Giustizia alla rovescia: Il Maresciallo Saverio Masi, icona dell’Antimafia, rischia la condanna

ma10ba4d1f1d1ba89527b58f17b50da869L’Italia è un paese dove sempre più spesso la giustizia sommaria prende il sopravvento sulla giustizia vera, quella che non sempre corrisponde ai verdetti dei vari tribunali.

Su tutte le vicende, una merita particolare attenzione. Essa riguarda uno dei più valorosi uomini del mondo dell’antimafia, il Maresciallo Saverio Masi (foto), per anni impegnato nella cattura dei latitanti più pericolosi, che il 30 ottobre potrebbe essere condannato dalla Corte di Cassazione di Roma.

Saverio Masi, uomo praticamente sconosciuto ai media, è il maresciallo capo dell’Arma dei carabinieri rimosso dal nucleo operativo di Palermo, cui è stato per l’appunto tolto il compito di dare la caccia ai boss di Cosa Nostra.

Attualmente è il capo scorta del magistrato Nino Di Matteo, oggetto delle “attenzioni” di Riina ed è uno dei testimoni chiave nel processo sulla Trattativa.

Il capo d’imputazione è una multa di 106 euro (di cui ha chiesto annullamento) per eccesso di velocità, mentre dava la caccia a Matteo Messina Denaro, ma in realtà il le ragioni dietro la condanna sono molto più sconcertanti e riguardano la famigerata Trattativa Stato/Mafia.

Masi ha infatti preso la multa con la sua auto privata usata durante l’indagine.

Saverio Masi ha affermato “i capi sapevano che i mafiosi conoscevano le nostre macchine civetta”.

Ebbene, il superiore che l’ha denunciato ha dichiarato che quel giorno Masi non era in servizio.

In appello Masi è stato nuovamente condannato ma è caduta l’accusa di “falso ideologico” ed i giudici hanno confermato che lui era in servizio.

Ma ecco qualche notizia saliente sull’eroico servitore dello Stato.Nel 2001, dopo l’arresti di Benedetto Spera, uno degli uomini di fiducia di Provenzano, il maresciallo riuscì ad individuare un contatore Enel riconducibile a chi gestiva la latitanza del Boss. Il suo rapporto fu totalmente ignorato.

Nel 2010 Masi presenziò al processo Mori e nell’occasione riferì che durante una perquisizione nella casa di Vito Ciancimino (2005), un capitano dei carabinieri trovò il papello di Totò Riina con le 12 richieste della mafia allo Stato.

Il papello fu totalmente ignorato e non fu inserito nel rapporto in quanto i superiori di Masi affermarono di possederlo già (non era vero).

Massimo Ciancimino, figlio del Sindaco colluso, avrebbe consegnato il papello di Riina alla magistratura, questo è ciò che risulta oggi agli atti.

Masi invece fu invitato da un superiore, ovviamente denunciato dal maresciallo, a non proseguire con le indagini su Provenzano, in cambio della promessa di un posto di lavoro per la sorella.

Come non bastasse, Saverio Masi per ben due volte fu vicino alla cattura del boss dei boss, Matteo Messina Denaro, latitante da 1993.

Anche in questo caso, fu invitato a fermare le ricerche.

Il 30 ottobre vi sarà la sentenza di Cassazione ed un’eventuale condanna non farebbe altro che confermare i piani oscuri delle Entità di cui ha parlato il pentito Vincenzo Calcara (mafia, n’drangheta, massoneria deviata, Vaticano e servizi segreti deviati), che tutte quante insieme deciderebbero ogni assetto della vita del nostro paese.
Oggi il maresciallo rischia la radiazione dall’Arma e questo basta a farci riflettere.

di Simona Mazza 

1 risposta

  1. laura caputo

    Il tuo scritto conferma dell’ansia che ci anima tutti. Non solo e non esclusivamente per la sorte di Saverio Masi, sulla cui vita la Cassazione è chiamata a pronunciarsi, ma sull’attendibilità e l’equità, l’indipendenza e l’integrità del sistema giudiziario Italia. A chi ha un’età avanzata e una memoria lunga, rammento i primi anni dell’ottanta, quando spuntavano piduisti in ogni dove, specialmente nei gangli essenziali di questo Stato. La Cassazione è chiamata a dirci se ci sono ancora.

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