Il ritorno di Carmen, un’anima rock contro gli amori malati

fotonews1 CCL’Antico Teatro Greco di Taormina è quasi al buio, quando Carmen Consoli con scarpe rosse e ciglia lunghissime imbraccia la sua Fender rosa e intona “Casta Diva” di Vincenzo Bellini.

L’omaggio al compositore catanese è il prologo di un concerto che è un viaggio nel mondo dell’amore al femminile, quello libero, coraggioso e fiero delle protagoniste di Sentivo l’odore, Venere, Ottobre, Quello che sento, L’abitudine di tornare. Ma anche delle donne abusate e vittime di stalking e femminicidio, di cui parla in Mio zio e La signora del Quinto piano, tanto che dal palco la cantante invita espressamente le donne a denunciare qualsiasi tipo di sopraffazione e ricorda il numero rosa 15 22 a cui rivolgersi. Poi ci sono anche le ragazze di AAA Cercasi o la povera Contessa Miseria (“ibernata a vent’anni”). E infine la Sicilia, con la nuova Esercito Silente, in cui si chiede: ” Chissà se il buon Dio perdonerà Palermo”. Non manca nulla, è il premio per quel pubblico che l’ha attesa per quasi cinque anni.

Un’esibizione di oltre due ore, ventitré canzoni, accompagnata da Luciana Lucini al basso e da Fiamma Cardani alla batteria, per uno spettacolo ritagliato con cura proprio per la data di Taormina. La parte centrale del concerto è uno spettacolo quasi a se stante: nel silenzio incuriosito del pubblico entrano in corteo le otto Malmaritate, il gruppo musicale catanese scoperto nel 2013 dalla stessa Consoli. Nella platea, al rullo di tamburi, le artiste si fanno spazio vestite da spose, con antichi abiti di pizzo e macramè, ingialliti dal tempo e dal dolore. Truccate e pettinate in simbolo di morte e sofferenza, le Malmaritate, che della lotta al femminicidio ne hanno fatto un impegno di vita, evocano le donne troppo spesso nascoste e costrette in matrimoni o legami che sono gabbie.

E’ una calda notte siciliana, e nella magica atmosfera dell’Antico Teatro Carmen incanta tutti, con quel timbro che riconosceresti tra mille e l’anima rock dei suoi primi lavori. Alla fine è sola con la sua chitarra quando regala al pubblico le canzoni più amate: Amore di plastica, L’ultimo bacio, Parole di burro… tutti in piedi, conoscono tutte le parole, la luci dei telefoni illuminano mille volti, qualcuno grida: “Cantantessa!” e in fondo si intravede un cartello appeso a una transenna: sopra c’è scritto: “Noi abbiamo l’abitudine di amarti”.

di Patrizia Angona

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.