Accordi di Sharm el-Sheikh, come ha fatto Trump a ottenere il cessate il fuoco

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Accordi di Sharm el-Sheikh. Il 13 ottobre 2025 è stato firmato un piano di pace tra Israele ed Hamas relativamente al conflitto iniziato il 7 ottobre di 2 anni fa. Il piano, redatto in venti punti, ha prescritto il cessate il fuoco immediato e il rilascio di tutti gli ostaggi vivi o morti in mano ad Hamas. In cambio Israele ha rilasciato 1950 prigionieri palestinesi e si è ritirata al di là di una linea controllata. Contemporaneamente è stato data piena via libera al rifornimento di acqua, generi alimentari e medicinali alla striscia di Gaza.

Sta già iniziando la riabilitazione delle infrastrutture, ospedali e panifici, oltre alla rimozione delle macerie. È comunque un compito immane, ma questa è l’unica e – probabilmente l’ultima – occasione per rendere Gaza abitabile. A questo punto, il prossimo passaggio è il disarmo di Hamas. Ai miliziani che vorranno lasciare Gaza sarà garantito un espatrio sicuro: Quelli che rinunceranno alla lotta armata otterranno l’amnistia.

Chi sono i firmatari degli accordi di Sharm el-Sheikh

Prima di passare all’illustrazione del piano completo e alla citazione degli altri paesi firmatari dello stesso, il cronista ritiene opportuno fare ammenda con i lettori. Nell’articolo del 2 settembre scorso, infatti, il sottoscritto prevedeva che ci sarebbe voluto ancora almeno un anno o due di guerra. Con il raddoppio dei morti già passati a miglior vita. Unica chance: che la protesta dei parenti degli ostaggi (e le vicissitudini giudiziarie) travolgessero Netanyahu.  È passato solo un mese e mezzo e – nonostante i guaiti delle solite “Cassandre” – la guerra sembra veramente finita.

Il merito va, senza ombra di dubbio, al Presidente statunitense Donald Trump. E, insieme a lui, agli apparati del Segretariato di Stato USA e del Pentagono. Sicuramente di rilievo, il supporto dei “negoziatori” Steve Witkoff e Jarod Kushner. Decisivo, però, è stato il coinvolgimento dei paesi arabi: in primis l’Egitto e l’Arabia Saudita. Ma anche il Qatar che ha svolto il ruolo principale di convincere Hamas. E, per fare ciò, Trump ha dovuto imporre a Netanyahu di produrre le proprie scuse all’emirato. Oggetto: l’inopportuno bombardamento effettuato il 9 settembre scorso. Poi si è aggiunta la Giordania, la Turchia, l’Indonesia e, infine, l’Autorità Nazionale Palestinese.

Global Sumud Flotilla non ha avuto minimamente influenza sugli accordi di pace

Sicuramente, le trattative sono andate avanti per almeno due-tre settimane prima della firma di Sharm Sharm el-Sheikh. Proprio in concomitanza con la velleitaria iniziativa della Global Sumud Flotilla. Non sembra però che la “Flotilla” abbia minimamente avuto alcuna influenza sull’esito delle trattative. Il rischio, semmai, era che le facesse “naufragare”. La rumorosa reazione dei “Flottillers” al cessate il fuoco, infatti, è stata quella di sostenere che a rimetterci è stata solo “la Palestina”. Era, quindi, contraria agli accordi.

La coincidenza dei tempi spiegherebbe invece i motivi del contemporaneo riconoscimento dello “Stato di Palestina” da parte di Francia, Germania e Regno Unito. I loro leaders, probabilmente, sapevano delle trattative in corso e non volevano rimanerne fuori. Come, invece, è successo.

Il coinvolgimento degli Stati arabi o musulmani, invece, certifica una cosa sola. Non tanto il fatto che – come aveva sostenuto il cronista con una battuta – a nessuno di loro importi qualcosa del popolo palestinese. Ma che Hamas e i suoi alleati Fratelli Musulmani (Egitto e Africa settentrionale) sono visti come un elemento di destabilizzazione di tutto il Medio Oriente. E, per tale motivo, agli arabi fa estremamente comodo che vengano messi in condizione di non nuocere.

Cosa altro prevede il piano di pace

Veniamo ora ai punti dell’accordo successivi al disarmo di Hamas. Sul piano della sicurezza, sarà istituita una forza di stabilizzazione internazionale, con il coinvolgimento di USA, Paesi arabi e altri (Turchia). Saranno arruolate nuove forze di polizia palestinesi, per proteggere i confini e prevenire il contrabbando di armi. A tal fine dovranno coordinarsi con Israele, Egitto e Giordania.

Il piano prevede inoltre un programma economico di rilancio, con la creazione di una zona economica speciale. Grazie a ciò verranno attratti investimenti internazionali per favorire occupazione e crescita. Forse è proprio questo il motivo che, alla fine, ha convinto i ricchi paesi arabi a sostenere il “Piano Trump”. La governance della Striscia sarà quindi affidata a un comitato tecnocratico palestinese ma apolitico. Questo sarà supervisionato da un organismo transitorio presieduto da Trump e da altri leader.  

Chi sono i vincitori a seguito degli accordi di Sharm el-Sheikh

Di una Palestina veramente indipendente, secondo il principio “due popoli, due Stati”, non si fa cenno. La “resurrezione” dell’Autorità Palestinese”, infatti, è ancora tutta da definire. Ma se il destino dei palestinesi è ancora incerto, non per questo Netanyahu può essere considerato tra i vincitori. Il suo fine, infatti, era quello di realizzare una “Grande Israele” dal fiume al mare. Esattamente quello, ma in senso diametralmente opposto, dell’altro grande sconfitto: Hamas. Nessuna delle due eventualità si è verificata. Allora i vincitori chi sono?

La vittoria di Trump è nei fatti. Sicuramente lo Stato d’Israele, venendo meno il suo maggior nemico (Hamas) ha ottenuto un sostanzioso vantaggio dagli accordi. Un altro vincitore sembra essere l’Egitto, che rientra a Gaza con funzioni di coordinamento, dopo esserne stato scacciato nel lontano 1967. Tra le righe dell’accordo sembra che il futuro di Gaza possa assumere le vesti di una specie di “Stato associato” all’Egitto. Inoltre l’indebolimento dei “fratelli musulmani”, a seguito della sconfitta di Hamas, va tutto a suo favore.

Altri vincitori sono sicuramente l’Arabia Saudita e il Qatar, non solo per le prospettive di ricostruzione di Gaza.  Uno “stato associato” all’Arabia, infatti, sembra poter diventare la Cisgiordania. Non dimentichiamo che il re dell’Arabia è per l’Islam “custode dei luoghi sacri”, Gerusalemme compresa. Come al solito il lettore si chiederà: e l’Europa? Ebbene l’Europa, come si diceva una volta per la Germania, è semplicemente un “gigante economico e nano politico”. Quindi: non pervenuta.

Foto di hosny salah da Pixabay

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