I giuramenti di Strasburgo: due lingue per siglare un patto

giuramenti strasburgo

«Per amore di Dio e per la salute del popolo cristiano e nostro comune, da questo giorno in avanti, in quanto Dio me ne concede sapere e potere, io sovverrò questo mio fratello Carlo e d’aiuto e d’ogni cosa, come si deve secondo giustizia sovvenire il proprio fratello, a tal patto ch’egli faccia altrettanto nei miei riguardi, e con Lotario non verrò mai ad accordo alcuno che, di mia volontà, sia a danno di questo mio fratello Carlo». Con questa formula, pronunciata in duplice lingua nel lontano 842, Ludovico il Germanico giura fedeltà al fratello Carlo il Calvo. Ma non solo, contribuisce anche a scrivere il più antico documento in lingua volgare che sia mai esistito: i giuramenti di Strasburgo.

Storia di divisioni e accordi

I giuramenti di Strasburgo si collocano in un contesto storico fatto di contrasti di sangue e frammentazione politica. Carlo Magno è morto, Ludovico il Pio ha diviso il Sacro Romano Impero tra i suoi figli e l’autorità dell’imperatore copre confini sempre più stretti, nel tempo sempre più distintamente tedeschi. All’epoca dei fatti l’unico che può vantare il titolo di imperatore è Lotario, primogenito di Ludovico il Pio e erede della parte centrale dell’impero carolingio. Egli diviene ben presto una minaccia per i fratelli, che si coalizzano e si giurano fedeltà reciproca per contrastarne il potere.

Ludovico il Germanico (sovrano della parte orientale dell’impero) e Carlo il Calvo (sovrano della parte occidentale dell’impero) giurano dunque di sostenersi a vicenda e di non stringere alcun accordo con Lotario. Lo fanno in lingua romanza (francese antico) e in lingua teudisca (tedesco antico). Il giuramento viene fatto inizialmente dai due nelle rispettive lingue, ovvero in francese Carlo e in tedesco Ludovico, in modo da farsi capire dai propri soldati. Poi i fratelli si scambiano le lingue per impegnarsi ciascuno davanti all’esercito dell’altro.

L’importanza del ponte linguistico

Questo evento segnala la necessità di creare un ponte sulla Babele che si è venuta a formare (o a riformare) dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. In realtà un ponte c’è già ed è abbastanza lungo e ramificato da toccare terre lontane tra loro. Si tratta del latino medievale che è derivato da quello classico per continuare a imporsi come lingua sovranazionale. Ma quel giorno, a Strasburgo, non serve una lingua che copra grandi distese geografiche per poi essere accessibile solo a pochi eletti. Serve uno scambio con il fine pratico di mettere esponenti di due popoli diversi in comunicazione tra loro senza annullare le differenze. Un’operazione fondamentale dato che si tratta di un giuramento consumato davanti a una platea di testimoni non colti, la cui presenza è importante tanto quanto quella di chi giura. 

In questo senso tale espediente linguistico assume una funzione solenne, quasi sacra. Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo si scambiano la lingua come se fosse una stretta di mano che instilla fiducia e orgoglio in chi guarda. E intanto c’è chi prende nota di questo avvenimento. Il suo nome è Nitardo. È un consigliere di Carlo il Calvo, probabilmente uno degli ideatori del testo del giuramento. Trascrive fedelmente i discorsi recitati scambievolmente nelle due diverse lingue dai due fratelli. Li introduce in una sua cronaca scritta in latino, che in quello spazio e in quel tempo era l’unico idioma degno di toccare le alte sfere della cultura. Ed è proprio in questa cornice che la testimonianza dei giuramenti di Strasburgo si è conservata per arrivare fino a noi.

Foto di ha11ok da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.