Chiese semi vuote, cattiva testimonianza e timore di professare la fede rendono il cristianesimo vulnerabile

chiesa vuota“Dittatura del relativismo”, con questo termine Papa Benedetto XVI ha voluto dipingere con poche pennellate la nostra epoca. Dittatura di ciò che vorrebbe opprimere il cristianesimo. E credo che tanti di voi ricorderanno le parole che il Papa stesso proferì quando parlò della fede in Europa; apostasia dell’Europa – disse – in riferimento al rinnegamento della fede cristiana che oggi si esprime anche nell’antico continente.

È proprio vero, chiese semi vuote, cattiva testimonianza, timore di professare la fede rendono la nostra epoca e il nostro cristianesimo particolarmente vulnerabili. Oggi si preferisce altro; l’uomo vuole trovare la vera felicità ed il suo appagamento in ciò che lo imbruttisce. Può essere chiamata vera vita se essa è vissuta senza sapere dove si va, con chi si va, come si va? Una vita vissuta senza punti fermi, senza orientamento, conduce l’uomo in un vuoto esistenziale incolmabile e tenebroso. L’uomo e il suo cuore ben sanno che tale vuoto può essere colmato solo da Dio. Il rinnovato bisogno di preghiera, la diffusa esigenza di spiritualità, elementi già menzionati da Giovanni Paolo II nelle encicliche stilate per il Giubileo del 2000 rappresentano la sete innata di Dio che l’uomo avverte prepotentemente nel suo intimo. La forte secolarizzazione che inaridisce sempre più l’anima dell’uomo non potrà mai estinguere questa grande sete di Dio.

In mezzo a tanta confusione, i giovani soprattutto, portano avanti un pizzico di positività e di ottimismo, diffondendo la voglia di cambiare qualcosa nella loro vita per far posto finalmente alla serenità, alla tranquillità, all’equilibrio, alla speranza. E affiorano alla nostra mente le parole pronunciate da Pietro che, dinanzi agli apostoli, confusi e smarriti, rallegrano il Maestro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Approfittiamo di questo tempo pasquale per revisionarci seriamente e fare un primo bilancio della nostra vita di fede. Pur seguendo Gesù, sappiamo affidarci ciecamente a Lui, siamo diventati uomini nuovi? Capita nella nostra vita l’esperienza amara della solitudine, il non avere amici veri; proprio questi sono i momenti in cui Dio si fa più vicino a noi e da solo, con amore di Padre, cerca di farsi strada per raggiungerci. Lo fa per dirci che Lui è lì con noi e soffre con noi; come già fece con i suoi discepoli, Egli ci guida per le vie del mondo, donandoci luce, grazia, consiglio.

Il Vangelo di questa domenica ci porta in quel Giovedì Santo, nel Cenacolo di Gerusalemme, durante l’ultima cena. Gesù proferisce parole di commiato, per il momento incomprensibili al cuore dei discepoli innamorati e affascinati dal loro Maestro. Di lì a poco Gesù lascerà i suoi cari amici; possiamo immaginare la loro confusione, il disorientamento, uguale al nostro quando a volte ci sentiamo soli e pensiamo che Dio non si interessi più di noi. Una brutta tentazione questa, che ci induce a vivere disordinatamente e a condurre la nostra vita lontani da Lui e sostituendolo con altri pseudo valori. L’esperienza ci insegna che di Dio non se ne può fare mai a meno. Gesù, oggi ci viene incontro, ci indica il retto cammino per non cadere nella rete di chi vorrebbe chiuderci le porte del Paradiso. “Seguite la mia parola, solo così potrete dimostrare che mi amate”; “Seguite la mia parola, con il Padre verremo ad abitare dentro di voi”. Ecco la prova dell’amore, essa consiste nell’osservare la sua parola e metterla in pratica.

Quale migliore occasione per riscoprire, carissimi, la Parola di Dio, la Bibbia? Essa, che non è solo un Libro o una dottrina, diventi ancora parola fatta carne, sangue, sia per noi una continua scuola di vita. Se c’è poca fede oggi, o se la fede, come affermava Paolo VI, sta lasciando il posto a suggestioni umane, è perchè tra di noi c’è una profonda ignoranza delle Scritture. La parola di Dio non è più considerata carne, non rappresenta più la lampada per i nostri passi, di conseguenza nel nostro cuore non regna più la pace. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” ripete Gesù, ma questa pace sembra che l’abbiamo smarrita. “Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore”, il buio non potrà prevalere perché noi siamo stati creati nella verità e per la verità.

Noi cristiani abbiamo il dovere di sbarrare la strada ai cattivi maestri che ogni giorno cercano di intorpidire e confondere i cuori dei fratelli più fragili. La Chiesa di Cristo, popolo di Dio, quella fatta sia dalla gerarchia sia dai fedeli, deve essere una chiesa libera, profetica, coraggiosa, “una chiesa che sogna” – aggiungerebbe mons. Tonino Bello. A nessuno di noi è consentito strappare la pace dal cuore del proprio fratello. Questa pace non è un sentimento o un semplice anelito, ma è Dio stesso. La pace che Dio dona non è una pace stipulata con trattati o alleanze, non è una pace intesa come silenzio di armi. La pace che Dio dona è il prezzo di una vita, quella del Figlio, morto in croce per tutti noi e “risorto dai morti per la nostra giustificazione”.

In questo mese dedicato particolarmente a Lei, preghiamo insieme la Regina della Pace, Maria SS.ma, perché possa vegliare sui costruttori di pace e custodire il nostro cuore che è sempre inquieto. Sì, Signore, ti vogliamo pregare proprio con le parole di sant’Agostino: “Il nostro cuore non ha pace finchè non riposa in te; il nostro cuore non ha pace, Signore, perché ha sempre sete di te”. Dissetaci, e berremo sempre di quest’acqua. Amen.

di Fra’ Frisina

Foto: ilpensatoiodimcg.blogspot.it

1 risposta

  1. luca

    Molti anziani in chiesa. Non e’ mica che quando eranogiovani in chiesa non ci andavano, mentre wuelli che ora sono giovani in chiesa ci andranno quando giovani non lo saranno piu’?

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