Mutandine usate! Come è nato il feticismo giapponese “panchira”

mutandine

Vi siete mai chiesti perché i Giapponesi hanno una fissazione feticista verso le mutandine e relativi odori? Come è nato e come mai ha avuto una tale diffusione?

Mutandine feticcio? Tutta colpa degli occidentali

Mutandine e moda. In Giappone, l’ossessione feticista per l’intimo è relativamente nuova e la “colpa” si deve soprattutto all’Occidente. 

Ricostruiamo la storia.

Durante l’era Meiji (1868-1912), i “comuni mortali” indossavano il kimono, lo zuro-su [ズロース] ,un tipo di bloomer (calzoncini intimo) e il koshimaki. Quest’ultima era una tradizionale sottoveste avvolta in vita, che fungeva da intimo. I ricchi invece iniziavano ad abbigliarsi alla guisa degli occidentali. 

Durante la Seconda Guerra Mondiale, le donne cominciarono a utilizzare dei pratici pantaloni larghi, legati con dei lacci alla caviglia, noti come “monpe”

Non potendo indossare il koshimaki, per ovvie ragioni di ingombro, optarono per gli indumenti intimi in stile occidentale, chiamati cassetti. 

Finita la guerra, il Giappone si impoverì notevolmente.  Di conseguenza, solo le prostitute di alto bordo, che si intrattenevano con i soldati americani, potevano permettersi il lusso di sfoggiare la costosa biancheria intima occidentale. Insieme al profumo delle parti intime, altrettanto costoso, le mutandine e i cassetti causarono il binomio: biancheria uguale promiscuità sessuale.

La vergogna alla base del feticismo per le mutandine

Quando l’economia nipponica si riprese, le donne ricominciarono a spendere per i loro abiti, intimo incluso. Tuttavia c’era una certa carenza di tessuti, così preferirono acquistare le mutande importate dall’Occidente, in quanto erano decisamente più economiche. 

Ad un certo punto, anche il Governo nazionale iniziò a incoraggiare l’utilizzo delle mutandine, rispetto alla tradizione “più rivelatrice” degli indumenti intimi indossati in passato. 

Le donne infatti non erano abituate a indossare né la biancheria intima, né le gonne in stile occidentale. Non erano abituate a sedersi con le gambe chiuse, né a muoversi in modo da nascondere le sottovesti. 

La nascente moda generò in loro una certo senso di vergogna, un fattore che alimentò il feticcio delle mutandine. 

Perché? 

Oltre al fatto che non utilizzavano intimo, le mutandine erano associate al vedo non vedo, al “nascondere” le zone erogene.

Inoltre, nell’immaginario collettivo erano ancora fortemente collegate alla prostituzione di alta classe.

Esistono distributori automatici di mutandine usate: Vero o falso?

In Giappone sono effettivamente esisti dei distributori di mutandine usate, appartenenti generalmente a delle studentesse.

Una legge del 1993 li ha tuttavia resi illegali. 

Ciononostante, il commercio di questo feticcio continua a prosperare all’interno dei sexy shop giapponesi.

La panchira nella cultura pop giapponese

Oggi, questa forma di feticismo ha un suo nome: panchira [パンチラ], cioè “biancheria intima a vista”.

Il termine nasce dalla fusione di due parole: pantsu, [パンツ] che deriva dall’inglese e chira, nome onomatopeico che indica una occhiata fugace, la sbirciatina insomma. In inglese tuttavia la parola pants di solito si riferisce ai pantaloni (jeans e altri), ma in giapponese è usata principalmente per riferirsi a qualsiasi tipo di biancheria intima, che si tratti di mutandine o biancheria intima.

Altre parole chiavi del feticismo nipponico sono: chirarizumu [チラリズ], letteralmente “vedere le parti intime di una donna”, shimpan [縞パン] letteralmente “mutandine a righe”, misepan [見せパン] letteralmente “far vedere casualmente le mutandine” e panmoro [パンモロ], cioè far vedere di proposito le mutandine.

Nell’arte dei manga, il panchira è rappresentato in maniera ossessiva

Piccola curiosità: a scatenare in via definitiva il feticismo panchira sarebbe stata la scena della gonna svolazzante in “Quando la moglie va in vacanza” con Marilyn Monroe. Film del 1955 che causò enorme scalpore in Giappone. 

Anche la serie tv dedicata ad Astro Boy Uran,  personaggio nato dal fumettista di manga Osamu Tezuka (1952 e il 1968), le mutandine sono spesso propagandare per “dare sollievo comico occasionale”.

Ma a spingere sull’acceleratore, fu il fumettista Go Nagai, che nella serie Shameful School e Cutey Honey degli anni ’70, fece del feticismo il suo cavallo di battaglia.

Stesso discorso vale per Hayay Miyazaki. Il celebre regista e fumettistaha beneficiato dell’ascesa del meme panchira. Nel film cartoon La città incantata, la mossa distintiva del personaggio principale nella sua prima serie, era quella di esporre le sue mutandine. 

Oggi, alcuni spettacoli come Strike Witches e Agent AIKa hanno portato la cultura del feticcio delle mutandine a un punto così estremo, che per salvarsi dalle critiche, possono solo nascondersi dietro l’alibi dell’arte.

Una leggenda inquietante sulle mutandine 

Secondo una leggenda urbana, nel 1932 scoppiò unincendio nei negozi Shirokiya (una catena di grandi magazzini). In quell’occasione, i dipendenti preferirono morire avvolti dalle fiamme, piuttosto che saltare fuori dall’edificio e mostrare le loro parti intime, perché non indossavano mutandine.

Un app previene gli scatti rubati 

In Giappone, questo tipo di feticismo è così fuori controllo, che nel 2002, sono state create delle app per evitare gli scatti rubati, in pratica, le fotocamere dei cellulari emettono suoni forti quando si scattano foto di nascosto.

Fonte foto: skdesu.com

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