Recovery Fund, e adesso che ci facciamo con tutti questi soldi?

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Recovery Fund. Dopo quattro giorni di trattative, il consiglio europeo ha accordato all’Italia 208 mld euro per far fronte alle esigenze derivate dall’epidemia di coronavirus. Di questi 208, 127 sono sotto forma di prestito rimborsabile a tassi moderati e 81 a fondo perduto. E’ l’importo più alto accordato a un singolo Stato membro (il 28%) dei 750 mld complessivi. Il fondo dovrà essere impiegato per il 70% tra il 2021 e il 2022 e per il 30% nel 2023. La quota prestata dovrà essere restituita in dieci anni, a partire dal 2028.

Dal punto di vista strettamente economico-monetario, è una novità rivoluzionaria. Per la prima volta la Ue finanzierà la spesa in deficit degli Stati membri, affiancandosi alla Bce. Questa, peraltro, sinora lo ha sempre fatto a condizioni molto limitate oltre che contestate. Inoltre erano circoscritte ai soli paesi dell’euro. Da questo punto di vista, il RF è uno strumento anche più impegnativo dell’emissione degli eurobond, per il bilancio europeo. E’ appena il caso di notare che agli eurobond si opponevano sia i paesi nordici che la Banca centrale tedesca. Proprio per l’impegno solidale di tutti gli Stati.

Per la novità dello strumento non è sufficiente la sola trattativa politica per la sua adozione e il conseguente perfezionamento. Sono necessari una serie di passaggi giuridici ed istituzionali tra i vari organi eurounitari (Consiglio, Commissione e Parlamento europeo). Tenuto conto, perciò, delle procedure a carico dei singoli Stati membri, le prime erogazioni si avranno nella primavera del 2021. Per il periodo transitorio, la Ue mette a disposizione il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), il Sure (Cassa integrazione) e gli altri interventi della Bce. La quota Mes accordata all’Italia è di oltre 36 mld a tasso praticamente zero.

Per utilizzare il Recovery Fund bisogna prima presentare progetti di investimento

Come detto, il RF è destinato a far fronte alle esigenze dirette e indirette derivanti dall’epidemia Covid-19. Le esigenze dirette comprendono la sanità e la protezione civile mentre quelle indirette la ripresa delle attività produttive. Per richiederlo, quindi, ogni Stato deve prima presentare i propri progetti. Contestualmente deve poi garantire che il Fondo sia effettivamente impiegato per tali scopi. Il problema delle prossime settimane, per il governo italiano, sarà quindi la predisposizione di tali progetti. Difficilmente si potrà prescindere da un passaggio parlamentare. La questione infatti investe competenze di Bilancio.

I progetti, quindi, dovranno riguardare spese per investimenti. Non è ammissibile che i finanziamenti siano utilizzati per compensare un’eventuale riduzione delle tasse. Una riduzione, tra l’altro, comunque limitata alla capienza del Fondo stesso. Quindi, necessariamente transitoria. Ciò non toglie che la riduzione di alcune imposte/tasse, che ostacolano la ripresa produttiva potrà sempre essere finanziata in deficit con i normali strumenti finanziari. Pensiamo all’Irap o alle aliquote Iva di alcuni beni o servizi strategici.

Aree tematiche relative ai progetti Recovery Fund

Veniamo allora alle tematiche che possono rientrare nei progetti da finanziare con il RF. Tra le spese dirette sono comprese quelle per la sanità. Secondo alcuni esperti, l’epidemia ha messo in luce le grandi carenze del modello adottato da molte Regioni. Essendo centrato sull’eccellenza ospedaliera tale modello si è dimostrato accessibile a pochi. Va quindi riportata al centro del villaggio la figura del medico di base. Così come l’assistenza pubblica generalizzata.

Molte strutture ospedaliere vanno riprogettate secondo criteri polivalenti. Bisogna realizzare accessi separati in base alle diagnosi di primo livello dei medici di base. Il numero di costoro va incrementato- Analogamente quello del personale ospedaliero medico e paramedico. L’epidemia Covid ha poi evidenziato che l’estensione generalizzata della vaccinazione è un elemento indispensabile per la tutela della salute.

Oltre all’adeguamento di cliniche e ospedali non è più dilazionabile la messa a norma delle strutture scolastiche. Vanno riprogettati gli spazi con criteri di distanziamento sociale. Ciò in modo che alunni, insegnanti e personale scolastico possano operare in sicurezza. L’Italia non può permettersi ulteriori interruzioni delle lezioni scolastiche e universitarie in caso di nuove ondate epidemiche. Gli investimenti per l’edilizia scolastica devono essere considerati prioritari. Vanno incrementati gli spazi utilizzabili nell’edilizia carceraria.

Per spendere presto e bene è necessario digitalizzare la PA e semplificare le procedure

La Pubblica Amministrazione, in questi mesi, ha dovuto operare in smart working. Utilizzando internet ed altre procedure digitalizzate. Sono ambiti per i quali siamo gli ultimi in Europa. Soprattutto per quanto riguarda il loro uso pubblico. Non dobbiamo perciò perdere questa occasione unica per completare la digitalizzazione e la connessione della PPAA. In proposito, non si può tralasciare di progettare un vero “piano Marshall” formativo per i dipendenti pubblici. Ma anche per i singoli cittadini. Lo scopo è l’efficientamento della funzione pubblica e il miglioramento della sua fruibilità non solo in caso di epidemia.

La ripresa economica passa per lo sviluppo e l’ammodernamento delle nostre infrastrutture. Fermi restando gli interventi finanziabili con il Sure e i prestiti della Bce. Per utilizzare i fondi europei coerentemente alla loro scadenza è necessario procedere velocemente agli appalti e alla realizzazione delle opere. Ciò comporta una semplificazione delle procedure. Non a caso il governo si è già avvantaggiato adottando il “decreto semplificazione”. Successivamente il decreto sarà sottoposto all’approvazione parlamentare. Il “decreto semplificazione” è stato criticato dalle vestali della libera concorrenza e dalle lobby delle piccole e medie imprese. Il motivo è quello di aver ristretto i tempi per le procedure di aggiudicazione dei lavori. In realtà erano i “tetti” previsti dalla nostra legislazione ad essere più bassi di quelli ammessi dalla Ue.

Anche con tali modifiche l’Italia rimane al di sotto dai limiti consentiti dall’Europa. E’ però evidente che solo le grandi imprese possono garantire la realizzazione di grandi opere in tempi idonei per la ripresa. Al contrario, le imprese piccole e piccolissime sono quelle che maggiormente utilizzano il lavoro in nero. Sono inoltre maggiormente esposte ai ricatti della mafia. In ogni caso, la vigilanza sull’aggiudicazione degli appalti e sulla realizzazione delle opere deve essere finalizzata alla repressione di deprecabili operazioni. Stiamo parlando dell’utilizzazione illegale del subappalto e della pratica antieconomica della revisione dei progetti approvati.  

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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