Banksy a Croydon: l’arte in vetrina

Non si sa chi sia, il suo vero nome resta un mistero, il suo volto non lo conosce nessuno ma le sue opere appaiono lungo le strade di tutto il mondo. 

Definire la sua arte è difficile: scrive sui muri delle strade ma questo non fa di lui un graffitaro, anche se viene considerato il maggior esponente della street art

Dipinge su tela, ma questo non fa di lui un pittore, anche se i suoi quadri sono stati venduti per milioni di euro. 

È Banksy. Ed è un genio.

Anche chi pensa di non conoscerlo, in realtà ha visto alcuni dei suoi disegni: la bambina che lascia volare un palloncino a forma di cuore, ad esempio, è nota quasi a chiunque.

Dipinto con uno stencil, la bambina con il palloncino è apparsa, per la prima volta, a Londra nel 2002, la firma “Banksy” e una scritta bianca: “there is always hope”, c’è sempre speranza. 

Quel disegno è diventato un simbolo che Banksy ha dipinto in quartieri periferici di Londra o ha utilizzato per eventi particolari, come nel 2014 per l’anniversario della guerra in Siria, con l’hashtag #WithSyria e, più di recente, nel 2017, alla vigilia delle elezioni in UK, quando trasformò il palloncino nella bandiera britannica.

La bambina con il palloncino è diventata così famosa che, battuta all’asta, è stata acquistata per oltre un milione di sterline. Pochi secondi dopo l’aggiudicazione, il disegno si è autodistrutto: Banksy aveva inserito all’interno della cornice una sorta di tritacarte che, azionato in remoto, ha dilaniato il disegno. Da sempre, infatti, Banksy si è detto contro la commercializzazione dei suoi lavori, perchè l’arte deve essere accessibile a tutti.

Forse per questo disegna sui muri: perchè tutti possano leggere i suoi messaggi.

Così su un muro di Brighton due poliziotti si baciavano: erano due uomini ed il messaggio era chiaro.

Ed era chiaro anche il messaggio del ragazzo con il volto coperto da una sciarpa, come un guerrigliero, che, però, lanciava un mazzo di fiori; e quello del topo dispettoso, che giocava con la palla sotto un cartello di divieto; o quello di un uomo che, in cima ad una scala, prendeva a martellate una delle stelle della bandiera europea. Per non dire della pittrice turca Zhera Dogan, arrestata in Turchia per i suoi disegni, che si affacciava dalle sbarre, fatte di matite, di un muro di New York; o della colomba che volava con un rametto di olivo nel becco, indossando un giubbotto antiproiettile, su di un muro di Betlemme. 

È dagli anni 90 che Banksy appare, con un graffito, quando è opportuno risvegliare le coscienze: sul muro che divide Israele e Palestina una bambina volava appesa a dei palloncini per superare la barriera mentre dei bambini aprivano un varco, con una paletta da spiaggia e, dall’altra parte, scoprivano il mare; un incappucciato del KKK penzolava da un cappio su di un muro dell’Alabama; a New Orleans l’ombrello di una bimba sembrava sciogliersi sotto la pioggia; un topo, sui muri di diverse città americane, impugnava un pennello e, guardando chi gli sta davanti, diceva “Sono fuori dal letto, vestito. Cos’altro vuoi?”.

Il topo obbediva alle regole, Banksy no. 

Non è stato invitato alla Biennale di Venezia e lui ci è andato lo stesso. Proprio lui, dicono i bene informati, si è piazzato a Piazza San Marco, come un pittore qualsiasi, ed ha esposto la sua opera: un quadro puzzle, composto da tanti quadri, che ritraeva un’enorme nave da crociera che attraversa il Canal Grande. Titolo: “Venice in oil”, dove oil sta per l’olio della tela ma anche per benzina. I vigili hanno notato quel pittore senza autorizzazione e lo hanno allontanato. Ancora una volta, nessuno ha visto la faccia di Banksy ma il suo messaggio è arrivato chiaro.

E adesso, a Londra, ha aperto un negozio. Anzi, in realtà non lo ha aperto, perchè le porte del Gross Domestic Product – tradotto, Prodotto Interno Lordo, così Banksy lo ha chiamato – sono rimaste sempre chiuse: solo le vetrine sono state riempite con le sue opere.

Croydon è un quartiere di quelli “difficili”, a sud di Londra, dove la ricchezza della finanza non ha portato benessere e dove, la notte, puoi incontrare gangs di ragazzini armati di coltello, figli di un disagio sociale che sorprende in un paese che sembra offrire opportunità a tutti.

Proprio qui, in questo quartiere che sta cercando di cambiare, Banksy ha “aperto” il suo negozio, esponendo un sunto del suo pensiero, offrendo uno stimolo per riflettere. Forse è anche un modo per monetizzare l’arte, visto che era possibile acquistare online alcune opere. 

Quale siano le ragioni, è il messaggio che conta: l’arte accessibile a tutti, come veicolo di pensieri.

Nelle vetrine di Banksy c’è una culla ripresa da decine di telecamere; c’è un registratore di cassa abbandonato tra i resti di una civiltà scomparsa, dove alcune farfalle sono l’unico segno di vita; “la vita è troppo breve per rimanere a letto”, dicono i cuscini su di un divano, in una sala dove dei pulcini seguono una mamma oca che è una confezione di detersivo per pulire il water; in un’altra vetrina, una borsetta da donna, fatta con un mattone, promette di essere utile “se devi tirarla in faccia a qualcuno” e, comunque, “potrebbe non essere meno pratica di molte di quelle prodotte dalle case di alta moda”. 

Non si deve necessariamente condividere il pensiero di Banksy, si deve pensare: non è questo lo scopo dell’arte, far riflettere? E, magari, risvegliare le coscienze? Missione difficile in un mondo che, ascoltando Greta, la ragazzina con le trecce, si preoccupa più di chi la muove e la finanzia che non del messaggio che sta veicolando. 

Quanto a Banksy, non occorre scervellarsi per trovare la risposta: un suo quadro è stato appena venduto per oltre 10 milioni di sterline. I finanziamenti li trova da sè. 

Il suo negozio chiuso rimarrà “aperto” per poco: è temporaneo e le vetrine verranno presto svuotate.

In quel quartiere dove la gente ha bisogno di prospettive positive, in questa città, Londra, che ha bisogno di ricordare che il denaro non è tutto, resteranno dei locali vuoti, da riempire di nuovi progetti. 

Anche questa è l’arte di Banksy: indicare una strada. 

Poi, percorrerla, resta una scelta.

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