Il terrorismo islamista e la guerra contro l’Occidente

ISISIn questi giorni, in cui tutto il mondo è sconvolto dall’attentato avvenuto il Francia, forse qualcuno si sarà chiesto chi sono e come sono nate queste cellule terroristiche islamiche che stanno minacciando l’intero Occidente.

L’ultimo scioccante caso di cronaca è l’irruzione nella sede del giornale satirico parigino Charlie Hebdo in cui due terroristi hanno aperto il fuoco e ucciso dodici persone. I killer sarebbero Said e Cherif, due fratelli jihadisti franco-algerini di 32 e 34 anni, tornati in Francia quest’estate dalla Siria, con un complice, Amid, di appena 18 anni. Anche questa volta i terroristi hanno giustificato il loro gesto “in nome di Allah”. Andiamo allora ad analizzare l’origine del terrorismo islamico e i principali gruppi terroristici attualmente attivi nel mondo.

Il terrorismo islamista o, meno correttamente, islamico è una forma di terrorismo religioso praticato da ristretti gruppi di fondamentalisti musulmani per raggiungere vari obiettivi politici in nome della religione. Il fenomeno ha assunto dimensione globalmente rilevante solo nel secondo dopoguerra, in particolare, a seguito dell’irrisolta questione palestinese.

Per capire l’origine del terrorismo islamista serve anzitutto introdurre tre personaggi: il primo, conosciuto da tutto il mondo per gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, è Osama bin Laden, uomo di origine saudita che per lungo tempo è stato a capo di al Qaida; il secondo è un medico egiziano, Ayman al-Zawahiri, che ha preso il posto di bin Laden dopo la sua uccisione in un raid americano ad Abbottabad, in Pakistan, il 2 maggio 2011; il terzo è Abu Musab al-Zarqawi, un giordano che dagli anni Ottanta e poi Novanta era stato uno dei rivali di bin Laden all’interno del movimento dei mujaheddin, e poi anche di al Qaida e che nel 2000 ha fondato l’Isis.

Al Qaida era nata sull’idea di sviluppare una legione straniera sunnita, che avrebbe dovuto difendere i territori abitati dai musulmani dall’occupazione occidentale. Zarqawi, invece, aveva altro in testa: voleva provocare una guerra civile su larga scala e per farlo voleva sfruttare la complicata situazione religiosa dell’Iraq, paese a maggioranza sciita ma con una minoranza sunnita al potere da molti anni con Saddam Hussein. Si è notevolmente rafforzato a partire dal 2010 sotto la direzione dell’attuale capo, Abu Bakr al Baghdadi, che ha unilateralmente proclamato la rinascita del califfato nei territori caduti sotto il suo controllo.

Sia Isis che Al Qaeda hanno lo stesso progetto: il jihad globale, ossia la guerra santa dell’Islam contro tutti gli infedeli del mondo, anche se presentano alcune differenze. Al Qaeda non ha mai avuto il controllo su un preciso territorio. L’Afghanistan ha rappresentato una base negli anni del regime talebano, ma Osama Bin Laden non ha mai avuto un ruolo “politico”. Al contrario l’Isis, sigla che indica proprio lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, governa varie zone della Siria e dell’Iraq sottoponendo a un diretto controllo anche fiscale la popolazione di quelle zone. Il Califfo al Baghdadi, esercita insomma un comando politico.

Le truppe dell’Isis sono formate da combattenti “regolari”. Gli scontri con l’esercito iracheno e con i militari di Bashar Assad in Siria sono avvenuti in una maniera “tradizionale”, in trincea, al Qaeda, invece, ha sempre colpito il “nemico” in maniera irregolare con attentati di matrice terroristica.

L’ISIS negli anni si è rafforzata notevolmente e ha mutato più volte i propri intenti, arrivando ad usare metodi così violenti che anche Al Qaida di recente se ne è distanziata. Lo scorso 19 novembre in un video l’Isis aveva esortato i musulmani francesi a colpire in Francia e adesso ha colpito nuovamente con l’attentato alla redazione del giornale.

 I sostenitori dell’Isis hanno espresso gioia sul web per la “strage” di Parigi. “Sono finiti per sempre i tempi in cui agli insulti all’Islam in Europa si rispondeva solo con manifestazioni di condanna da milioni di persone”. Questo uno dei tweet, di un sostenitore dell’Isis. “Charlie Hebdo è stato attaccato… Non mi fa né caldo né freddo! Anzi ben fatto. Si raccoglie quello che si semina”, recita un altro tweet. Un altro sostenitore dello Stato Islamico esorta i “lupi solitari” a colpire “la testa del serpente in Danimarca”, riferendosi al quotidiano danese Jyllands-Posten, che pubblicò vignette “blasfeme” di Maometto, nel 2005.

I terroristi musulmani hanno rivendicato, a detta loro, un torto subito, scatenando l’odio di tutto l’Occidente e non solo. Il rischio di un ciclo di violenze reciproche è alto e la tensione sociale è alle stelle. Nel mondo della globalizzazione, universi diversi si scontrano: idee, interessi politici e questioni religiose non riescono ad omologarsi in un unico agglomerato sociale. In questo contesto la violenza di certo non unisce, separa o al massimo fa soccombere una delle due parti. Terminiamo perciò con un aforisma di Gandhi: “dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.”

 di Arianna Orlando

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