Roselina Salemi: “Per me scrivere è come respirare”

Roselina Salemi è una scrittrice e giornalista. Ha iniziato la sua attività con il “Giornale del Sud” di Giuseppe Fava. E’ stata inviato del settimanale “La Domenica del Corriere”. Ha lavorato alla “Repubblica” e al“Corriere della Sera”.  Per tre anni è stata direttore del settimanale “Anna”. Vive a Milano, scrive sceneggiature cinematografiche e televisive, collabora alla “Stampa”, How to spend it supplemento del  Sole 24 Ore, D. Repubblica , Io Donna , e molti altri settimanali: Effe, Tu style, Elle, Gioia. E’ romanziera e saggista.

Roselina, che cosa è la scrittura per te?

Per me scrivere è come respirare, bere, mangiare. E’ un’espressione naturale. E’ il mio passatempo, il mio sonnifero, il mio antidepressivo. Per dormire mi racconto delle storie. E’ così da quando ero bambina, in quinta elementare, e non so bene perché. So solo che le cose che scrivo sono già scritte, da qualche parte dentro di me. Mi sorprendeva sempre la velocità con cui i pensieri desideravano uscire, certe volte leggeri ma insistenti come sciami di farfalle su un vetro. Cercavo di essere sempre più veloce con la macchina da scrivere, ma non lo ero mai abbastanza, non quanto veloce, o i miei pensieri, non quanto le e le storie. O forse scrivo per lasciare una traccia di me: il più banale, il più antico dei motivi.

Hai avuto dei fari culturali? Quali?

Sono onnivora, ho letto e leggo di tutto. Amo le scritture pure, pulite, senza fronzoli di Sciascia , di Calvino e dell’ultimo Philip Roth (quello di Everyman), ma amo anche (adesso un po’ meno di un tempo) la prosa fluviale di sudamericani come Gabriel Garcia Marquez e Joao Guimares Rosa. Vorrei aver scritto “La cripta dei cappuccini” e invece l’ha fatto Joseph Roth . Tra le mie scrittrici preferite c’è Margareth Atwood. Adesso tutti la scoprono per suoi romanzi distopici, io la leggo da diciotto anni. In particolare il mio libro preferito è “L’assassino cieco”. Credo di aver imparato molto da tutte queste letture.

Quanto incidono in te le radici siciliane?

La Sicilia lascia un’impronta genetica, è difficile da spiegare. Io in Sicilia non ci sono nata, ma è come se lo fossi. Mia nonna, le sue storie, i suoi decotti contro il mal d’amore, le erbe selvatiche che mi ha insegnato a raccogliere, l’estate in campagna , quando le spighe di grano Russello erano più alte  di me e  io camminavo in quella giungla dorata tra papaveri e fiordalisi, sono tra i ricordi più vivi. Il paese di mia nonna, Rosolini, non ha niente di speciale e proprio per questo è quasi sudamericano, appartiene a un tempo sospeso. Ci può essere qualcosa di siciliano nel mio modo riguardare le cose: fatalista, aperta alla natura, al magico, all’inspiegabile che ho visto con i miei occhi.

Di recente hai scritto un libro – a quattro mani con Januaria Piromallo – dal titolo I mariti inutili, sottotitolo “Corso femminile di sopravvivenza alla vita di coppia”. Un manuale graffiante ed ironico sulla vita di coppia di grande attualità. Ce ne parli?

Il libro che ho scritto con Januaria Piromallo,” I mariti Inutili” è un romanzo-manuale dissacrante sulla coppia, su come sono fatti gli uomini su quello che le donne si aspettano (mediamente troppo), su quello che è oggi il mercato del desiderio: una domanda/offerta di bellezza e giovinezza. Le storie che ci sono dentro, anche buffe (il corso per geisha, la follia dei ringiovanimenti tipo il Monna Lisa Touch) sono vere e dimostrano la confusione, il disorientamento, anche se noi ci scherziamo sopra. Un tempo era tutto più semplice: la donna sposava un uomo che la manteneva, allevava i figli e accettava in silenzio il tradimento. Pazientava. La famiglia prima di tutto. Poi ci sono state due rivoluzioni: l’indipendenza economica delle donne (accompagnata e una dose molto bassa di pazienza) e il Viagra poi. Oggi un uomo di sessant’anni scarica la sua compagna coetanea per una con vent’anni di meno, un settantenne insegue una seconda giovinezza. Il premio Nobel Mario Vargas Llosa, ottantenne, ha lasciato la moglie dopo aver festeggiato le nozze d’oro per fidanzarsi con l’ex moglie di Julio Iglesias (all’epoca 64 anni). Noi raccontiamo tutto questo immergendoci tra le gente comune, tra donne che si domandano se è meglio top boy o il sex toy, se si può astutamente prevenire il tradimento, se l’amore è sopravvalutato.

Come vedi il ruolo della donna nella società attuale?

Le donne hanno acquistato molte posizioni, basta guardarsi attorno. Dirigono aziende, fanno business, girano film importanti, niente di paragonabile a quando io ho cominciato a fare la giornalista all’inizio degli anni ’80. Il mobbing era normale, le molestie ovvie. Oggi metà della forza lavoro al Corriere della sera è formata da donne, quando sono arrivata io eravamo sì e no una dozzina. Questo non significa che sia un momento felice. Al contrario viviamo una lunga dolorosa transizione dalla società patriarcale a qualcos’altro di non molto chiaro. La liquefazione di tutti gli obblighi, di tutte le definizioni sociali, la crisi della Chiesa, non hannoancora prodotto un nuovo modello, equo, paritario, e soprattutto femminile. Il problema delle donne è il non aver elaborato una visione diversa, ma di aver riadattato le strutture che la società maschilista ha creato. Nel lavoro sono stati replicati comportamenti discriminatori e narcisisti, solo che adesso le “colpevoli” sono donne. Ci vorrà del tempo, qualche segnale si vede già. Il tema della life-balance che le giovani generazioni si pongono ne è una prova. Siamo abituati a cambiamenti velocissimi e questo non può esserlo.

Ti occupi di tendenze e comportamenti sociali. Di cosa si tratta?

Dietro molti comportamenti apparentemente frivoli (tutti mangiano un certo tipo di cavolo, vogliono una certa borsetta) si nascondono bisogni profondi. Il powerdressing di Armani è stato la legittimazione della donna in carriera, non un semplice tailleur. La magrezza come canone estetico è la risposta alla società della sovrabbondanza (in quelle della penuria, essere grassi è figo), le borse grandi rappresentano il bisogno di inclusione della donna onnipotente, il no make-up si inserisce nel filone del naturale che comprende estratti, cibo bio, pronto, cruel free e dieta vegetariana. E’ un gesto politico comprare moda etica e abiti realizzati con bottiglie di plastica riciclate come scendere dai tacchi per camminare più veloci. Io racconto queste cose e il senso che hanno attraversando molti mondi: il cinema, la moda, la letteratura.

Tu sei madre di una figlia ormai adulta. Che cosa pensi delle donne che decidono di non avere figli? 

Oggi la maternità non è più un obbligo sociale. Onestamente credo che ciascuna possa decidere della sua vita e non debba giustificarsi, né sentirsi egoista se non ha voluto figli. Personalmente credo sia un’esperienza straordinaria che la biologia ci permette di fare, qualcosa di intimo, di profondo. E vale la pena se ne accetti tutte le implicazioni, anzi la sola, immensa implicazione: la responsabilità. Mia figlia ha ventotto anni, è una bella persona, ed è speciale. Non smetterò finché vivo, di sentirmi responsabile per lei.

Che rapporto hai con i social networks?

Sui social ho un pensiero piuttosto critico. Pur riconoscendo la loro importanza (hanno creato un mondo intero, fatto nascere mestieri, decretato successi) penso che abbiano troppo spazio e siano un potere incontrollabile. C’è una serie televisiva, Black Mirror, in cui la vita o la morte vengono decise dalla rete. E’ un paradosso ma ci siamo vicini. La Rete non si autoregola. E’ piena di notizie false (e dannose), profili falsi, false narrazioni di vite che non esistono, malumori, mode che durano un attimo, tanti slogan e poche riflessioni. Nessun filtro. Sono su Facebook ma non posto foto private non partecipo al chiacchiericcio da Bar sport, non esprimo opinioni se non conosco i fatti, cerco di non usare i social come fonte primaria di informazioni. Non mi faccio illusionista gratuità. Ogni clic è profilato e va a comporre una mappa individuale sulla base della quale ci verranno fatte offerte commerciali di prodotti, viaggi, qualsiasi cosa.

Che cosa porteresti con te su un eremo?

Non andrei in un eremo, ci sono già. La scrittura è un mestiere abbastanza solitario. Nel mio eremo sono circondata dai libri, dalle piante, dai film e dai personaggi di libri che non ho ancora scritto. 

Che cosa vuoi fare da grande?

Quello che faccio adesso. Non riesco a immaginarmi in altro modo. Mentre il mondo corre veloce attorno a me, accelera, al punto che le immagini diventano sfocate, io resto seduta qui e scrivo, scrivo. Forse una parola, una frase, si salverà.

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