Aza Lea: il brand di Marta Liberatori debutta a Roma Fashion Week

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Polsini alti ricoperti da bottoncini, collo lungo e design geometrico. “Tutto parte dalla camicia, perché io sono una donna camicia – attacca la designer -, la porto dodici mesi l’anno e per me il colore per eccellenza resta il bianco. Poi per realizzarla, abbiamo anche utilizzato una rete di seta che fa parte della famiglia delle organze, quindi ha questo sostegno che ha l’organza ma con una certa grinta”. 

Si chiama Grace la camicia che, non volendo, diventa il capo iconico della linea primavera/estate 23 di Aza Lea, progetto emergente, nato per gioco in piena pandemia. A raccontarlo e a raccontarsi dagli spazi di Showcase – progetto espositivo promosso da Altaroma all’interno del Guido Reni District -, è Marta Liberatori, designer autodidatta di origini laziali, con un passato che prima del lockdown non c’entrava nulla con la moda. “Io sono di Frosinone, non vengo da una scuola e non ho frequentato nessuna accademia specifica – chiosa -, mi sono laureata in tutt’altro e questa è una passione che ho sempre avuto; due anni fa con il covid mi sono fermata dal punto di vista lavorativo e ho avuto modo di approfondirla.” 

Aza Lea è un brand di pret à porter donna frutto di un passatempo che pian piano per Marta diventa lavoro a tempo pieno. Uno sguardo incisivo e un sorriso gentile accompagnano le idee molto chiare della designer, che non lascia spazio a dubbi su quello che il suo prodotto moda, oggi, deve raccontare. Il nome nasce dal ricordo del fiore per calcare sull’idea di una piacevole assonanza, ed è tatticamente separato dalla parola Italia, per dare forza al luogo di fabbricazione. 

Una storia che con il fiore però non finisce qui, poiché dopo una serie di analisi e sperimentazioni, in qualche modo il simpatico arbusto diventa tratto distintivo della collezione: “In particolare – spiega la Liberatori – abbiamo studiato la linea del petalo dell’azalea, scontornando e modellando il suo disegno che alla fine è diventato geometrico ed è stato subito riportato ovunque, nelle camicie, nei gilet, nelle giacche”. 

La linearità dei petali e le due anime di Aza Lea

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Da questa esperienza, grazie alla curiosità della designer frusinate, viene fuori un prodotto dal carattere forte e genuino, plasmato attraverso cuciture strategiche e asimmetrie dal gusto quasi nipponico; elementi sartoriali che richiamano i petali con una certa linearità, e mostrano quanto la natura possa essere complice nell’ispirare quei tratti ideali unici e riconoscibili. Basta solo avere la capacità di saperli cogliere. “Un occhio alla fantasia e l’altro pronto a guardare bene i passi che si fanno per terra”, osserva poi Marta. Per Aza Lea i capi devono essere pensati per il cliente finale. Pronto a rivestire diverse occasioni d’uso, ogni pezzo deve partire da un’idea semplice, concreta e vendibile. Solo dopo queste premesse può farsi largo una spiccata licenza artistica che, dal punto di vista dello stile, fa collimare nel cuore del marchio italiano due anime opposte: una più grintosa da giorno, l’altra più serale quasi romantica, da evento. A definirle, nella linea primavera/estate 23, spiccano i tessuti e i cromatismi. Due facce della stessa medaglia, visibili anche dal grazioso compendio dei capi posizionati sullo stand dedicato, all’interno di una delle sale dell’ex caserma, headquarter della kermesse. Da una parte, campeggiano gonne midi dall’aria militaresca, pantaloni dal taglio morbido e funzionali abiti chemisier con maniche a palloncino realizzati in popeline di cotone e gabardine, con colorazioni a blocchi e zero fantasie. Dall’altra, smoking strutturati in bianco e nero, abiti di seta con gonne vaporose e una certa fluidità che solo l’impiego di un’ottima viscosa – anche se non del tutto naturale -, può donare.

Tra grinta e romanticismo, il brand emergente Aza Lea segue dunque la via di un linguaggio conciso e sincero; senza ghirigori o troppi giri di valzer, durante l’ultima edizione di Roma Fashion Week, Marta Liberatori presenta una versione ricercata e contemporanea della quotidianità, non dimenticando il rispetto della tradizione artigianale, l’audacia e una giusta dose di pragmatismo.  

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