Nelle tavole natalizie contenderà al Pandoro il ruolo di dolce tipico relegando ai margini le decine di altri dolci natalizi.
Parliamo ovviamente del Panettone e, tanto per esser chiari, di quello di Milano.
Perché, almeno sino agl’inizi del ‘900, di Panettoni ce n’erano più d’uno: oltre al più famoso di Milano, il Panettone alla veneziana, il Pan dolce genovese, la Bussola (o Bossolà) di Brescia sino alla Brioche definita da Giuseppe Ciocca, il più prestigioso pasticcere del ‘900, «il panettone francese».
Del resto una delle poche critiche che si rivolgono a Pellegrino Artusi è di avergli preferito il «Panettone Marietta», inventato dalla sua fida cuoca tuttofare, che egli giudicava «assai migliore di quello di Milano che si trova in commercio».
La nascita del Panettone di Milano contemporaneo
I primi riscontri letterario-gastronomici del Panettone di Milano, o alla milanese, si rinvengono alla metà del 1800: ne trattano sia Giovanni Felice Luraschi nel «Nuovo Cuoco Milanese» (1853) sia Giovanni Vialardi nel «Trattato di cucina, pasticceria, credenza e relativa confetteria» (1854), ma ancora nel 1917 il ponderoso «L’Arte della Cucina» edito da Salani preferiva il lievito chimico (miscela di cremor tartaro e bicarbonato di sodio) a quello per panificazione.
A fissare la ricetta del Panettone contemporaneo, con la sua lunga e laboriosa lavorazione, è stato Giuseppe Ciocca ne «Il Pasticcere e Confettiere Moderno» del 1907.
Allo stesso Ciocca, fondatore della Società dei cuochi milanesi, si deve anche il sostegno incondizionato dell’industrializzazione del Panettone e della sua trasformazione da prodotto di pasticceria (del quale lui stesso forniva le istruzioni per eleganti decorazioni a beneficio di coloro che potevano permettersele) a prodotto di massa.
Un prodotto industriale di successo
Se Pellegrino Artusi era pienamente immerso nel 1800, Giuseppe Ciocca era completamente proiettato nel 1900, «il secolo veloce».
Ciocca, riferendosi al Panettone, sosteneva infatti l’uso delle impastatrici sia per sveltire il lavoro dei pasticceri, sia per rendere il prodotto finale più morbido e raffinato.
Lo scopo di Ciocca non era quello di realizzare un dolce artigianale, ma un prodotto industriale di alto livello in grado d’imporsi sul mercato nazionale e internazionale.
Le ragioni del successo del Panettone
Dalla metà degli anni ’50 alla fine degli anni ’70 due aziende milanesi, Motta e Alemagna, laboratori artigianali nati nel primo dopoguerra e convertitisi alla produzione industriale, si contesero la parte preponderante del mercato del Panettone che iniziò ad essere conosciuto al di fuori dei confini meneghini.
A decretarne il successo furono sicuramente il packaging: accattivante, particolare e riconoscibile, e la pubblicità che faceva il verso a Norman Rockwell, l’illustratore del sogno americano.
Il Panettone, come l’Albero di Natale, le luminarie, i negozi traboccanti di merce, la Upim, La Rinascente, simboleggiava un nuovo tipo di Natale: laico, consumista, alla portata di tutti e Milano, la capitale del boom, celebrava col Panettone il benessere raggiunto grazie alla sua proverbiale operosità.
Per le famiglie italiane mettere sulla tavola natalizia il Panettone fu sicuramente una rottura con le vecchie tradizioni, ma allo stesso tempo rappresentò un punto di arrivo, il mettersi definitivamente alle spalle un passato di poverà e di privazioni.
L’artigianalità del Panettone
Nel 2003 la Camera di Commercio di Milano si fece promotrice, assieme ad alcune associazioni imprenditoriali milanesi, dell’artigianalità del Panettone gettando le basi di quel disciplinare che ora è consacrato nel Decreto 22 luglio 2005.
Iniziativa lodevole quella meneghina, ma che ha portato il Panettone lontano da Milano, visto che da qualche anno è la Campania ad aggiudicarsi i premi più prestigiosi, e in qualche modo ha «tradito» le aspettative di Giuseppe Ciocca il quale diceva apertamente che senza l’industrializzazione, seppure di alto livello, il Panettone di qualità sarebbe rimasto, com’è diventato oggi, visto che il suo prezzo medio supera i 40 euro, un prodotto di lusso.
E così a Natale si allargherà ulteriormente quella «forbice alimentare», che sembra non far preoccupare nessuno, tra coloro che si potranno permettere prodotti artigianali di qualità e coloro, e sono purtroppo la stragrande maggioranza, che «per rispettare la tradizione» dovranno ricorrere ai Panettoni della grande distribuzione che costano anche un decimo di un Panettone artigianale, con la netta percezione di essere costretti ad acquistare un prodotto di qualità largamente inferiore.
E poco importa se al di fuori dei confini di Milano la tradizione del Panettone sia recente, se abbia sempre di più il sapore del rimpianto di un tempo, che oggi sembra lontanissimo, in cui il Paese era proiettato sul futuro e non ripiegato sul suo passato, perché, come recitava Renato Pozzetto in un fortunato spot sul Panettone: «il Natale quando arriva, arriva».
Foto di Décio Guanabarino Silveira da Pixabay
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