Paolo Conte, la moka e il mistero della ragazza con la camicia a quadri

moka

Ho voluto uno specchio davanti al letto, in alcune zone della Campania. Lo specchio viene chiamato “o’ tal e qual” (il tale e quale), geniale espressione di regionale semplicità.

Il tizio che vedo è dunque tale e quale a me, dura realtà con cui fare i conti:

– capelli “Wolverine”, opera incompiuta di un hair stylist da film dell’orrore che serve  inconsapevoli clienti nelle sue notti folli e insonni

– pigiama “Britney Spears” con una spalla quasi nuda e due dita di pancia scoperte

– occhi “Virus letale”, in omaggio al denso film anni Novanta in cui una variante dell’ebola fa strage dei soliti americani che alla fine trionfano.

Non ho dormito molto, troppi pensieri e poco tempo prima che albeggi.

Striscio: è difficile da spiegare, se mi vedeste da fuori direste che sto camminando verso il bagno ma la verità è che dentro sto dando al corpo il comando “striscia” perché a questa ora è attiva soltanto la parte rettiliana del mio cervello. E i rettili, quasi tutti, non camminano. Chiudere porta, aprire doccia, acqua su rosso, più rosso, stufetta, testare acqua, ahi, meno rosso, ok. 

Lavo via anche il torpore, sto meglio.

Maglietta e jeans mi accompagnano in cucina, apro la moka, gesti curati e precisi riempiono prima il bollitore e poi il filtro metallico, passo l’indice sul bordo per togliere polvere di caffè, sigillo e sotto accendo la fiamma, bassissima. Mi piace farmi sorprendere dall’aroma, quindi intanto faccio altro: il letto, la sacca per la palestra.

Ed ecco il gorgoglio, seguito da un timido profumo di caffè . Mi giro verso la cucina, qualche raggio mattutino ha rotto le tapparelle, poi la vedo, molto femminile nonostante i capelli corti e nerissimi come gli occhi, labbra disegnate con un improbabile tocco di tristezza che, per contrasto, ne valorizza i sorrisi. Indossa più o meno solo la mia camicia a quadri, mi cammina attorno lentamente ma a ritmo, tiene lo sguardo nel mio mentre canta (o meglio, parla) Via con me, di Paolo Conte… “It’s wonderful”: mi ritrovo a pensare, per la prima volta, che sia tra le canzoni più sensuali della storia della musica “chips chips du-du-du-du cibum cibumbum” .

Se portassi la cravatta dovrei allentarla…”i dream of you!”…poi ricordo il mio disprezzo per le camicie a quadri e la loro conseguente assenza nel mio armadio, in più non conosco la ragazza… 

Infatti è solo nella mia mente, sorrido, cerco Paolo Conte, play.

Verso il caffè bollente in una tazza grande, le note nell’aria, “via, vieni via di qui”, qualche biscotto. Il rito del mattino è concluso, spalanco la porta e mi tuffo nel tiepido sole primaverile. Che al mattino abbiate le allucinazioni o no, la moka è un’altra cosa rispetto alle macchine automatiche a capsule e in più è ecologica.

Quasi impossibile da rompere per la sua semplicità, della moka basta cambiare ogni tanto la guarnizione in gomma. E’ di alluminio, quindi riciclabile quasi al 100%, e i fondi di caffè compostabili. Anche le capsule (pare se ne consumi qualche miliardo all’anno) sarebbero  riciclabili, ma in Italia siamo ancora molto indietro e in sostanza oggi vanno gettate nel sacco nero. Rimarrebbe poi aperto il tema, poco discusso, del riciclo periodico di milioni di macchine a capsule, dell’energia e dei materiali impiegati per la loro costruzione, nonché di quella dedicata al loro utilizzo.

Chissà se Paolo Conte usa la moka…?

Luca Munaretto

foto: tarantinisrl.com

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