Il cristiano ha sempre una ragione per gioire

Lc 15, 1-32-Il cristiano ha sempre una ragione per gioire, soprattutto quando nel corso della Celebrazione Eucaristica sperimenta che il Signore Gesù si manifesta in maniera vera, reale e sacramentale: nella Liturgia della Parola, infatti, Egli ci parla e al momento della Comunione, offrendosi come cibo, Egli ci fortifica con il suo stesso Corpo. Rivelandoci la sua mistica presenza, il Signore ci insegna ad amare e a vivere; e quanto è difficile, oggi, amare e vivere bene!

Desideriamo tanto avere a portata di mano il segreto dell’amore e non ci accorgiamo che esso è custodito in ogni pagina del Vangelo. Solo Cristo è la nostra gioia, tutto passa, solo il Signore rimane per sempre. Questo è l’annuncio principale che risuona forte in questa IV Domenica di Quaresima. Il Vangelo di oggi (Lc 15, 1-32) narra di un padre e di due figli, ciascuno con un progetto di vita differente. Dalla trama raccontata da Luca si evince che i due i figli sembrano vivere in pace, sono contadini benestanti e, perciò, con un tenore di vita piuttosto agiato. Ma il figlio più giovane, assapora presto l’insoddisfazione di questa vita: “Voglio essere realmente libero – egli pensa legittimamente – vivere lontano da Dio e da mio padre; avere la vita e i suoi piaceri tutta per me”. Il desiderio di libertà lo spinge a chiedere e a riscuotere dal padre l’eredità che gli spetta; quindi, lascia la casa paterna e parte per un paese lontano.

Una lontananza questa, che è da interpretare, sì, geograficamente ma che chiaramente indica anche un allontanamento interiore; questo figlio, infatti, vuole dare ai suoi giorni una svolta importante. Giunto a destinazione, tutto sembra andare secondo le sue aspettative, ma col passare del tempo riconosce subito quell’insoddisfazione lasciata apparentemente nella casa paterna. Subentra un vuoto ancora più inquietante e, quindi, il giovane si allontana sempre più: ogni cosa diventa un nonsenso e sperpera tutto il patrimonio ereditario tanto che il suo tenore di vita si fa simile a quello dei porci. Il profondo disagio lo scuote: rientra in se stesso, riflette ed ammette che questo tipo di vita non gli appartiene: inizia, così, un nuovo cammino di maturazione umana e, mosso dal bisogno, decide di ritornare al suo vecchio domicilio, consapevole di saper distinguere il “vivere” dal “non vivere”.

Inaspettatamente, il padre, che precedentemente era stato abbandonato, gli corre incontro, lo abbraccia con tutto il suo amore e gli offre persino una grande festa, segno questo, che la vita, in quella casa, può ricominciare come prima e meglio di prima. È il lavoro, l’umiltà, la disciplina quotidiana che crea le condizioni utili per realizzare la festa vera della vita; un’esistenza vissuta senza Dio, carissimi, rivela uomini che boccheggiano la loro storia senza un perché, privi dell’essenziale, mancanti di luce e di gioia. Il figlio giovane lo sa bene. Anche il figlio maggiore, rimasto a casa con il padre e pieno di invidia, deve “ritornare a casa”, decidersi cioè, di rivedere una volta per tutte il significato del suo vivere e di capire bene che si vive sereni solo stando a contatto con Dio, con la sua Parola e, quindi, nella comunione con i propri familiari.

E noi, oggi, abbiamo il coraggio di applicare questo Vangelo alla propria vita? La nostra situazione di figli o di padri è certamente diversa da quella dei nostri protagonisti. In ogni caso, tutti siamo interpellati a verificare il nostro cammino interiore, illuminandolo alla luce del Vangelo. Cosa ci comunica la Parola di Dio di questa Domenica? Il Vangelo di oggi ci aiuta a leggere meglio l’identità di Dio e qual è la misura del suo amore per noi. Ma la parabola ci aiuta anche a capire chi è l’uomo: egli non è una monade, non vive cioè, solo per se stesso; al contrario, egli è stato creato per vivere con gli altri, è “immagine di Dio”, capace di compiere il bene liberamente ma anche di sbagliare e di sposare la causa del male.

Qui entra in gioco la nostra libertà che possiamo intendere in due modi: come un trampolino di lancio utile per tuffarsi nelle profondità oceaniche della bontà divina, oppure come un piano inclinato a causa del quale possiamo scivolare inesorabilmente nell’abisso del peccato e del male, perdendo così anche la nostra bella dignità.

Carissimi, siamo in Quaresima, il tempo forte durante il quale la Chiesa ci aiuta a percorrere il cammino interiore, invitandoci alla continua conversione; prima di essere uno sforzo per illuminare alla luce della fede i nostri comportamenti, la conversione è soprattutto una reale opportunità per rialzarci e ripartire, abbandonare di nuovo il peccato e scegliere di ritornare ancora una volta da Dio. “Percorriamo insieme questo cammino di vera purificazione interiore”. Questo vuole essere l’impegno che vogliamo rafforzare mentre, in comunione con alla Chiesa, entriamo nel cuore dei giorni quaresimali.

Ogni volta che in questi giorni avremo la possibilità di prendere parte all’Eucaristia, chiediamo al Signore la grazia di ricevere il suo amore e di testimoniarlo con una condotta di vita semplice, come fu quella di Gesù; ritorniamo a Dio con l’atteggiamento del figlio prodigo; abbandoniamo l’invidia e l’egoismo del figlio maggiore, chiudiamo il cuore alle incomprensioni e, imitando il padre misericordioso, apriamolo all’accoglienza e al perdono dei nostri fratelli. Ci ottengano questo dono Maria e Giuseppe; lo invochiamo da loro per tutti noi e per le persone a noi care. Amen.

di Fra’ Frisina

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