Possiamo sperare in un rinnovamento morale perseguendo prima un vero rinnovamento spirituale

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Che sarà mai questo bambino?” (Lc 1,66). Questa era la domanda di coloro che avevano sentito parlare della nascita del Battista: Dio, infatti, precedentemente aveva reso fecondo il grembo sterile di Elisabetta e a Zaccaria, padre del bambino, aveva ridonato l’uso della parola. E a questa domanda, l’evangelista Luca fa seguire un’espressione di meraviglia: “Davvero la mano del Signore stava con lui” (Lc 1,66). Con questa mano, Dio aveva chiamato Giovanni “sin dal grembo di sua madre” per compiere una missione particolare (cf Is 49,1); questa stessa mano veglierà su di Lui per il resto dei suoi giorni.

Il Vangelo, quindi, si conclude con un versetto che delinea in breve la figura morale e spirituale del Battista: “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1,80). L’ambiente di Giovanni, dunque, è il deserto: casa del silenzio per ascoltare meglio la Parola di Dio; il luogo migliore per fuggire al chiasso degli uomini e per riscoprire l’intimità con il Signore; casa della solitudine, utile per incontrare se stessi e la propria coscienza. Il deserto di Giovanni, quindi, non è un luogo di svago ma per compiere grandi scelte di vita: qui, Giovanni, comprende la sua vocazione e pone le basi per la sua missione. Ed è in queste regioni deserte che matura la sua personalità: “Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito” (Lc1,80). L’accento è posto sulla fortezza perchè si anticipa qui ciò che più avanti Gesù dirà, rivolgendosi alle folle: “Allora che cosa siete andati a vedere (nel deserto)? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta” (Lc 7,25-26). Ma qual è la missione di Giovanni il Battista? Per scoprirla, leggiamo il brano degli Atti degli Apostoli (13,22-26) che la Liturgia ci propone quest’oggi e che narra il discorso di Paolo nella sinagoga di Antiochia di Pisidia. È interessante notare come in questi versetti faccia un sintetico riferimento alla storia della salvezza, di cui Gesù Cristo morto e risorto è il centro. Due versetti, dunque, descrivono la missione di Giovanni, sufficienti per coglierne un duplice aspetto: “Giovanni aveva preparato la sua venuta” (At 13,24) ecco il motivo principale per cui a buon diritto possiamo definire Giovanni come “il Precursore”. Ma lo è anche perché ha battezzato Gesù; lo è ancora di più perché ha annunciato la Parola di Dio, additandoLo alle folle come l’unico Salvatore: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1,29). Tutta la predicazione di Giovanni, infatti, è finalizzata a Cristo e a farlo conoscere. Al centro del suo annuncio sta Cristo: “Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3,29-30). Anche noi dovremmo dire con S. Ambrogio, “Cristo è tutto per noi” (De Virginitate 16,99): sì, Cristo è al centro della nostra storia e della storia del mondo! Tuttavia, mentre testimoniamo con gioia questa meravigliosa certezza, ci rattrista sapere che tantissimi fratelli che si dicono ‘credenti’ dimenticano questo primato e vivono, ahimè, come se Cristo non esistesse! Ma se questo accade nelle nostre comunità cristiane, che cosa dire allora dell’intera famiglia umana? La tristezza si fa veramente grande, perché il rifiuto di Cristo nel pensiero e nel costume compromette seriamente alcuni valori fondamentali della convivenza civile. Si può ancora promuovere, senza Cristo, la sacrosanta dignità della persona e i suoi diritti – soprattutto quelli dei piccoli, dei deboli – se il fondamento di questa dignità e di questi diritti si poggia solo su Cristo? Sì, solo su Cristo, perché l’uomo, senza scinderlo dalla sua verità immanente, è viva immagine di Cristo stesso. Senza Cristo, sarebbe possibile abbattere definitivamente l’egoismo, l’individualismo, l’odio e le divisioni, se solo in Cristo riusciamo ad intessere rapporti autenticamente umani, rapporti cioè, improntati sull’amore che perdona? Sì, solo in Cristo: perché è Lui l’unica fonte della misericordia ed è la forza insostituibile di una convivenza umana veramente ordinata, giusta, libera, solidale e pacifica. Giovanni Battista, quindi, continua ancora oggi la missione di Precursore, preparando la via a Cristo ed aprendo il cuore dell’uomo ad accoglierLo veramente.

Con quali metodi S. Giovanni ha preparato la via a Cristo? S. Paolo, nel discorso che stiamo commentando, dice: “Predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d’Israele” (At 13,24). La sua voce, dunque, è un appello incessante alla conversione, e quindi all’alto valore della responsabilità, personale e comunitaria. Il battesimo che egli predica non è un rito magico, ma un “battesimo di conversione”, l’inizio cioè, di un capovolgimento del cuore e della vita. Il Battista è un predicatore forte, Egli parla senza mezzi termini e va direttamente all’essenziale. Chiama le cose per nome e smaschera ogni forma di ipocrisia. Forse anche per questo ha tanta presa sulla gente. Egli ci parla di radicalità da applicare alla vita concreta perché il suo monito “Fate opere degne della conversione” (Lc 3,8) è ancora valido. Tutti desideriamo un rinnovamento capace di raggiungere ogni settore della società: ma quale novità possiamo sperare se prima ancora di un rinnovamento morale non si persegue un vero rinnovamento spirituale? Per questo l’attualità di S. Giovanni Battista è straordinaria. Oggi, abbiamo bisogno del suo esempio di amore fedele e appassionato alla verità, della sua obbedienza alla legge di Dio, della sua coerenza che rifiuta conformismi e non rifugge dal pericolo dell’isolamento? Sono certo che sì! Sì, ne ha bisogno la Chiesa, l’uomo, soprattutto oggi.

frà Frisina

foto: aperto.gdspinacotecabo.it

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