
«Non è un caso eccezionale che uno scrittore veda una persona sconosciuta intenta a leggere un proprio libro; eppure un fatto del genere, occorsomi molti anni fa, mi fece un’impressione che ricordo ancora». Nell’introduzione al romanzo Vino e pane, Ignazio Silone racconta di quando, viaggiando in treno tra Zurigo e Lugano, vede una donna che sta leggendo Brot und Wein (Pane e vino). È una signora vestita e pettinata con semplicità, forse una maestra di scuola in pensione. Di fronte al suo volto impassibile lo scrittore prova un forte senso di inadeguatezza. Si dice: «se quella donna mi avesse riconosciuto, sarei rimasto imbarazzato non poco. […] La pagina che […] stava leggendo non mi soddisfaceva affatto, anzi, in quel momento mi sembrava quasi sciocca. Perché l’avevo scritta?»
Da “Pane e vino” a “Vino e pane”
Esule in Svizzera dal 1925, nel 1936 Silone aveva scritto Pane e Vino sull’onda della polemica contro il Fascismo e lo stalinismo che aveva nutrito i suoi ideali giovanili. All’epoca il suo stato d’animo era «più proclive all’enfasi, al sarcasmo, al melodramma» che alla pacata narrazione di cui dovrebbe servirsi uno scrittore che vuole essere anche una guida. L’incontro con la lettrice sconosciuta gli fa capire che scrivere è una grande responsabilità. Le idee trasmesse dai libri infatti non arrivano solo a critici e colleghi, ma raggiungono e influenzano la moltitudine. Così quando dopo la caduta del fascismo i suoi romanzi possono essere pubblicati anche in Itali decide di dedicarsi alla correzione di alcuni romanzi. Tra questi Pane e vino, che nel 1955 esce con il titolo Vino e pane.
Vino e pane mantiene la struttura, il messaggio morale, i personaggi e lo stile di Pane e vino. Rispetto alla prima versione però si presenta più compatto, alleggerito di elementi secondari e preceduto da un testo introduttivo. Si tratta di una Nota d’autore di alto valore letterario da cui si può estrapolare un vero e proprio decalogo del bravo scrittore.
Il decalogo del bravo scrittore: temi e protagonisti
La prima regola è sfrondare il libro degli elementi secondari e approfondirlo nel tema principale. Vino e pane si concentra tutto sulla vicenda di Pietro Spina, giovane intellettuale borghese che dopo un lungo soggiorno all’estero torna in Marsica per fomentare una rivoluzione contadina contro il fascismo. La sua fama di rivoluzionario lo costringe a vivere in incognito, travestito da prete. Alla sua storia si legano quelle della giovane Bianchina, della bella e religiosa Cristina, di Don Benedetto e degli ex compagni di scuola Nunzio e Concettino.
Le vite di questi personaggi — come ogni oggetto e ambiente presente nel romanzo — vengono raccontate nella misura in cui possono influire sullo spirito e sulla storia di Spina. È così che il romanzo di Silone risponde a altre due regole del decalogo. La prima è quella per cui bisogna limitare la descrizione puramente esteriore delle cose e dei fatti per concentrarsi sulle vicende interiori dei personaggi. La seconda è quella per cui gli altri oggetti tra cui l’uomo si muove devono essere menzionati nella misura in cui partecipano alla vita del suo spirito.
Nella narrazione delle gesta di Pietro Spina ritroviamo tutti i temi cari allo scrittore: il dibattito sulla rivoluzione, il fascismo e lo stalinismo, la fede cristiana, la società verace e ingenua dei cafoni, la giustizia, l’Abruzzo con le sue tradizioni e la sua storia. Argomenti che sono disseminati in tutti i romanzi siloniani, da Fontamara a Il seme sotto la neve, che ha come protagonista lo stesso Pietro Spina. È come se tutte queste opere fossero i «frammenti più o meno approssimativi» dell’unico libro che ogni scrittore porta in sé, quello a «immagine della propria anima».
Ironia e paradosso
Nel frammento rappresentato da Vino e pane troviamo il mito rivoluzionario incarnato da Spina, il finto prete in una società credente ai limiti della superstizione, l’incapacità dei cafoni di cogliere la tragicità del periodo storico che stanno vivendo… E poi c’è il paradosso di un sacerdote come don Benedetto, marginalizzato solo perché il suo senso di giustizia contrasta con il pensiero dominante.
I paradossi sono frequenti nei libri di Silone. Spesso si esprimono mediante il velo straniante dell’ironia, strumento di conoscenza e soprattutto di sdrammatizzazione. Come dice il decalogo: il patetico non può essere espulso dalla vita umana, per renderlo sopportabile è utile accompagnarlo all’ironia. Tuttavia l’uso sapiente di questo mezzo richiede una certa dimestichezza nell’arte scrittoria. Allora ecco che si affaccia un’altra regola importante: quella per cui lo scrivere s’impara e si perfeziona con l’esercizio.
La semplicità in funzione dell’impegno
Inizialmente liquidato dalla critica italiana come autore moralista e di scarso talento artistico, Silone viene poi rivalutato come uno scrittore moderno, dotato di una semplicità che precorre i tempi. Come afferma nella Nota d’autore: nel raccontare è saggio cercare di essere semplici. La semplicità e l’immediatezza stilistica lo pongono al di fuori di ogni tendenza formalistica e contribuiscono a renderlo un autore isolato. Una scelta volontaria, rafforzata dalla convinzione che è sciocco misurare la modernità di uno scrittore dagli espedienti tecnici di cui si serve.
Inoltre, il costante impegno come letterato-guida porta lo scrittore a aborrire ogni espediente che possa rendere il libro più facilmente commerciabile. Per esempio, non è consigliabile l’uso dell’erotismo fine a se stesso spacciato come pretesto di lotta alla censura: «non c’è nulla di più falso che giustificare la commercializzazione letteraria dell’erotismo in nome della libertà, pur essendo persuaso che essa non possa essere efficacemente combattuta dalla censura […], ma dal disgusto che nasce dal senso serio della vita».
L’impegno di Silone è autentico e personale, coerente con la sua esperienza di vita e con le sue ossessioni. Ed è proprio l’entità di questo impegno che dà vita all’ultimo precetto del decalogo del bravo scrittore, quello più importante che in qualche modo ingloba tutti gli altri, per cui il solo impegno di rispetto è quello che risponde a una vocazione personale, l’unico in grado di coniugare il valore artistico con l’efficacia.
Fonte foto: pinterest.it
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