Piccolo commercio: chiudono gli esercizi storici e si modifica il nostro modo di fare la spesa

Piccolo commercio. Ha fatto notizia lo sfratto intimato all’Antico Caffè Greco di Via Condotti, da 260 anni ritrovo di letterati e artisti come Casanova, Schopenhauer, Gogol, Stendhal, D’Annunzio e De Chirico. L’Ospedale Israelitico proprietario delle mura aveva chiesto ai gestori 80.000 euro al mese di affitto. Gli affittuari non si erano detti disposti a superare i 35.000. Così hanno ricevuto lo sfratto.

Indipendentemente da come andrà a finire, il caso non è che l’ultimo, in ordine di tempo, di un fenomeno che in Italia non conosce distinzione geografica: la sostituzione dei negozi storici e indipendenti con quelli “a marchio”. E’ detto anche “omogeneizzazione delle vie dello shopping”. Esaminiamolo più accuratamente.

Il dato del crollo del piccolo commercio è relativo soltanto a quello indipendente

Il fenomeno si sta esprimendo alle massime condizioni da almeno quindici anni. La prima contrassegnata da una forte crescita, sia in termini di spazio che di quantità, della grande distribuzione organizzata. La seconda, a partire dal 2008, a seguito della crisi finanziaria, che ha creato un clima di incertezza economica del mercato interno.

Ad esso, gli esercenti hanno reagito con un’unica strategia commerciale, l’abbassamento dei prezzi. Se, da un lato, ciò ha favorito i consumatori, dall’altro ha espulso dal mercato una fetta notevole del piccolo commercio. In ogni caso, è stato accompagnato da una perdita di qualità del prodotto. Da non sottovalutare il trend di crescita degli affitti con il quale molti proprietari hanno voluto neutralizzare l’incremento della tassazione sui patrimoni.

Dopo il 2008, primo anno della crisi, la decrescita complessiva del piccolo commercio è derivata da due dati contrapposti ma non compensabili. A fronte di un trend costantemente positivo degli esercizi in franchising, si è assistito a un crollo del numero dei piccoli esercizi indipendenti. Stiamo parlando del negozietto sotto casa. Dove c’era il fornaio, il macellaio, la fruttivendola che conoscevi da anni o il droghiere che ti conservava il prodotto che prediligevi.

Alla fine del processo, le statistiche hanno sancito che ormai il 70% della spesa è effettuata nella grande distribuzione. Tuttavia, nelle ricerche sociologiche, bisogna stare attenti a non fare di ogni erba un dato statistico e acquisire maggiori elementi prima di trarre conclusioni.

I grandi distributori hanno riscoperto il piccolo commercio di prossimità

L’anno scorso, infatti, la Confcommercio ha pubblicato il dato che circa il 55% degli italiani fa ancora la spesa sotto casa. Siamo entrati, quindi, in una terza fase. Fermo restando che i colossi della grande distribuzione controllano pur sempre il 70% del mercato, essi si sono ridisegnati geograficamente.

Molti grandi marchi, infatti, hanno riscoperto il valore del negozio di prossimità e hanno aperto punti vendita più piccoli, in gran parte nei centri cittadini. Per fare un esempio, la Carrefour gestisce oggi ben 602 punti vendita di prossimità, 179 direttamente, 423 in franchising e 13 cash & carry. La CRAI Supermercati ha fatto del negozio di prossimità la sua strategia di mercato. Gestisce infatti 1626 punti vendita nel food e circa 3400 nel drug (prodotti per la persona e per la casa). E così via.

Inoltre tali nuove piccole strutture dei grandi colossi hanno successo. Grazie ad elementi oggi considerati “strategici” , come la qualità del prodotto fresco, la cortesia e la competenza del personale. Negli ultimi anni, quindi, non si è assistita a una “desertificazione” del piccolo commercio ma, semmai, ad una crisi dei grandi iper e supermercati degli hinterland.

In crescita franchising, vendita on-line e spesa a domicilio

Prendiamo ora in esame il fenomeno del franchising e della vendita on-line o a domicilio. Per franchising si intende l’affiliazione di un esercizio commerciale (o comunque di un’iniziativa imprenditoriale) ad un marchio già affermato. Secondo gli ultimi dati, risalenti al 2017, questa tipologia prosegue nella sua netta crescita. Anche in tal caso, tuttavia, è necessario distinguere.

La crescita in termini assoluti, infatti, dipende da tre soli settori: ristorazione, benessere/beauty care e piccoli supermercati. Tutti gli altri settori sono in calo (abbigliamento, servizi, commercio specializzato, ecc.). Ciò significa che, per quanto riguarda i settori tradizionali (alimentare e prodotti per la casa), franchising e commercio di prossimità sono complementari e in netta crescita. Inoltre il 90% degli esercizi in franchising è gestito da 25-45enni, con riflessi indiscussi sull’occupazione.

Per quanto riguarda la vendita on-line e la spesa a domicilio, esse investono soltanto lo 0,5% delle transazioni. Sono settori ancora marginali ma, per questo, in sicura crescita. Purtroppo il piccolo commercio non li vede ancora di buon occhio, per le difficoltà che li caratterizzano. In particolare, per quanto riguarda i pagamenti, la consegna/spedizione e l’applicazione o meno dei diritti di restituzione della merce.

Il rischio è, anche in questo segmento di vendita, che i piccoli siano ancora una volta sopravanzati dai grandi distributori. Già la francese Carrefour gestisce un servizio di spesa on line. Esso comprende ortofrutta, uova, latte e derivati, carne e pesce, bevande anche alcooliche, gelati, prodotti di profumeria e detersivi. Il negozio di prossimità, tuttavia, ha tutti i requisiti per fornire al cliente il valore aggiunto della sensibilità umana che, un domani, potrebbe fare la differenza.

Autore foto: Peck

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