Renzi si scolla dalla minoranza Pd

renzileopoldaA Firenze, nell’ultimo giorno dell’assemblea Leopolda 5, Matteo Renzi con il suo discorso conclusivo marca un distacco netto dalla linea politica del vecchio partito democratico e dai vecchi dirigenti della sinistra radicale.

Nella attuale contesa politica, che lo si voglia riconoscere o no, c’è stato di fatto un evidente cambiamento generazionale. Negli ultimi anni abbiamo visto pian piano scomparire dall’agone politico nomi altisonanti che per decenni avevano occupato gli scranni del parlamento italiano senza che nessuno avesse potuto contrastarli realmente.

I cambiamenti più radicali si sono visti soprattutto nel Pd e nella Lega dove, con i nuovi segretari, si è percepito un vero rinnovamento. Negli altri partiti, più o meno in tutti, si fanno ancora i conti con i vetusti “onorevoli” restii ad abbandonare la ribalta mediatica.

Ne sa qualcosa la ottima e preparata Giorgia Meloni che, nonostante la giovane età e la ricca esperienza sul campo della politica attiva, deve vedersela ancora con i vecchi marpioni del suo ex partito (Alleanza Nazionale).

Chi però continua, nonostante tutto e tutti, a scalciare e a farsi largo tra le vecchie generazioni è Matteo Renzi, segretario del Partito Democratico, nonché più giovane Presidente del Consiglio della storia della Repubblica Italiana.

Oggi il segretario dei democratici ha concluso la sua quinta Leopolda, l’assemblea che dal 2010 riunisce i giovani, ormai navigati, del Pd che negli anni hanno conquistato il partito di D’Alema, Bersani, Veltroni e Bindi: i “dinosauri” della seconda Repubblica.

Questa mattina, a Firenze, il premier ha marcato una linea decisa tra il vecchio e il nuovo quando dal palco della Leopolda ha annunciato che “Non saremo un partito di reduci e non permetteremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd per riportarlo dal 41al 25 per cento”.

Inoltre stizzito dalle parole pronunciate ieri dalla Bindi («Penso che più imbarazzante della contro manifestazione della Leopolda non ci sia niente»), ha affermato “siamo indignati per come è stata dipinta questa iniziativa”. E poi, rivolgendosi all’intera popolazione ha dichiarato  “Quando diciamo che vogliamo parlare a tutti gli italiani vogliamo dire che abbiamo il desiderio di lasciare un segno e sfatare certi tabù. C’è un incantesimo da sfatare, non dico che l’Italia è la bella addormentata nel bosco perché mancano i principi”.

Mentre sull’art. 18 l’ex sindaco di Firenze ha detto “E’ una regola degli anni Settanta che la sinistra allora non aveva nemmeno votato, siamo nel 2014 è come prendere un iPhone e dire dove metto il gettone? Come prendere una macchina fotografica digitale e provare a metterci il rullino. E’ finita l’Italia del rullino”.

Ma l’affermazione più acclamata dal pubblico in sala è stata quando, sfidando chi dalla minoranza del partito minaccia scissioni, il segretario del Pd ha replicato dicendo “Sarà bello capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare il futuro”. Mandando loro un segnale forte “Non ho paura di nuovi soggetti a sinistra, le sinistre arcobaleno perdono e fanno perdere l’Italia”.

Insomma, a prescindere dall’idea politica di Matteo Renzi che ciascuno di noi può condividere o meno, dobbiamo dare atto al segretario del Pd che con il discorso di oggi si è definitivamente scollato dalla minoranza di sinistra del suo partito indirizzando la barra verso quel centro (destra) moderato rimasto ormai da anni orfano e senza punto di riferimento.

Compiacendo, però, chi da sempre sostiene che le differenze tra Renzi e Berlusconi siano solo gli anni.

di Enzo Di Stasio

foto: urbanpost.it

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