Il Caravaggio a Roma, un itinerario dove ammirare i suoi capolavori

caravaggio

Il Caravaggio è sicuramente uno dei pittori che ha lasciato più traccia di sé nella Città Eterna. Soprattutto in termini di opere d’arte che si possono ammirare in luoghi aperti al pubblico, in molti casi gratuitamente. Giunse a Roma intorno al 1594 e forse anche prima, proveniente dalla natia Italia settentrionale.

Ripercorriamo, attraverso un itinerario, i luoghi e le testimonianze artistiche che ha lasciato il “pittore maledetto” nella nostra città. Iniziamo da una casa in Vicolo del Divino Amore 19, all’epoca Vicolo San Biagio, tra Montecitorio e Fontanella Borghese.

La casa dove il Caravaggio fu sfrattato per morosità e il luogo dove accadde il ‘fattaccio’

In questa strada del rione Colonna il pittore visse tra il 1604 e il 1606. A ricordare la presenza del maestro non vi è una targa del Comune ma un murales di un artista sconosciuto. Il Caravaggio prese in affitto questa casa l’8 maggio 1604. Vi dipinse uno dei suoi quadri più controversi, La morte della Vergine, ora al Museo del Louvre. Versò regolarmente il canone fino al gennaio 1605 e poi smise. La conduttrice si rivolse allora al tribunale ecclesiastico che, nel luglio 1605, interdì al pittore di rientrare nell’alloggio. Accordò inoltre alla ricorrente il pignoramento di tutti i beni rimasti in casa a titolo di risarcimento degli affitti mancanti.

Dal vicolo del Divino Amore imbocchiamo Via dei Prefetti, sino a Piazza Firenze. Qui inizia Via di Pallacorda dal nome del gioco (una specie di pelota spagnola) che vi si praticava. Con tutta probabilità fu qui che Caravaggio, il 28 maggio 1606, uccise Ranuccio Tomassoni per un diverbio di gioco. Ma, forse, tra i due c’era acrimonia a causa delle grazie della cortigiana Fillide Melandroni che si concedeva ad entrambi. Fatto sta che per tale “fattaccio”, Caravaggio fu condannato a morte e dovette fuggire per sempre da Roma e dallo Stato Pontificio.

Verismo ‘ante litteram’ e tre momenti della vita di San Matteo

Proseguiamo invece da Piazza Firenze per Via d’Ascanio. Prendiamo poi a sinistra un primo tratto di Via della Scrofa e poi voltiamo subito a destra per Via dei Portoghesi. Giriamo ancora a destra per Via dei Pianellari e giungiamo a piazza di Sant’Agostino, dove si erge l’omonima chiesa. All’interno è visibile il quadro della Madonna dei Pellegrini (1604-06) che il Caravaggio dipinse avendo come modella Lena Antognetti, un’altra famosa cortigiana dell’epoca. “Verista” ante litteram, il maestro dipinse inginocchiati ai piedi della Madonna due viandanti lerci e con i piedi sporchi in primo piano.

Usciti dalla Chiesa giriamo a sinistra per via di Sant’Agostino. Poi percorriamo a destra un nuovo tratto di Via della Scrofa per giungere a San Luigi dei Francesi. Nella Cappella Contarelli, un trittico di quadri raffigura i tre momenti fondamentali della vita di San Matteo. Nella Vocazione di San Matteo, il maestro “fotografa” il momento di stupore del pubblicano per la sua chiamata da parte di Gesù. La scena, tuttavia, è calata nel seicento, in quanto tutti i gabellieri vestono secondo la moda di allora. A rendere suggestiva la scena è il fascio di luce proveniente dall’alto che, sfiorando la mano del Cristo, giunge ad illuminare il destinatario dell’indice puntato.

In S. Matteo e l’Angelo è raffigurato il rapporto di ispirazione nella redazione del vangelo tra l’anziano apostolo e l’angelo. Nel Martirio di San Matteo, la composizione fa perno sulla figura del carnefice, che si prepara alla stoccata finale sul Santo, sempre alla presenza dell’angelo, tradizionalmente affiancato al primo evangelista.

L’immagine del Narciso e tre stupefacenti eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento

Usciti dalla chiesa seguiamo le indicazioni per il Pantheon. Attraversiamo la Piazza e proseguiamo dritti sino a che non sbuchiamo in Via del Corso. Qui giriamo a sinistra sino a Largo Chigi. Prendiamo Via del Tritone sino al Largo omonimo per poi prendere la via a destra in salita sino all’ingresso di Palazzo Barberini. Nel Museo Nazionale possiamo ammirare Giuditta e Oloferne (1599).

Giuditta è ritratta nell’atto di tagliare la testa al suo oppressore, con decisione ma al tempo stesso con sdegno. Alla sua giovanile bellezza fa da contraltare il volto rugoso dell’ancella che la supporta. Il volto di Oloferne mostra una smorfia di estremo dolore ed è contratto dalla tensione. Sempre nel magnifico palazzo troviamo il Narciso del 1599. Specchiandosi su una superficie d’acqua, il giovane è ammaliato dalla bellezza della sua immagine riflessa. L’opera è stata reinterpretata nel XX secolo dal “postimpressionista” Corrado Cagli.

Usciti, torniamo a Largo del Tritone e proseguiamo nella stessa direzione per Via Sistina, in salita. Giunti a Trinità dei Monti, scendiamo dalla scalinata per attraversare tutta Piazza di Spagna sino ad imboccare Via del Babuino. Al termine di questo eccezionale percorso attraversiamo Piazza del Popolo ed entriamo in Santa Maria del Popolo. Nella Cappella Cerasi sono esposte due incredibili opere del maestro lombardo. Raffigurano anche qui due eventi drammatici ma riferiti alla vita dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Nella Conversione di Saulo (1600-01) il santo è rappresentato disteso a terra ai piedi del cavallo, colpito dalla luce fortissima dell’apparizione di Gesù. Nella Crocifissione di Pietro (1600-01) si ritrae con incredibile verismo il supplizio a testa in giù del “principe” degli apostoli.

Il Caravaggio alla Galleria Borghese

Attraversiamo Porta del Popolo e dirigiamoci a destra all’interno di Villa Borghese. Seguiamo le indicazioni sino alla Galleria Borghese (sempre che ci siamo muniti in precedenza del biglietto mediante prenotazione). Il museo raccoglie il maggiore numero delle opere del Caravaggio.

Fra le primissime opere “romane”del pittore, possiamo ammirare il Fanciullo con canestra di frutta (1593-1594). È incredibile già la cura del dettaglio delle frutta che il giovane tiene in mano. Si veda ad esempio la spaccatura sanguigna del fico maturo e la resa “verista” delle foglie ingiallite o butterate. Contemporaneo è il Bacchino Malato che potrebbe essere un autoritratto di Caravaggio da giovane. Più tarda è Madonna dei Palafrenieri, probabilmente sottratta in fieri al “pignoramento” di Vicolo del Divino Amore. Vi si riconosce ancora una volta Lena Antognetti nel volto della Madonna. Nel San Gerolamo scrivente (1605-06), il santo volge il capo reclinato verso un teschio poggiato sulla scrivania.

Le ultime due opere furono commissionate dal Cardinale Scipione Borghese all’artista, dopo la sua “fuga” da Roma. Sono state perciò dipinte con tutta probabilità a Napoli verso 1609-10. Il Davide con la Testa di Golia raffigura ancora una volta lo stesso artista nelle fattezze del Golia. Probabilmente il Caravaggio ha voluto immedesimarsi nel gigante “maledetto”, volutamente fatto fuori da qualcuno tanto più piccolo di lui. Infine, il San Giovanni Battista, secondo i critici, raffigurerebbe il Buon Pastore, da identificarsi con il Cardinale Borghese. Il pittore, rappresentatosi come pecorella smarrita, chiederebbe all’alto prelato di essere perdonato.

Foto di massimo sanna da Pixabay

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