S’Urtzu e Sos Bardianos. Maschere sarde, reliquie di un ancestrale totemismo (Terza parte)

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S’Urtzu e Sos Bardianos. Lasciamo la Barbagia e proseguiamo il nostro viaggio tra le maschere sarde e le collegate rievocazioni carnevalesche. Come detto negli articoli precedenti, la loro interpretazione è solo un’ipotesi di chi scrive. Il quale non ha alcuna pretesa di essere considerato il “depositario” della verità. 

Ci dirigiamo quindi verso la parte occidentale dell’Isola e giungiamo ad Ulà Tirso, in provincia di Oristano. Anche ad Ulà si rievoca religiosamente un’immemorabile presa del potere di conquistatori stranieri sulle tribù locali. I protagonisti della manifestazione indossano quattro differenti costumi. Sono S’Urtzu (il cinghiale), Sos Domadores (i domatori), Sos Bardianos (i guardiani) e Su Maskinganna (il maestro degli inganni).

S’Urtzu è rivestito con una pelle intera di cinghiale che ricopre la testa dell’uomo che lo interpreta. Indossa pelli scure di montone o caprone e porta al collo un grosso campanaccio. Cela sotto le pelli un pezzo di sughero (sa zippa) che serve per proteggere l’attore dai colpi. Sul petto nasconde una vescica d’animale piena di vino. Ha il viso nero dalla fuliggine e sos cambales di cuoio. Non può che rappresentare l’animale totemico di una locale tribù del cinghiale di epoca immemorabile.

S’Urtzu rappresentava il clan dominante dei ‘conquistati’

Sos Bardianos, (i guardiani) indossano un ampio vestito nero d’orbace (su saccu de su pastore) con un cappuccio che ne ricopre il capo. Hanno in mano un grosso bastone che termina con una grossa radice, nodosa ed arrotondata con cui colpiscono s’Urtzu. Rappresentano i conquistatori stranieri.

Sos Domadores (i domatori) hanno il viso imbrattato di fuliggine e indossano abiti fatti con dei mantelli di pelle di pecore. Anche loro hanno il viso tinto di fuliggine e portano sos cambales. Non disdegnano di colpire anche loro s’Urtzu. Dovrebbero rappresentare un sotto clan di sangue misto (pelli di animale ma carnagione scura) alleatosi con Sos Bardianos.

A questi si affianca Su Maskinganna (il maestro degli inganni). Veste un’intera pelle di caprone o montone e indossa cinturoni con appesi dei campanacci. Ai piedi indossa sempre sos cosinzos e sos cambales ed ha il viso rigorosamente tinto di nero. Si diverte a spaventare guardiani e domatori (ma anche gli spettatori). Potrebbe rappresentare un clan in parte autoctono che ha scelto di combattere Bardianos e Domadores con una tattica di guerra che oggi si direbbe “da guerriglia”.

A Paulilatino non è presente S’Urtzu ma Su Oe e Sa Craba

Sos Corrajos erano maschere arcaiche della subregione del Guilcer, compresa nell’attuale provincia di Oristano). Nella rievocazione di Paulilatino si presentano come un branco di animali. Sono differenziati tra loro per le corna sul copricapo, le pelli che li ricoprono ed il numero di campanacci che portano legati alla vita. Sono infatti due le tipologie di maschera di Sos Corrajos. Su Oe (il bue o il toro), indossante una pelle bovina completa di corna. Sa Craba (la capra), che veste una pelle nera di capra completa di corna (pedde de craba) fissata al corpo con lacci di cuoio.

Rappresentano chiaramente due tribù aventi per animale totemico una il bue (o il toro), l’altra la capra. Almeno inizialmente, come suggerisce il loro nome, Sos Corrajos suonavano il corno. Questo ci fa suppore che, prima della loro sottomissione (da parte di Sos Domadores), erano tribù guerriere che dominavano il territorio.

Sos Domadores di Paulilatino

A Paulilatino Sos Domadores (I domatori) sono invece vestiti con abiti di orbace nero, (su gabbanu de furesu) e indossano dei campanacci a tracolla. Rappresentano anche qui i conquistatori stranieri. Con il loro bastone costringono Sos Corrajos a trascinare un grosso aratro in legno e suonano il corno. Quest’ultima è una funzione bellica ancestralmente attribuita a Sos Corrajos. Può capitare che, durante la rievocazione, Sos Domadores costringano Su Oe a mimare l’atto sessuale con Sa Craba. Tale potrebbe essere una reminiscenza del costume sessuale dell’esogamia (vedi puntate precedenti).

Sos Domadores sembrano appartenere alla stessa etnia dei loro omonimi di Ulà Tirso. Ma hanno anche somiglianze con i Mamuthones di Mamoiada: la pelle nera e i campanacci. Meno arcaici dei Mamuthones, sembrano, forse, di qualche generazione successive. Anche Sos Corrajos (anch’essi di pelle nera al di sotto dei crani bovini e caprini) sembrano più recenti dei personaggi zoomorfi del carnevale di Ottana.

La festa si conclude con un grande falò, a significare la fine di un’era.

Ancora la maschera de S’Urtzu affiancata ai Mamutzones

Ritroviamo S’ Urtzu a Samugheo, sempre in provincia di Oristano. Ciò dimostra che il potere di questo ancestrale clan totemico (il cinghiale) era abbastanza esteso, in questa parte di Sardegna. A Samugheo S’ Urtzu indossa un completo di pelle di caprone nero con un campanaccio appeso al collo. È tenuto per la corda da S’Omadore (il pastore), vestito con un manto nero e anche lui con il volto annerito di fumo, che lo pungola e tormenta di continuo.

Anche a Samugheo, quindi, abbiamo un animale totemico che rappresenta la tribù locale sottomessa da un conquistatore straniero. Lo  scopo, come abbiamo detto nelle precedenti puntate, è quello di creare il fondamento religioso e la giustificazione sociale alla nuova dominazione.

Mamutzones a Samugheo e Su Corongiaiu a Laconi

Il vero spettacolo, però, lo danno i Mamutzones, le maschere tipiche di Samugheo. Su Mamutzone, annuncia il suo arrivo a tarda sera, col rumore inquietante dei campanacci che suonano al ritmo della sua danza. Il volto è nascosto da un copricapo di sughero con grosse corna caprine sul capo e il viso annerito.

Nonostante il nome, quindi, non sono molto simili ai Mamuthones di Mamoiada. Sembrerebbero una tribù di sangue misto (esogamia) [1] prima sottomessa al clan S’Urtzu e poi acclamante la presa del potere di S’Omadore.

Su Corongiaiu è invece la maschera di Laconi (Oristano) e indicherebbe anche lui “il pastore”. Indossa un cappotto di lana di pecora con una quindicina di sonagli. Il suo aspetto è impressionante. Sulla faccia ha una maschera di sughero con un grosso naso, una grande bocca, una barba di pelle e grosse corna di capra sulla testa. Potrebbe rappresentare il capostipite di una tribù locale che, con il tempo, è stato immedesimato e ha preso le fattezze di un ariete o di un montone.

[1] Malinowski, Bronisław, Il mito e il padre nella psicologia primitiva, Roma, Newton Compton, 1976, pp. 63-65.

Foto di efes da Pixabay

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