’energia incredibile. La canzone è quel che è ma non è che competa con chissà quali talenti. 

Al secondo posto Morgan e Bugo: “volevo fare il cantante delle canzoni inglesi così nessuno capiva che dicevo” ripetono e mi sento di rassicurarli, anche cantando in italiano hanno raggiunto lo scopo, ma il ritmo è divertente e loro sono pittoreschi, Morgan vestito da lillipuziano, Bugo da torero… che poi chi è Bugo non lo so ma insieme, il lillipuziano ed il torero, piacciono.

Al primo posto, non sento ragioni e non c’è spazio per polemiche, c’è lui, cantante decente e performer eccellente: Achille Lauro

È lui e solo lui la grande spalla di Amadeus.

Perchè fino alla sua apparizione, questo Festival scorreva forse troppo sobriamente.

Poi è apparso Achille, in cima alla scalinata, e la cosa più sobria che indossava erano i tatuaggi in faccia: vestiva una cappa ricamata d’oro, sembrava un misto tra un sacerdote egizio e un frate.

Ha sceso le scale, scalzo, si è fermato al centro del palco ed ha iniziato a cantare quasi dimesso. Ad un tratto la musica è rimasta sospesa un attimo ed in quell’attimo tutto è cambiato: Achille si è strappato la cappa di dosso ed è rimasto seminudo, tatuaggi e capezzoli in bella vista, coperto solo da un attillato body dorato, ed ha dato iniziato a gridare la sua canzone. 

Eccolo, è lui la vera spalla di Amadeus: con quel modo scanzonato di muoversi, questo ragazzo pressochè nudo al centro dell’Ariston, palco di abiti sontuosi e monologhi strappacore, ha catalizzato l’attenzione su di sè, sulle luci, ha cantato e divertito. 

Da lì in poi è stato impossibile staccarsi dal Festival. 

Perchè va bene fare i dotti e gli impegnati, va bene preoccuparsi di violenze e tragedie, ma Sanremo è spettacolo, è allegria e se non ci fosse stato Achille Lauro, bè, tra la nonna della bonazza parlante bionda ed il lungo monologo di Rula, insomma, non si dovrebbe dire, ma che palle! 

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