Che festa il lockdown!

Lo avevano detto, lo avevano previsto, e, alla fine, lo hanno fatto: ci hanno richiusi dentro di nuovo. A Londra, intendo. 

I britannici, come tutti i popoli del mondo, hanno trascorso un’estate all’insegna del divertimento e qui il divertimento non può prescindere dall’alcol: birra, vino o superalcolici non mancano mai nei momenti di svago, sia esso un pranzo o una cena, una festa o un aperitivo. Anche in Italia, potreste dire, e sì, non siamo certo un popolo di astemi ma qui l’alcol è un imperativo. 

Il tipico britannico non mangia: il tipico britannico beve. 

I tanti ristoranti che, nei fine settimana, invogliavano la clientela proponendo menù a prezzo fisso, alcol incluso e senza limiti, hanno dovuto modificare la loro politica: la incredibile resistenza degli avventori indigeni a bere qualsiasi cosa contenga alcol rischiava di far fallire tutti.

La maggior parte delle restrizioni anti-covid, in UK, ha colpito proprio i “bevitori”. 

Boris Johnson aveva annunciato un lockdown più leggero rispetto a quello di marzo ed in effetti è stato così: l’elenco dei negozi considerati “essential” è stato ampliato e anche quelli che non sono essenziali possono tenere aperto per consegnare la merce ordinata online. 

Ristoranti e pub possono rimanere aperti per l’asporto e molti non possono vendere alcolici. 

Anche i bar sono aperti, senza possibilità di sedersi ai tavoli, solo per asporto; essendo qui sconosciuta l’abitudine del caffè al banco – i banconi non ci sono proprio – il massimo assembramento che possa crearsi è una fila, ordinata e distanziata, di cinque o sei persone.

Chiusi i musei; aperte le scuole.

I milioni di impiegati del mondo finanziario lavorano da casa sin da marzo e a casa continueranno a lavorare almeno fino alla prossima primavera, salvo una piccola parte del personale che è tornata a sedere alle scrivanie abbandonate.

Lo scopo dei provvedimenti assunti tende ad eliminare gli assembramenti, perché l’unione, in questo periodo, non fa la forza: fa il contagio. 

Per questo sono stati chiusi tutti i luoghi dove si creano assembramenti, a cominciare dai ristoranti.

Da uno studio pubblicato pochi giorni fa sulla prestigiosa rivista Nature, è emerso che la maggior parte della trasmissione del virus è avvenuta nei ristoranti pieni, nelle palestre e nei bar. Tutti luoghi chiusi dove si trascorre tanto tempo. I ricercatori di Stanford e della Northwestern University ne hanno consigliato la chiusura o, al limite, l’apertura con una capienza massima del 20% sui posti disponibili.

Una notizia ferale per i britannici, che al ristorante ci vanno a bere, ed anche per noi italiani, che al ristorante ci andiamo, come sarebbe d’uopo, per mangiare.

Una notizia ferale per tutti quanti, perché possiamo anche parlare lingue diverse ed abitare in paesi distanti ma, alla fine, quando c’è da aggregarsi, da bere o da mangiare, del covid ci scordiamo in un attimo. Tutti. 

Così Bojo, forse memore degli errori commessi in precedenza, ha messo in lockdown il paese. Lo ha annunciato con qualche giorno di anticipo, per dare alla popolazione il tempo di abituarsi di nuovo all’idea e di organizzarsi. E così abbiamo fatto.

Anzitutto è stata fatta razzia della carta igienica. 

Come sa chi mi legge, il lockdown ha uno strano effetto sui britannici e li spinge a fare scorte di carta igienica. Sono certa che lo scorso aprile i rotoli venissero venduti anche sfusi, al mercato nero: nessun rischio a commercializzarli e maggior guadagno rispetto alla droga. Io stessa ho pensato, seriamente, di cercare chi me ne spacciasse un paio.

E poi abbiamo organizzato una festa.

La sera del 4 novembre, l’ultima notte prima del nuovo lockdown, pub, ristoranti e bar hanno registrato il tutto esaurito. Eravamo tutti fuori, a bere e mangiare: complice il bel tempo ed il clima mite, le strade di Soho, come in altri quartieri di Londra, erano state trasformate in un immenso ristorante all’aperto. In giro c’era un sacco di gente: fiumi di persone a celebrare l’ultima notte di libertà. Sembrava Capodanno. Così abbiamo potuto gustare un’ultima pinta, un ultimo bicchiere di vino, l’ultimo cocktail all’aperto, al bar, nei pub, dentro e fuori dai ristoranti, ché poi, da domani, chissà quando ci capita più di bere una cosa insieme! 

Da domani sarà molto più facile incontrarsi in terapia intensiva ma lì, si sa, l’alcol è vietato.

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

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