The Months have ends. Intervista al compositore Paolo Marchettini

paolo marchettini

Compositore romano di fama internazionale, Paolo Marchettini, classe 1974, ha presentato a gennaio 2021 la sua prima produzione discografica per la New Focus Recordings dal titolo The Months have ends comprendente cinque lavori orchestrali e vocali, ricchi di potenza e liricità, un compendio di tradizione, passato e presente in una dimensione ideale, atemporale e poetica.

Breve biografia di Paolo Marchettini

Conosciamo meglio Paolo Marchettini: compositore, clarinettista e pianista, si diploma con il massimo dei voti al Conservatorio Santa Cecilia di Roma in Composizione con Ivan Vandor, in Musica Corale e Direzione di Coro con Claudio Dall’Albero, e in Clarinetto con Gaetano Russo. Si perfeziona in Composizione all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Azio Corghi e a New York con Richard Danielpour.

Riconoscimenti

La sua musica riceve numerosi riconoscimenti, fra cui ricordiamo il Queen Elisabeth Competition di Brussels 2005, ilManhattan Prize di New York 2011 e il Play it! 2012. I suoi lavori sono eseguiti in prestigiosi contesti, come l’Auditorium Parco della Musica (Roma), il Teatro Tese delle Vergini (Biennale di Venezia 2007), il Teatro Verdi (Firenze), l’Auditorium Rai (Napoli), l’Hofstra University (New York), e trasmessi da Radiotre, Radio Vaticana e Radio Svizzera, ed editi da Domani musica e Raitrade. Recente la pubblicazione per le Edizioni Curci dei suoi 24 Preludi e Fughe per pianoforte. 

Con il pianista Michelangelo Carbonara è fondatore del Monèsis Ensemble, gruppo modulare dal duo all’orchestra da camera con cui ha svolto attività concertistica, dedicandosi in particolare al repertorio contemporaneo.

Ha insegnato ai Conservatori di Campobasso e Cosenza. Da dieci anni vive a New York, dove è docente di composizione e teoria presso il Berklee College (Boston), e la Manhattan School of Music (New York).

Maestro Marchettini, prima di parlare del suo nuovo disco, mi piacerebbe chiederle quali autori del passato le hanno permesso di sviluppare maggiormente il suo linguaggio musicale.  

Agli inizi, studiando con il maestro Luciano Pelosi, ero orientato verso una scrittura tonale, di stile francese. Successivamente con il maestro Vandor ho approfondito i grandi come Schönberg e Stravinsky, ho ampliato il mio linguaggio, arricchendolo con varie influenze diverse tra loro, rifacendomi al passato e rivisitandolo a mio modo. Ho una grande passione per Stravinsky e Ravel, e l’ultimo Stravinsky ha esercitato una grande influenza su di me, in quanto seriale ma non dodecafonico, animato da un approccio libero alla serialità, basato su microserie con poche note.

Da dieci anni si è trasferito a New York: cosa l’ha colpita del contesto musicale americano? Come potrebbe definire l’approccio con il pubblico?

Grazie alla conoscenza del compositore americano Richard Danielpour, allievo di Bernstein e Persichetti, mi sono trasferito in America, dove ho seguito un dottorato alla Manhattan School. L’ambiente internazionale, ricco di mescolanze culturali, ha rafforzato maggiormente la mia identità di italiano. Venivo da un insegnamento petrassiano e rigoroso, e ascoltando i pezzi dei compositori americani, mi è piaciuto molto il loro approccio più diretto, pragmatico e spontaneo, con un maggior senso armonico e una verticalità più definita. Ciò che mi ha colpito dei concerti di musica contemporanea in America è la semplicità dello stile, il reale impatto emotivo sull’ascoltatore; sono divertenti e sono seguiti da un pubblico partecipe. 

Com’è nata l’idea del suo nuovo album The Months have ends? Può illustrarci la pecularità dei brani che lo compongono? 

Il titolo è tratto da una poesia di Emily Dickinson, usata anche in uno dei miei brani. L‘ho trovato molto musicale. Considerando il periodo storico che stiamo attraversando, ho pensato a questo titolo come a un messaggio di una speranza a breve termine, rispetto ai mesi di sofferenza che noi tutti stiamo vivendo. 

L’album comprende cinque lavori orchestrali e vocali, tutte registrazioni da concerti live, con la presenza di orchestre italiane e americane: Orchestra della Toscana, Roma Sinfonietta, Manhattan School of music Orchestra. 

Il primo brano, Mercy (2012), commissionato dall’Orchestra della Toscana e dal Maestro Giorgio Battistelli per il Festival Play it!, è tutto dedicato alla musica italiana. Si ispira al Miserere di Allegri ed è nato con un senso di compassione per il genere umano in una chiave moderna: la prima parte presenta un senso di purezza e una ricerca di assoluto; la seconda, più ritmica, rappresentante la vita; infine, l’ultima fonde le prime due parti. Il secondo, The Months have ends (2014), eseguito al Teatro Verdi di Firenze dall’Orchestra della Toscana, con la partecipazione del soprano Alda Caiello, comprende cinque pezzi su cinque poesie di Emily Dickinson. Nel testo emergono i ricordi, le passioni, le memorie degli stili del passato, l’essere umano con i suoi slanci vitali, desideroso di vivere la vita, liberandosi dal dolore e proiettandosi verso un futuro di speranza. La mia scrittura è una necessità interiore: da qui l’importanza che attribuisco al canto come linea proveniente da un’esigenza del proprio io. Al primo brano, passionale, seguono il secondo con la sua freddezza dopo un dolore, il terzo con un canto di un uccello che va a dare l’ultimo saluto agli esseri umani in un cimitero, il quarto come canto sull’ottimismo e la celebrazione della vita, e l’ultimo è una sintesi di ciò che si è ascoltato prima, un viaggio sulla vita e sulla memoria.

Notturno (2012), eseguito in America dalla Manhattan School of music Orchestra, nasce dalla tradizione italiana ed è una commemorazione per la nascita di Verdi. È ispirato dal duetto dell’Otello del compositore di Busseto: Otello e Desdemona che parlano della notte densa, una notte che porta molte memorie, ricco di mistero e liricità, con una piccola citazione finale dello stesso duetto. 

Il quarto brano, Concertino, per clarinetto, orchestra d‘archi e percussioni (2011), mi vede non solo come compositore ma anche come interprete al clarinetto. Per le percussioni ho scelto la marimba, che con le sue lamine di legno richiama il suono del clarinetto in ebano, e il vibrafono che produce un suono percussivo omogeneo con gli archi. Nei sette brevi movimenti costituenti il lavoro orchestrale, eseguito dalla Manhattan School of music Chamber Orchestra, si presenta una diversa combinazione degli strumenti, con il terzo movimento che costituisce un omaggio a Frescobaldi e tratta la voce solista del clarinetto come la voce umana, con tutta la sua più profonda espressività e drammaticità. 

Per ultimo, Aere perEnnius (2018) eseguito al Teatro Palladio di Roma dall‘ Orchestra Roma Sinfonietta, e composto per la commemorazione dei novant‘anni del Maestro Ennio Morricone.  All’interno c’è una citazione molto nascosta del film “Il buono, il brutto e il cattivo”.

Dei cinque brani orchestrali, ce n’è uno a cui lei è più legato? 

Ci sono due brani a cui tengo molto: Mercy e ConcertinoCon il primo ho ricevuto il premio Play it! nel 2012 e mi ha dato veramente molte soddisfazioni. Il secondo invece è stato un vero debutto americano, il primo lavoro come compositore e interprete.

Quale messaggio desidera comunicare con la sua produzione discografica? 

Ogni compositore, oltre ad avere un ruolo importante come testimone del proprio tempo, ha una funzione di grande importanza per la collettività: stimolare gli esecutori, il mondo musicale, far capire visioni diverse oltre a quelle tradizionali del solito repertorio, portare delle innovazioni. Scrivere un bel lavoro, sincero, profondo e ben fatto, permette di offrire al mondo una possibilità di cambiamento. 

Il mio vuol essere un messaggio di profondità, bellezza e verità, legato al mio vissuto ma anche a qualcosa che ho recepito dal mondo esterno. Spero che la mia musica vada all’essenza di quello che è l’emozione, il sentimento umano, in cui tutti possiamo riconoscerci. La sfida della musica consiste proprio nell’essere universale. 

Per ascoltare The Months have ends clicca qui

Foto di copertina di Marta Cantarelli

1 risposta

  1. alessio

    Una intervista semplice che stuzzica il lettore e rende totalmente partecipe l’interoocutore

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