Nulla sprecare

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Nel suo «Trattato di cucina, pasticceria, credenza e relativa confetteria» edito a Torino nel 1854 Giovanni Vialardi, Aiutante Capo Cuoco e Pasticcere di Carlo Alberto prima e di Vittorio Emanuele II poi, inseriva tra i primi doveri delle cuoche e dei cuochi quello di «nulla sprecare».

Eppure il pubblico a cui era rivolto il suo Trattato, personale a servizio della nobiltà e della borghesia piemontesi, non aveva certo problemi di ristrettezze. Prova ne è che lo stesso Trattato si dilunga in tutta una serie di ricche e sofisticate «minute» per le differenti stagioni ed occasioni e che per una semplice colazione tra amici prevedeva ben 18 portate comprendenti anche tartufi bianchi e pernici.

Ben prima di diventare uno slogan ambientalista, quindi, «non sprecare» ha rappresentato, in tutte le classi sociali, un comportamento socialmente responsabile, soprattutto in campo alimentare.

Per la nuova borghesia laica era indice di avvedutezza e di parsimonia, per la dottrina cattolica, in cui il cibo è dono divino, era doveroso, mentre per le classi meno abbienti era, semplicemente, una necessità.

Un tema, quello dello spreco alimentare, di stretta attualità visto che ci avviciniamo alle festività natalizie in cui, per tradizione, il cibo e la sua abbondanza saranno protagonisti.

La cucina degli avanzi

In un tale contesto interclassista non poteva mancare un vero e proprio filone letterario-gastronomico: la cucina degli avanzi di cui oggi, in rete e in libreria, si trova un numeroso campionario.

Capostipite di questo genere fu Olindo Guerrini, poeta sodale di Pellegrino Artusi, il quale probabilmente scrisse il suo «L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa» solo per fare il verso al libro del suo illustre amico visto che il suo testo fu pubblicato, postumo, nel 1918.

Nelle pieghe dei testi culinari antecedenti e successivi e nella cucina popolare si trova, comunque, un gran numero di preparazioni nate con lo scopo di recuperare gli avanzi.

Sovrane incontrastate degli avanzi sono le polpette e, in modo particolare, le polpette di bollito, ma a ben vedere quasi tutti i vari pasticci, timballi, quiche e torte salate in genere, scapece, muffin salati e dolci, cheesecake sino ai salami di cioccolato si prestano allo scopo e sono talmente attraenti da non far rimpiangere le preparazioni di cui utilizzano gli avanzi.

E la pasta? «Si avanza un po’ de pasta, mai buttalla: se sarta co’ un po’ d’acqua solamente, pe’ falla abbruscolì senz’abbrucialla» (Aldo Fabrizi «La Romanella»).

Il pane Re degli avanzi

Alzi la mano chi riesce ad acquistare la quantità esatta di pane: si merita un premio, perché il pane o è troppo poco o avanza.

E visto che certe preparazioni come il pancotto sono ormai poco gradite e che fare il pangrattato in una cucina già al limite dello spazio e dell’utilizzo del forno è quasi impossibile, per utilizzare il pane raffermo non restano che tre soluzioni: crostini, polpette e porrate.

Che arricchiscano una zuppa di legumi o un passato di verdure i crostini, che oltretutto durano giorni e giorni, fanno sempre comodo, delle polpette manco a dirlo, ma le porrate?

Piatti medievali di origine transalpina, le porrate devono il loro nome ai porri, che un tempo erano l’ingrediente dominante, ma venivano preparate anche con ogni tipo di verdura cotta e finemente tritata (oggi col passaverdura o il frullatore ad immersione), di magro o con l’aggiunta di carne, con latte, latte di mandorla non zuccherato, panna o acqua. E il pane? In tempi in cui la maizena e la fecola di patate erano sconosciuti e la farina di riso un lusso fungeva da addensante regolabile nel gusto e nella consistenza.

Gli amici degli avanzi

Gli amici degli avanzi, in grado di trasformarli completamente, sono alcuni semplici ingredienti: uova, latte, farina, olio extravergine d’oliva, erbe aromatiche, aceto, burro, brodo, miele, cioccolato e zucchero.

Alimenti che un tempo erano sempre presenti in ogni dispensa, ma che oggi, tra intolleranze, scelte dietetiche e cucine minimaliste rischiano di essere introvabili o insufficienti.

E così emerge la legge fondamentale del «nulla sprecare»: la cucina degli avanzi non s’improvvisa.

Se è vero, infatti, che gli avanzi sono un incidente di percorso, conseguenza di quel margine che in cucina ci si concede sempre per non rischiare di restare sotto le quantità, è altrettanto vero che, proprio per la dinamica che li produce, sono tutt’altro che imprevedibili e chi cucina sa che, salvo colpi di fortuna o porzioni improvvisamente ridotte, avanzi ce ne saranno sempre.

A maggior ragione quando si debbono mettere più persone a tavola, magari con abitudini, gusti e preferenze assai diversi.

Ecco allora che la cucina degli avanzi entra a buon diritto nel menù immaginando, già al momento di fare la spesa, come preparare gli eventuali avanzi e quali ingredienti occorreranno per trasformarli.

Pitoques à la parisienne

Leggenda narra che lo Chef del ristorante di un grande albergo avesse acquistato una quantità esagerata di carne da bollito.

Che farne? Non certo semplici polpette, piatto umile incompatibile con la fama del ristorante dell’albergo.

Ci pensò su e inserì nel menù, come consiglio dello Chef, le «Pitoques à la parisienne», che sempre polpette erano, ma fatte con gran maestria e servite in modo particolarmente invitante.

Fu un successo.

Dimostrando che senza intuito e fantasia la cucina degli avanzi è impossibile.

Foto di Ivana Tomášková da Pixabay

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