Epicuro: perché temere la morte?

EpicuroAmmesso che ci sia qualcuno in grado di immaginare la propria morte, sembra pressoché naturale temerla.

Chi non ha paura di morire?

Il filosofo greco Epicuro (341 – 271 a.C.) sosteneva che aver paura della morte fosse una perdita di tempo, basata su una logica errata, uno stato mentale assolutamente da superare.

Eliminare la sofferenza e accrescere la gioia, migliora la vita.

Ed il modo migliore di vivere, consiste in uno stile di vita semplice, nell’essere gentili con coloro che ci circondano e nel circondarsi di amici.

L’insegnamento di Epicuro era una specie di terapia.

Era come se insegnando, egli curasse i suoi allievi dalla sofferenza interiore, mostrando loro che il dolore fisico risulta più sopportabile nel ricordo di un piacere provato.

I piaceri, infatti, si godono nel momento in cui accadono, ma anche successivamente, nel ricordo di questi, possiamo beneficiarne a lungo.

Quanto sopra è molto diverso da ciò che oggi si intende comunemente quando si usa il termine <<epicureo>>: anzi, praticamente è l’opposto.

Un <<epicureo>> è chi ama mangiare cibi raffinati e concedersi lussi e piaceri sensuali.

Epicuro, per contro, aveva gusti molto più semplici: insegnava la moderazione, perché abbandonarsi al piacere sfrenato non fa altro che creare ulteriore desiderio, generando sensi di angoscia che derivano dall’impossibilità di soddisfarlo.

Epicuro passava molto del suo tempo scrivendo. Sembrerebbe aver lasciato più di 300 libri scritti su rotoli di papiro, anche se la maggior parte di ciò che si conosce di lui arriva dagli appunti presi dai suoi seguaci.

Epicuro fraseTorniamo ora alla domanda di partenza: perché non dobbiamo aver paura della morte? Un motivo è che noi non la sperimenteremo.
La morte non accade a colui che muore, perché quando questa arriva, lui cessa di esistere.

Un altro metodo che secondo Epicuro poteva alleviare la paura della morte, era mostrare la differenza tra la nostra percezione del futuro e quella del passato.

Noi ci preoccupiamo per il primo, ma non per il secondo.

Ma proviamo invece a pensare al tempo prima della nostra nascita, a tutto quel tempo in cui non esistevamo; non limitiamoci ai nove mesi in cui eravamo nel grembo materno, ma ai miliardi di anni prima che fossimo concepiti.

Ebbene, noi non siamo minimamente preoccupati per il fatto che non esistevamo per tutti quei millenni. Perché dovremmo se non c’eravamo?

Dunque non c’è motivo di preoccuparsi così tanto per la nostra non-esistenza dopo la morte! Questa nostra preoccupazione del dopo morte e non del prima della vita, per Epicuro è un errore.

Ma una volta riconosciutolo, dovremmo cominciare a pensare al tempo dopo la morte nella stessa maniera in cui pensiamo a quello prima e, in questo modo, ci interesserebbe molto meno.

Forse la preoccupazione di molti è anche quella di essere puniti una volta nell’aldilà, ma Epicuro smonta anche questa, riassumendo la sua filosofia in un epitaffio:

“Non c’ero; sono stato; non sono; non mi riguarda”.

E se temiamo il momento del trapasso per le possibili sofferenze, ricordiamoci che (come già detto) Epicuro credeva nelle capacità dei bei ricordi di alleviare le sofferenze.

di Riccardo Fiori

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