L’inno alla carità

37Il brano che comunemente è conosciuto come “Inno alla carità” è posto al centro della Parola di Dio proposta oggi dalla liturgia. Le parole dell’Apostolo Paolo, ricche di contenuto e dense di significato rivestono una vitale importanza per noi cristiani. Si resta stupiti di fronte al vero significato di questi versi: essi, infatti, non finiranno mai di rivelarci l’eterno dinamismo dell’amore. Da questo singolare componimento, uno dei più famosi tra quelli esistenti nel panorama della letteratura cristiana di tutti i tempi, possiamo constatare come il nostro concetto di carità, a volte, risulti erroneo e come non si conosca mai abbastanza l’essenza vera di quest’eminente virtù. Tuttavia, quasi naturalmente, siamo capaci di distinguere il vero amore da quello falso e di discernere ciò che è autentico amore da ciò che, invece, riveste solo le sue apparenze.

Attraverso l’inno alla carità, Paolo ci introduce sapientemente alla conoscenza della virtù della carità e soprattutto a vivere cristianamente ciò che la sua essenza significa. “Aspirate ai carismi più grandi” (1Cor 12, 31): l’invito dell’Apostolo, non ha mezzi termini. Quella di Paolo, è una chiara esortazione che sottolinea non tanto cosa sia o meno la vera carità, quanto cosa potremmo mai compiere nella vita senza l’amore che – non dimentichiamolo – è una virtù che, assieme alla fede e alla speranza, Dio ci consegna nel giorno del Battesimo. Le espressioni dell’inno sono tutte molto eloquenti; menzioniamo solo l’ultima: “Se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova” (1Cor 13, 3). In altri termini, non pesiamo mai la carità in base alle nostre opere ma impariamo a pesare sempre le nostre opere secondo l’ideale della carità.

Le grandi opere compiute senza amore potranno anche stupire ma esse, in ultima analisi, non avranno mai un valore soprannaturale, non saranno mai contraddistinte dall’impronta di Dio. Come possiamo riconoscere la carità? Paolo continua: “La carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia” (cfr 1Cor 13, 4). L’Apostolo ci dice che cos’è la carità mediante i modi con i quali l’uomo deve lasciarsi guidare da essa. Perciò, colui che conosce bene la carità è paziente, benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia. La carità diventa così il metro e la misura del nostro comportamento. E ancora: “(La carità) non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 5-6). La carità, quindi, si manifesta pienamente in tutto ciò. Imparare la carità significa inculcarla al cuore, ma anche all’intelletto, ai sensi, allo spirito, al corpo, quindi, a tutto l’uomo. Un tale processo rappresenta la condizione necessaria, carissimi fratelli, dal momento che per poter praticare la carità bisogna prima impararla. Ma a volte ci sembra che sia proprio il contrario. I giovani, soprattutto oggi, credono che l’amore sia un sentimento immediato. In parte è vero, perché tale è la psicologia dell’amore umano. Ma non possiamo assolutamente pensare che questo sentimento, da solo, sia già l’amore che Paolo canta con quei versi bellissimi.

Se da un lato, la carità è un singolare dono di Dio, dall’altro, esso è consegnato all’uomo come un vero e proprio compito. Sì, amare è un compito proprio dell’esistenza umana, un contrassegno e un fondamento prima della santità di Dio e poi della santità dell’uomo. Essere Santi, infatti, significa amare e noi sappiamo che Dio è tre volte Santo perché Egli è infinito amore. Accogliamo, dunque, questa breve meditazione sull’amore che oggi Paolo riconsegna a ciascun credente. Pienamente certi che le nostre energie sono ancora vive e valide, esortiamoci a vicenda per acquisire all’interno della nostra comunità ecclesiale un impegno sempre più generoso ed efficace. Preghiamo perché si irrobustisca sempre più la buona volontà dei cristiani e perché cresca la nostra dedizione disinteressata per il Vangelo e i fratelli.

Dall’Eucarestia odierna ricaviamo con frutto la forza necessaria per crescere sempre più nell’amore e trovare in questo amore l’unica ragione della vita da testimoniare e da annunciare a chi ne ha bisogno. Il Signore Gesù ci manda ad “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4, 18). Nel centro stesso di questo lieto messaggio è custodita la verità sull’Amore assieme al grande comandamento dell’amore. Con queste parole del Vangelo di oggi, scritte anche nel libro del profeta Isaia, il Signore Gesù ci invia nel mondo per essere veri araldi del suo Vangelo. Questa verità sull’Amore illumini sempre la nostra vita; solo attraverso di essa la vita umana può riscoprire la freschezza del suo valore eterno e definitivo. Impariamo l’amore, quello vero, l’amore che Dio stesso ci ha rivelato in Gesù Cristo e che libera da ogni schiavitù umana. Uscendo da questa chiesa, maturiamo in noi la convinzione che solo l’amore dona la vita e la dona in abbondanza.

di Frà Frisina

foto: rondadellacaritaverona.org

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