Ristoranti low cost a Roma, un segmento in mano alle grandi catene

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Ristoranti low cost. C’erano una volta le osterie romane. O quanto meno i novecenteschi “Vini e oli”. Quei posti dove, oltre a un litro di Frascati, l’oste o l’ostessa, per pochi spicci, ti cucinavano una frittata o un piatto di carbonara. Poi sono giunti i ristoranti cinesi che, chissà come, davano da mangiare a prezzi bassissimi. Infine sono arrivati i “fast food”, per la gioia delle giovani generazioni. Ad offrire, per poco, hamburger e patatine fritte.

Low cost sono chiamati questi locali, secondo il termine anglosassone che significa “a basso costo”. Oggi, nel 21° secolo, a Roma, tale segmento è dominato dalle grandi catene. Hanno spazzato via anche la ristorazione cinese, oltre che le antiche osterie, attraendo turbe di clienti. E non soltanto giovani e giovanissimi. Vediamo allora chi sono questi “imperatori” della ristorazione low cost a Roma. Senza alcun timore, né pregiudizio di offrir loro pubblicità positiva o negativa che sia.

Ristoranti low cost a Roma, un fenomeno sorto con l’avvento del fast food

L’avvento del fast food in Italia è stato determinato dallo sbarco della multinazionale USA McDonald’s. Il successo è stato tale che ancora oggi sono da evitare gli orari classici di pranzo e cena se non si vuole perdere una buona mezz’ora per ordinare. A Roma McDonald’s gestisce ben 44 punti vendita, ed inoltre a Ciampino e a Fiumicino. Tutti colorati in rosso con dappertutto la M del logo societario. Le signorine al banco in divisa prendono le ordinazioni e preparano il vassoio. Mangi dappertutto lo stesso menu. Hamburger; cheeseburger, normale, double e triplo; cheeseburger bacon; patatine fritte o mix salad, birra o bibite in lattine. Alle critiche sulla salutarietà del prodotto, McDonald’s ha risposto di utilizzare per i suoi hamburger solo carne bovina proveniente da allevamenti italiani.

Il successo di McDonald’s è oggi messo in discussione dalla rivale catena di fast food Burger King. Sempre proveniente dagli USA, conta 18 punti vendita a Roma, uno al Parco Leonardo, uno Castel Romano e uno a Santa Maria delle Mole. Il suo panino, ribattezzato “Whopper” si distingue per i semi di senape (o qualcosa di simile) sul dorso. Il panino è più grande di quello di McDonald’s, le porzioni di patatine più piccole, come anche gli anelli di cipolla.

Recentemente è sbarcato a Roma anche KFC, cioè “Kentucky Fried Chicken”. Catena fondata nel 1952 dal Colonnello Sanders, inventore del pollo fritto e del secchiello di carta per servirlo. Dichiara di utilizzare pollo proveniente da fornitori europei certificati e regolarmente controllati. Tutti i passaggi della preparazione, dalla panatura alla frittura, sono realizzati interamente a mano. Per il momento KFC ha aperto sette sedi, ma si prevede la sua ulteriore espansione.

Ristoranti low cost: griglierie a prezzi incredibili

La “calata” della ristorazione low cost statunitense nella capitale della dolce vita è proseguita con l’avvento delle griglierie del Far West. La catena Old Wild West ha aperto 14 punti vendita tra Roma e Fiumicino. È una catena presente anche in Svizzera, Francia, Belgio e Australia con oltre 200 ristoranti. Offre hamburger giganti, costate, filetti, galletti allo spiedo, specialità texane e, dal vicino Messico, nachos e burritos. Definisce “4I” i suoi hamburger “Classic” e “Special” in quanto provenienti da bovini nati, allevati, macellati e sezionati in Italia. Le carni sono soggette ad analisi ed ispezioni sistematica lungo tutta la fase produttiva, dall’allevamento alla messa in vendita del prodotto.

L’altra catena Road House Grill, invece, ha 11 punti vendita a Roma. Piatti tutti di carne, tra i quali spicca quella alla griglia, di manzo, vitello, maiale, agnello e pollo. Serve anche maxi panini con hamburger e vari dessert. Non si capisce come faccia ma i suoi menu speciale a pranzo, dal lunedì al venerdì non superano i 15 euro. Il prezzo di un menu a ordinazione dipende dal peso e dal taglio della carne richiesta ma, anche con un immancabile birra non supera i venti. Potenza dell’organizzazione americana!

“Solo” 4 punti vendita ha invece la T-Bone Station, texano-messicana. Suo piatto principale è la classica costata a forma di T. Ma offre anche altri tagli di carne bovina, piatti alla brace di pollo o maiale, un’ampia scelta di hamburger giganti home made, insalatone e dolci. Tipici invece della cucina messicana sono i chicken fajita (pollo marinato con peperoni e cipolla). Il super burrrito (tortilla ripiena di manzo, riso, verdure, salsiccia, fagioli e formaggio). Il chili con quesadillas (piatto di carne tipico con tortillas ripiene di formaggio).

La concorrenza dei giapponesi e dei sudamericani

Di fronte a questa invincibile armata statunitense anche la ristorazione cinese, che ci aveva “colonizzato” nell’ultimo quarto del XX secolo, ha dovuto arrendersi. Quei pochi tentativi di organizzarsi in franchising sono risultati un fallimento (almeno per ora). Meglio sta andando alla ristorazione giapponese che è giunta a Roma con la catena Daruma Sushi, presente nella Capitale d’Italia con 7 punti vendita. Ci è riuscita puntando sulla qualità del prodotto.

Daruma Sushi è infatti la prima catena di ristoranti low cost giapponesi in Italia a ricevere il Bollo della UE per la produzione di sushi fresco. Nel 2011 è sta la prima a ottenere la Certificazione ISO 9001 per gli elevati standard qualitativi. Con oltre 200 analisi di laboratorio all’anno su prodotti e materie prime e pesce fresco ogni giorno. Offre un servizio impeccabile in un ambiente confortevole. Incredibile a dirsi, Daruma Sushi riesce anche a contenere i prezzi. Propone per pranzo due menu (un po’ scarsini) da 11.90 e 12.90 euro, bevande escluse. Con il menu à la carte si può arrivare intorno ai 20.

Ai gusti della numerosa comunità andina di Roma (e non solo), ci pensano i ristoranti peruviani in franchising Inka Chicken. Nelle loro quattro sedi offrono pollo a la brasa, cioè alla brace, con aglio, sale, pepe, cumino e altre erbe aromatiche peruviane. Sempre accompagnato da patatine fritte e una specie di maionese con peperoncino giallo e senape. I prezzi sono leggermente più alti dei giganti della ristorazione low cost statunitense e giapponese.

Ristoranti low cost, la risposta italiana

Di fronte a questa “invasione barbarica” l’imprenditoria romana – o quanto meno italiana – non è rimasta solo a guardare. Fallito anche qui il tentativo di “Pastarito-Pizzarito”, si sta affermando tra i ristoranti low cost la “Mary Pizza”. È una catena in franchising che opera direttamente in sette punti vendita. Il prodotto leader di Mary Pizza è la “Pala family”, che riesce a soddisfare i diversi gusti contenendo notevolmente la spesa. Con diverse tipologie sforna le pizze tonde, che cuoce su pietra rigorosamente a temperatura superiore a 350 gradi. Ci sono angoli adibiti al servizio di tavola calda (fritti), alla gastronomia fredda, con diverse pietanze preparate giornalmente e alla vendita di latte.

Altre cinque sedi tra Roma e Fiumicino sono gestite da “La paranza al cartoccio”. È un esercizio a metà tra il fast food e il self-service che fa parte del circuito Mary Pizza. Presenta principalmente piatti di mare, soprattutto fritture, ma anche carne. I gusti della cucina vegana sono invece curati dalla più antica catena di ristoranti in franchising a Roma: “L’Insalata Ricca”.

Insalata Ricca gestisce anch’essa sette sedi in tutte le aree della città. Un appuntamento interessante per chi ama un pasto leggero, salutare, con ingredienti freschi e spesso biologici, ricco di verdure di stagione, piatti tradizionali e fantasia. Piatto forte: le insalate super ricche e molto variegate, servite (su ordinazione) nella cosiddetta “bomba”. Si tratta di una bolla di pane-pizza all’interno della quale è inserita la pietanza richiesta. Nel menu anche piatti della cucina romana.

Altre catene italiane o ristoranti in franchising

Abbiamo già parlato, in un precedente articolo di “Trapizzino”, nato 10 anni fa dalla passione di Stefano Callegari. Trapizzino è presente a Roma con 5 sedi, oltre che a Milano, Firenze, Torino e New York.  Si tratta di un simpatico triangolo di pizza bianca a forma di “tasca”, farcito con specialità della cucina romana. Nei punti vendita, che si stanno diffondendo sempre più, sono commercializzati il formato “normale” e quello “piccolino”. I trapizzini sono farciti a scelta tra quattro/sette pietanze, a seconda delle stagioni e della disponibilità delle materie prime. Ne esistono a base di trippa, polpette al sugo, coda alla vaccinara, picchiapò, lingua in salsa verde, pollo alla cacciatora, coratella con i carciofi o le cipolle.

Ultimo arrivato è “Polpetta” che, però, ha già aperto quattro sedi. Polpetta è un giovane brand romano che ha creato un nuovo allettante format. Antipasti, primi della cucina romana (spesso con sugo di polpetta) e dolci ma, per secondo, solo polpette (anche di pesce) farcite nei modi più svariati. È anche pizza con forno a legna e cocktail bar.

Fatti i conti, stiamo parlando di ben 130 ristoranti gestiti da soli dodici soggetti. In sostanza, la ristorazione a basso costo del XXI secolo si sta rivelando sempre più un oligopolio. Un fenomeno simile a quanto sta accadendo nel settore commerciale con il sopravvento della grande distribuzione sul negozietto di quartiere. È la prova che oggi l’unica soluzione per contenere i costi e rimanere concorrenziali è quella di adottare economie di scala, ingrandendosi sempre più.

Foto di Hands off my tags! Michael Gaida da Pixabay

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