
L’amministrazione Trump ha raggiunto un nuovo, straordinario, successo: la perdita del rating tripla A che l’agenzia Moody’s attribuiva all’America sin dal 1917.
Nel primo quadrimestre, Donald Trump è riuscito ad inimicarsi praticamente tutta l’America ed i suoi storici alleati e, contemporaneamente, a fallire in quasi ogni iniziativa messa in atto.
Ha cercato di asservire la cultura universitaria alle linee di pensiero governative, arrestando studenti che avevano protestato per il massacro di Gaza; i magistrati li stanno liberando tutti.
Ha tentato di taglieggiare le università, minacciando di revocare i fondi governativi se non avessero acconsentito ad un controllo quanto meno di alcuni istituti; solo la Columbia si è piegata, le altre hanno fatto causa all’amministrazione, capeggiate da Harvard, il cuore della cultura americana.
Ha cercato di ricattare grandi studi legali, colpevoli di aver difeso clienti non graditi al presidente o, peggio, di aver investigato contro lui. Trump ha emesso ordini esecutivi ad personam che proibivano a quegli avvocati di lavorare con la pubblica amministrazione. I magistrati hanno sospeso quegli ordini, evidentemente illegittimi.
Ha dichiarato guerra agli sprechi pubblici, istituendo il DOGE, dipartimento gestito da Elon Musk: migliaia di impiegati pubblici sono stati licenziati e hanno fatto migliaia di cause all’amministrazione, si è generato un mal contento diffuso e, come effetto collaterale, il valore di Tesla è precipitato tanto che è stato chiesto ad Elon Musk se, per favore, vorrebbe dimettersi ed andare a far fallire qualcun altro.
Ha imposto dazi assurdi a tutto il mondo, perché era l’ora di smetterla di approfittarsi dell’America; subito dopo, ha dovuto sospendere quelle tariffe perché era altamente probabile che il paese avrebbe perso quella insensata guerra commerciale, che avrebbe avuto un costo insostenibile.
Ha ridotto l’assistenza sanitaria per le fasce più deboli, impedendo ai più poveri di poter usufruire di cure gratis quindi, di fatto, impedendo loro di curarsi.
Ha deportato qualche migliaio di immigrati in violazione delle leggi, e, tra i tanti, ha deportato anche qualcuno che immigrato clandestino non lo era affatto ma tanto vale lasciarlo in prigione, qualche reato lo avrà commesso di certo.
Questo solo per ricordare alcuni dei grandi successi in politica interna che hanno portato ad un aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse a lungo termine (ossia dei rendimenti sui titoli di stato americani). Cosa significa? Che l’economia americana è rallentata, a rischio di recessione.
Così Moody’s ha rivisto il valore dell’America che passa dalla tripla A, massima valutazione possibile, a AA con una previsione di crescita negativa.
In parole semplici, un grosso guaio.
I paesi, per finanziarsi, emettono titoli obbligazionari; il valore ed il rischio di questi titoli sono legati alla stabilità ed al rischio di insolvenza del paese emittente. Le agenzie di rating valutano i paesi a richiesta dei paesi stessi per permettere agli acquirenti di investire in maniera consapevole ed informata. Senza valutazione, nessuno investirebbe, sarebbe come andare a fare la spesa ad occhi chiusi.
Così come valutano i paesi, le società di rating valutano anche tutte le aziende (sempre su loro richiesta) che emettono obbligazioni, per fornire agli investitori le informazioni sulla stabilità e sulla solvibilità dell’azienda.
Per quasi 110 anni, Moody’s ha ritenuto l’America un paese solido da tripla A: c’è voluto Trump per far crollare tutto. Già S&P aveva modificato la sua valutazione nel 2011, riducendola da tripla a doppia A, ma il downgrade della seconda più grande agenzia di rating potrà avere conseguenze serissime.
Il rating del paese, infatti, può trascinare con sè, nel bene e nel male, anche il rating delle società nazionali: le agenzie usualmente non attribuiscono alle società un rating superiore a quello del paese cui appartengono.
Apple, per dirne una, ma anche Johnson&Johnson e Microsoft, rischiano di perdere la AAA e lo stesso rischio lo corrono grandi università come Harvard, Princeton, Yale, Stanford ed MIT, che si finanziano anche tramite emissioni di titoli.
E pure gli stati come la Florida, la Georgia, l’Indiana, l’Iowa ed il Delaware, tutti a governo repubblicano salvo l’ultimo dei cinque e tutti in classe AAA, potrebbero vedersi degradare.
Il declassamento di paese, aziende e stati, potrà avere un costo economico ingente.
Il primo a risentirne sarà il dollaro, che probabilmente subirà un deprezzamento.
I titoli emessi dalle aziende declassate offriranno un interesse più alto all’investitore, il che significa che costeranno di più alle aziende emittenti.
Per chi volesse continuare ad acquistare titoli AAA per ridurre al minimo il rischio, l’America non sarebbe più il mercato giusto mentre lo sarebbe l’Europa non solo con Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Lussemburgo, premiate con la tripla A da tutte e tre le maggiori agenzie di rating, (S&P, Moody’s e la più piccola Fitch), ma lo sarebbe la stessa Unione Europea, per la quale Moody’s ha mantenuto il rating AAA.
Le reazioni della Casa Bianca non si sono fatte attendere: si sono scagliati contro Mark Zandi, capo economista di una società del gruppo Moody’s, che non è in alcun modo coinvolto con le decisioni sul declassamento; e se lo so io che non c’entro niente, dovrebbe stupire che a Washington abbiano le idee così confuse.
Ma nell’America di Trump non ci si stupisce più di niente e la svalutazione del paese da parte di Moody’s è solo l’ultima certificazione che in America le cose non stanno affatto andando per il verso giusto.
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La solita sparata del caporedentore:
“Donald Trump è riuscito ad inimicarsi praticamente tutta l’America”
Cercate: Trump’s approval ratings in Google.
I recenti sondaggi stanno segnalando che l’indice di gradimento è leggermente al di sotto di quello sfavorevole.
Tipo 44% favorevole 53% sfavorevole.
Nonostante lo zampino dell’economista, come si chiama, Cristiano Malgioglio.