Una delle fonti privilegiate dell’imprevisto in letteratura è l’equivoco. Il termine viene dal latino aequivocus, che unisce l’aggettivo aequus (equo, uguale) al verbo vocare (chiamare). Chiamarsi uguale non significa essere uguale, ma solo suonare allo stesso modo e quindi sembrare uguale.
Se cerchiamo il termine sul vocabolario lo troviamo sia come di aggettivo (nel senso di «che si può intendere in modi diversi») che di sostantivo (come sinonimo di «ambiguo, che desta sospetto»). Costituisce anche la radice del verbo equivocare e del poco utilizzato aggettivo equivocoso, ossia «incerto, oscuro».
L’equivoco nel dramma farsesco
Nell’oscurità è facile perdersi, errare e quindi cadere nell’errore che spinge in un vortice di imprevisti. La letteratura – soprattutto quella teatrale – è piena di storie basate sull’equivoco. Emblematica è The Comedy of Errors di Shakespeare, che in italiano si traduce sia come La commedia degli errori che come La commedia degli equivoci.
Ispirandosi alle commedie plautine e terenziane, Shakespeare dà vita a un breve dramma farsesco in cui l’ironia prende vita proprio da un lungo susseguirsi di equivoci. Ci sono due coppie di gemelli identici separati alla nascita, due città contrapposte, un marito e una moglie, due gravidanze che terminano lo stesso giorno, due giovani donne che sono sorelle.
Tutto comincia con l’arresto del mercante siracusano Egeon a Efeso. Portato al cospetto del duca Solino, inizia a raccontare la sequela di sventure che l’hanno portato lontano da Siracusa. Tanti anni prima la moglie «divenne, a uno stesso parto, madre felice di due bellissimi bimbi gemelli […]. E nella stessa ora e nel medesimo alloggio dov’eravamo una donna di condizione più modesta che la nostra fu alleviata d’un simile maschio fardello e cioè di due gemelli allo stesso modo identici. E dal momento che i loro genitori erano straordinariamente poveri, io li comperai entrambi perché facessero da servi ai miei figliuoli».
La rottura dell’armonia
Quella narrata fino a ora da Egeon è una vicenda inscritta nella simmetria. Presuppone una vita armonica, dove ognuno trova una perfetta collocazione. Tuttavia senza le asimmetrie non c’è movimento e senza movimento non c’è storia. Allora ecco che arriva il tipico imprevisto che scompiglia le carte, l’elemento separatore che devia il destino dei personaggi.
Durante il viaggio di ritorno verso casa un naufragio (simbolo tipico dell’imprevisto) sorprende Egeon e la sua famiglia. Uno scoglio spezza il vascello a metà e i personaggi si separano. Egeon resta con un membro di ogni coppia di gemelli, gli altri due vengono salvati da un’imbarcazione di pescatori e la moglie viene portata via dal mare.
Dalla separazione nascono nuove simmetrie: i figli di Egeon crescono identici e con lo stesso nome, Antifolo. Lo stesso vale per i gemelli-servi, entrambi di nome Dromio. Quando Antifolo e Dromio di Siracusa partono per Efeso le loro strade si incrociano casualmente con quelle di Antifolo di Efeso e del suo servo Dromio di Efeso. Si genera un caos in cui vengono coinvolti anche Adriana (moglie di Antifolo di Efeso), la sorella Luciana, un orefice, due mercanti, una cortigiana e una madre badessa.
La ricomposizione del puzzle
The Comedy of Errors sembra un puzzle che cerca di ricomporsi da solo. I pezzi ci sono tutti ma non si trovano gli incastri giusti. Viene fuori una vicenda grottesca, paradossale e inverosimile che suscita l’ilarità dello spettatore. Anche quando Antifolo di Siracusa avrebbe la possibilità di porre fine all’equivoco decide di perseverare nell’errore: «Sono conosciuto a costoro e sono dunque irriconoscibile a me stesso? Farò com’essi vorranno e persevererò nella finzione, e correrò fino in fondo l’avventura in questa nebbia».
Questa decisione è necessaria perché la tensione generata dall’equivoco possa montare fino a raggiungere l’apice e sciogliersi solo alla fine. Nel quinto atto tutti i protagonisti della commedia sono riuniti al cospetto di Solino. Ci sono i due Antifolo, i due Dromio, Egeon, Adriana e Luciana e la madre Badessa. In tutto i personaggi sono otto, numero pari e palindromo, e quindi simmetrico da ogni punto di vista.
I due fratelli-padroni e i due fratelli-servi si ritrovano, Adriana si ricongiunge al marito, Luciana si unisce a Antifolo di Siracusa e Egeon ritrova la moglie che pensava perduta per sempre. Si tratta della madre badessa, che pensando di essere rimasta sola al mondo dopo il naufragio aveva preso i voti. Il finale è una conclusione netta e perfetta, dove niente resta in sospeso. E dato che il dramma finisce proprio dove era cominciato, si pone come la chiusura di un cerchio, un cerchio perfetto come quello di Giotto.
Fonte foto: liberliber.it
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